Creato da veuve_cliquot il 10/01/2011

La Specola

"Non mi piace la via che conduce qui e là. Non bevo alla fonte verso cui tutti s'intruppano. Detesto ciò che é comune, popolare e senza regole" Callimaco

 

DEGRADO

Post n°82 pubblicato il 26 Luglio 2011 da veuve_cliquot

 

 

ma gia " Roma" *

 

Qualche tempo fa ho letto un bell’articolo di Ritanna Armeni sul degrado che mi ha dato l’idea di scrivere questo post.

Quando si parla di degrado si pensa ad abitazioni abbandonate, ai rifiuti, alla mancanza di cura per quel che ci circonda. Ma siamo sicuri che il degrado riguardi solo qualche cosa che sta fuori di noi, qualche cosa che ci resta estraneo, da cui possiamo rimanere indenni? Oppure è qualche cosa che ci tocca e ci trasforma? Alcuni psicologi hanno fatto un esperimento: hanno lasciato un’automobile nuova fiammante in un quartiere bene di una città. L’auto è rimasta parcheggiata diversi giorni senza che nessuno ci facesse un graffio. Dopo qualche giorno, gli sperimentatori hanno rotto un vetro, danneggiato uno sportello, ammaccato un parafango.  Da quel momento la macchina ha continuato a essere danneggiata da sconosciuti e intorno a essa sono stati lasciati rifiuti di ogni genere, la macchina danneggiata era diventata un contagioso centro di degrado: il degrado alla fine contagia e ad esso bisogna resistere in modo attivo e consapevole.

Le testimonianze di Primo Levi e di Bruno Bettelheim (riportate rispettivamente in “Se questo è un uomo” e in “Il cuore vigile”, splendidi libri che consiglierei entrambi di leggere), ci mostrano come nei campi di concentramento sopravvivevano coloro che non si lasciavano andare, coloro che non cessavano di avere cura di sé, del proprio corpo e della propria mente e anima: Levi cercando di insegnare l’italiano a un piccolo deportato francese attraverso le terzine della Divina Commedia, il cui ricordo e la cui recitazione restituivano alla sua mente la capacità di elevarsi; Bettheleim, psichiatra, studiando il comportamento suo e dei suoi compagni per (come dice lui stesso):  trovare un senso in quello che vedevo… per convincermi che la mia vita aveva ancora un certo valore, che io non avevo perduto tutti quegli interessi che in passato mi avevano permesso di rispettarmi. E ciò mi aiutò a sopportare la vita nel campo”.

Il degrado peggiore è quello che dall’esterno ci arriva dentro e ci abbrutisce. Adattarsi alle regole del sopruso e della violenza, adagiarsi nell’indifferenza, chiudere gli occhi davanti a gesti negativi, mettere da parte la bellezza e la poesia, sono le peggiori forme di degrado che l’essere umano possa subire. A volte piccoli gesti che non ci costano nulla come ringraziare, sorridere, fare un gesto di cortesia, regalare una parola cordiale, rispettare gli altri, non fare delle tragedie davanti alle minime avversità, può contrastare quel piccolo degrado che ormai sembra diventato luogo comune nella nostra società. Perché semplici gesti, anche se piccoli e di poco conto, possono aiutare a combattere il degrado interiore.

* Foto gentilmente concessa da Arvalius, tratta dal blog "Le cose nascoste"

 
 
 

I MISERABILI

Post n°81 pubblicato il 21 Luglio 2011 da veuve_cliquot

 

 

 

 

 

Alphonse de Lamartine, commentando “I Miserabili” di Victor Hugo, fece una critica molto feroce di questo romanzo. Partendo da questa “stroncatura”, Mario Vargas Llosa, ha scritto un saggio (La tentazione dell’impossibile. Victor Hugo e i Miserabili) in cui riflette su come la letteratura possa incidere sulla realtà.

Lamartine criticava il romanzo in quanto temeva che esso potesse incoraggiare disordini e rivolte sociali e che criticando la società del tempo potesse stimolare l’odio verso l’ordine sociale, un romanzo perciò pericoloso per il popolo per il suo “eccesso di ideale”, che avrebbe potuto portarlo al “disgusto di essere popolo, cioè uomo e non Dio”. Il romanzo veniva accusato di istigare i lettori a credere che un essere umano possa raggiungere altezze morali e capacità di sacrificio o bontà santificanti.

