Creato da socialismoesinistra il 28/06/2008
Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
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LA RIVISTA TELEMATICA
Siamo Socialisti convinti che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia ormai assunto i caratteri di una vera e propria crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzie sociali finora conosciuti, e cancellare l’egemonia delle idee-forza attorno a cui l’occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi.
Riteniamo quindi che la Sinistra democratica debba necessariamente rivedere la propria impostazione culturale e programmatica, non più adeguata alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo finanziario a livello globale,recuperando una concezione del riformismo socialista nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali, in grado di individuare un diverso modello di sviluppo,diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
Questo percorso deve essere perseguito attraverso una ristrutturazione di tutta la Sinistra, essendo evidente che la straordinarietà della crisi implica il superamento della distinzione inevitabile tra chi proviene dal socialismo europeo e chi si è finora riconosciuto in esperienze politiche nominalmente più radicali.
La nostra rivista telematica di discussione e di approfondimento vuole essere uno strumento utile a questo progetto di ricostruzione della Sinistra.
Associazione SocialismoeSinistra per contatti: socialismoesinistra@libero.it
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1.1 Quando dico in termini nuovi intendo superare il punto di vista capitalistico anche nella fase programmatoria. Seguendo la rivendicazione di Franco Bartolomei, si tratta di porre come funzione obiettivo non più il reddito, bensì la piena occupazione. E’ un approccio di classe ma è solubile con le tecniche programmatorie, che alla fine si pongono come una serie di equazioni che identificano le relazioni tra le varie variabili e dove viene fissato un risultato da perseguire (la variabile o funzione obiettivo) e compatibilmente le altre variabili vengono determinate tenendo conto dei vincoli e delle coerenze.
1.2 Ma subito ci trattiene una domanda pregiudiziale. E’ possibile una programmazione nazionale per un membro della comunità europea? E’ possibile una programmazione europea con l’impostazione liberista dell’Europa odierna? La delusione per il comportamento dell’Europa nell’affrontare la crisi, così come la maggioranza di destra uscita dalle recenti elezioni europee, così come l’orientamento della maggioranza dei governi europei, ci rende molto scettici nel dare una risposta alle domande che ci siamo poste, ma tant’è, se mai si comincia con il tarlo che vada a corrodere il senso comune mai giungeremo a vedere il sole dell’avvenire.
1.3 Ora quando dicevo che occorre superare il punto di vista capitalistico anche nella fase programmatoria mi riferivo al fatto che nella prassi e nella dottrina l’equazione base di partenza per la programmazione economica è la formula di Harrod e Domar (R.F.Harrod “Towards a Dynamic Economics” Londra 1948; Evsey D.Domar “Essays in the theory of Economic Growth” New York 1957) ovvero
y = s/k
dove y è il saggio di aumento annuale del reddito; s è il saggio di risparmio sul reddito (propensione media al risparmio) e k è il rapporto marginale capitale-reddito ovvero quante unità addizionali di investimento sono necessarie per ottenere un incremento di una unità di reddito. Come evidente questo modello sopravvaluta l’importanza dell’accumulazione capitalistica nel processo di sviluppo economico. Tale formula se considerata analiticamente ci quantifica la relazione storica del processo di accumulazione di un paese e i conseguenti riflessi sul reddito. Considerata invece come strumento di programmazione il reddito y diventa la funzione obiettivo che si vuole raggiungere e di conseguenza si calcola quanta propensione al risparmio necessita per raggiungere l’auspicato obiettivo. Occorre anche dire che si può agire su k, cioè sul rapporto marginale capitale-reddito o operando sul mix dei vari settori ovvero promuovendo innovazioni tecnologiche che abbassino questo ratio.
1.4 Abbiamo già notato che la formula Harrod-Domar sopravvaluta l’importanza dell’accumulazione capitalistica, diciamo meglio che essa ignora la componente lavoro; l’occupazione sarà quella necessaria e sufficiente determinata dai livelli produttivi calcolati nell’elaborazione delle equazioni tese a massimizzare il reddito. Sicuramente la crescita del reddito comporta la crescita dell’occupazione ma essa occupazione è sempre una variabile “dipendente”, essa arriva come conseguenza da obiettivi altri da sé, essa cioè è subordinata ad una logica che le è estranea, quella del profitto.