E Vargas Llosa parte proprio da queste idee: Lamartine, criticando Hugo, alla fine lo elogia in quanto il fine di un libro, di un romanzo dovrebbe essere proprio trasportare il lettore in un mondo più coerente, più bello, più perfetto, o anche solo meno noioso o penoso di quello in cui vive. Lo scopo di un romanzo non dovrebbe proprio essere questo, cioè permettere di uscire dai confini della propria condizione, e. immedesimandosi. nei personaggi, avere una vita più ricca, più intensa o anche solo differente da quella in cui normalmente la vita ci confina, “in questo carcere di massima sicurezza che è la vita reale” (come dice Vargas Llosa) ?

 

Personalmente concordo con Vargas Llosa: le finzioni dei romanzi esistono proprio per questo, perché abbiamo una sola vita e i nostri desideri e fantasie vorrebbero averne invece mille: allora è proprio la finzione romanzesca che riempie questo divario immergendo il lettore nell’illusione. Il libro ci strappa dalla nostra realtà, bella o brutta che sia, e ci immerge in altre realtà che viviamo nella nostra mente, pur non vivendole fisicamente. Tutte le finzioni romanzesche fanno vivere ai lettori l’impossibile facendoli uscire dai confini imposti dalla loro condizione, facendoli diventare, almeno per il tempo della lettura,  altri da sé. Personalmente è quello che chiedo al romanzo e tanto più esso riesce a farlo su di me, tanto maggiore è il piacere che mi dà un libro.

 
 
 

PUBBLICITA'

Post n°80 pubblicato il 13 Luglio 2011 da veuve_cliquot

 

 Marcello Dudovich: Manifesto pubblicitario

Vi siete mai resi conto che quando si pubblicizza qualche cosa che riguarda una disfunzione fisica, sono sempre le figure femminili a pubblicizzarla? Dai pannolini per l'incontinenza urinaria, al gonfiore di stomaco, alla dentiera che si stacca, al prurito nelle "parti intime" o alla carenza di calcio a livello osseo. E' come se nessun uomo soffrisse di incontinenza urinaria, gonfiore di stomaco, avesse la dentiera o prurito "in basso" o decalcificazione ossea. Quali possono essere le ragioni di questa scelta "femminile" posso solo immaginarle.

Un'ipotesi potrebbe essere che le donne sono più sensibili a certi problemi e quindi più interessate a queste pubblicità. Oppure, tenendo la maggior parte di esse i cordoni della borsa, sono disposte a comprare i prodotti  pubblicizzati non solo per se stesse ma anche per mariti e figli. Ma in questo caso, se i prodotti fossero pubblicizzati da uomini invece che da donne, non si otterrrebbe lo stesso risultato?

Avete mai notato che gli uomini che pubblicizzano o sono dei veri machi o sono dei "nonni" simpatici e accattivanti, circondati da un'aura di saggezza e di autorevolezza? Invece la donna o è una "strabonazza" o è una signora con i suddetti disturbi o una mamma che controlla che tutto proceda per il meglio in casa di figli o nuore. Non c'è un corrispettivo femminile all'uomo che passa dalla seduzione sessuale alla vecchiaia serena e saggia. Le donne anziane al massimo stanno sdraiate su poltrone autoreclinanti o entrano in vasche da bagno con porte laterali e piccole gru per immergerle nell'acqua. Al massimo la vecchiaia femminile viene vista come traguardo da non raggiungere attraverso creme e tinture per capelli pubblicizzate da attrici a cui chirurghi pastlici strapagati hanno regalato venti anni di meno. Le donne che in pubblicità non hanno problemi fisici devono essere solo belle e seduttive immettendo il messaggio che l'unica strada per farsi accettare socialmente sia quella della seduzione a dispetto del tempo.

L'età che avanza non fa entrare le donne nella sfera della saggezza e della serenità, ma in quella zona d'ombra in cui si deve cercare di fermare il tempo anche a costo di "ritocchi su ritocchi" o di creme che dovrebbero regalare miracoli. Nell'immaginario collettivo la donna o è seducente o viene emarginata. E' questo il messaggio che secondo me ci propongono le pubblicità agendo su di noi in modo molto subliminale ma che riflettono spesso l'immaginario collettivo.