1.5 Porre la piena occupazione come funzione obiettivo cui subordinare le altre variabili è invece l’approccio provocatoriamente indicato da Riccardo Lombardi. La formula Harrod-Domar, che ignora la componente occupazione, non è quindi adeguata al nostro scopo, anche se l’equazione rimane logicamente valida, soprattutto nel senso che il rapporto tra s e k è sicuramente vero e da includere tra le equazioni del nostro modello programmatorio. Sarà quindi necessario elaborare altre equazioni che permettano di porre l’occupazione come funzione obiettivo.
1.5.1 Un primo modello è fondato sul lavoro come elemento base di progresso economico (Problemi e tecniche di programmazione economica V.Marrana 1962). L’equazione individua la seguente funzione del reddito:
y = f + p
dove y è il saggio di aumento annuale del reddito, f il saggio di aumento della mano d’opera e p è il tasso di incremento della produttività per uomo/ora.
1.5.2 Un secondo modello è quello elaborato da Cobb-Douglas:
y = af + bg + c
dove y a e b sono i saggi di aumento annuale del reddito, del lavoro e del capitale mentre c è un trend temporale corrispondente ai miglioramenti tecnologici istituzionali.
1.6 Ma non nei nostri scopi entrare in dettagli economico matematici; ci urge tuttavia sottolineare due elementi:
1.6.1 la propensione al risparmio s nella formula Harrod-Domar indica quanta parte del reddito nazionale viene sottratto ai consumi per essere dirottato agli investimenti. Generalmente gli investimenti lordi sono indicati come uguale al risparmio interno più il risparmio proveniente dall’esterno. Se poniamo come obiettivo la piena occupazione la propensione al risparmio diventa una variabile dipendente, il suo complemento al reddito, cioè i consumi, diventano pure essi una variabile dipendente. E se i consumi sono una variabile dipendente lo saranno pure i salari che non sono altro che il corrispondente dei consumi ammessi dalla nostra equazione. Pretendere che i salari siano una variabile indipendente è quindi un errore economico-matematico.
1.6.2 Ma anche l’assunzione che tutti i risparmi diventino investimenti è una approssimazione che va analizzata. Sicuramente i profitti non consumati e reinvestiti realizzano l’eguaglianza risparmi = investimenti da cui la mia insistenza sulla riedizione della Dual Income Tax di Visco che premia sistematicamente gli utili reinvestiti (norma quella di Visco di un’efficacia incomparabile con la Tremonti ter che tra l’altro è limitata nel tempo). Ma attenzione i profitti generati che non sono reinvestiti, che escono cioè dalla circolazione D-M-D’ non si convertono in investimenti. L’eguaglianza necessita di una correzione e di politiche tese a rendere effettiva l’eguaglianza. Direi allora che al posto di
I = s ovvero investimenti uguale a risparmi dovremo scrivere
I = s – t dove t sta per tesaurizzazione.
Con tesaurizzazione intendo l’uscita dalla circolazione D-M-D’ di parte del risparmio. Alcuni esempi? Nel protocollo del 1993 si giunse ad un compromesso tra produttori dove da una parte i sindacati si impegnavano per una moderazione salariale, gli imprenditori si impegnavano a convertire i profitti in investimenti tecnologici finalizzati all’aumento della produttività. Il tradimento degli imprenditori causò il fallimento di quel compromesso. I profitti presero la strada degli investimenti finanziari che come noto spostano la ricchezza da un soggetto all’altro ma non ne creano “income by appropriation”. Un altro esempio è nell’azione che l’Agenzia delle Entrate sta svolgendo in questi giorni per accertare la regolarità di 170.000 cittadini che potrebbero aver esportato illegalmente ricchezze all’estero.
- Concludendo vorrei sottolineare il concetto che la consapevolezza della gravità della crisi che stiamo attraversando deve stimolarci a rivedere la politica economica europea e italiana. In questa revisione un ruolo importante è della sinistra riformatrice che deve portare avanti la bandiera della produttività e della programmazione, ribadendo la centralità costituzionale del lavoro scritto a caratteri cubitali nell’art. 1 della nostra Costituzione.
Renato Gatti
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