 
 
 

POLITICAMENTE POCO CORRETTO 11

Post n°79 pubblicato il 10 Luglio 2011 da veuve_cliquot

 

I giornali continuano a riportare la frase: "Il popolo della Val Susa non vuole la TAV". Mi sono allora divertita ad andare a vedere, paese per paese della Val Susa, i voti riportati alle elezioni regionali dell'anno scorso, voto che per quella zona significava la protesta verso quei partiti che avevano appoggiato la costruzione della linea ferroviaria (si disse che la Bresso aveva perso le elezioni proprio per quel voto di protesta). E mi sono veramente stupita: mi aspettavo almeno un 70-80% di voti verso il movimento cinque stelle e un'altra lista contraria alla TAV, invece ho ritrovato voti che vanno da un 30% a un 10% con un media del 23%. Quindi la popolazione della Val Susa che non vuole la TAV si aggira su un 25% per essere abbondanti, un abitante su quattro. Si può allora parlare veramente di "popolo della Val Susa che non vuole la TAV"? Oppure è solo una minoranza che siccome fa caciara dà l'idea di tutta una popolazione?

Mi è capitato alcune volte di attraversare la Val Susa per andare ai valichi alpini che portano in Francia: finire dietro ai camion stracolmi che a bassissima velocità la attraversano è un'esperienza veramente desolante. Ma nessuno pensa ai gas di scarico che impestano questi posti bellissimi, ai paesi che questi camion attraversano percorrendo l'unica strada disponibile e che ammorbano l'aria? Evidendemente i noTAV non hanno di questi problemi, abitando spesso fuori della Val Susa come si è visto la scorsa settimana durante gli scontri con la polizia.

Che poi in Italia nessuno vuole che si tocchi il proprio giardinetto, è ormai diventato un fattore comune (credo che tutti ricordiamo gli scontri nei paesi del napoletano quando si impediva di arrivare alle discariche di quei paesi): il senso civico finisce sulla soglia della propria casa, cosa succede intorno non è affar mio, l'interesse comune, la solidarietà sono concetti tanto belli ma solo se si mantengono su un livello di astrazione. Se questi due concetti implicano un sacrificio pur minimo da parte mia, allora "non ci sto".

La TAV è un progetto che aumenterebbe di 1.5 punti il PIL della regione, darebbe lavoro per molti anni alle maestranza locali, avrebbe dei benefici nel futuro e soprattutto ridurrebbe il traffico su gomma con notevoli benefici sia per il consumo di energia che per la salute pubblica. Ma il concetto preistorico di "villaggio" è ancora ben impresso nella mente di molti italiani e quello che può implicare sacrifici per il mio villaggio deve essere bloccato. Il concetto di democrazia per molte persone vuol solo dire "interesse personale" e non "interesse della maggioranza": anche se la maggioranza ha votato a favore, io mi ribello lo stesso.

Forse quello che bisognerebbe insegnare nelle scuole è proprio cosa vuol dire "democrazia".

 
 
 

SAGGEZZA DELLA FOLLA

Post n°78 pubblicato il 29 Giugno 2011 da veuve_cliquot

Pelizza da Volpedo: Lo specchio della vita

Il naturalista inglese Francis Galton, all'inizio del secolo scorso, fece un "esperimento": prendendo spunto da un concorso che consisteva nell'indovinare il peso di un bue alla fiera di Plymouth: raccogliendo tutti i fogli su cui erano stati scritti i pesi immaginati dai partecipanti, fece la media dei valori e scoprì che questa media si discostava pochissimo dal peso reale, molto meno del peso indicato dal vincitore. Coniò così l'espressione "saggezza della folla" per cui errori e pregiudizi tendono a neutralizzarsi e a dare una stima accurata del fenomeno da prevedere quando si valuta un giudizio collettivo medio.

Recentemente una variante di questo esperimento è stata effettuata al politecnico di Zurigo; i soggetti dovevano risolvere problemi simili a quello illustrato da Galton, ma secondo due modalità: nella prima lo facevano in totale isolamento, nella seconda conoscendo le risposte degli altri. Nel primo caso si ebbe una risposta media molto vicina al valore da indovinare , nella seconda invece il valore peggiorava notevolmente. Si passava della "saggezza della folla" alla "stupidità del gregge".

Gli sperimentatori concludono dicendo che affinché la folla sia saggia, occorre che il singolo non sia influenzato socialmente, cioé non conosca le opinioni altrui e cosa gli altri gli dicono di fare. In questo caso, la saggezza della folla viene sostituita dall'imitazione e dal comportamento gregario: affinché il giudizio sia democratico è necessario che sia indipendente.

Ho trovato molto interessante questo articolo pubblicato nel domenicale del sole24ore: in pratica questi esperimenti dimostrano che possiamo essere mediamente saggi (magari le scienze cognitive ci spiegheranno il perché), ma nel momento che sappiamo come gli altri la pensano, diventiamo conformisti e i nostri giudizi sono influenzati dal pensiero maggioritario.

L'uomo è pur sempre un animale sociale e appartenere al gruppo, che ai tempi dei nostri progenitori rappresentava la differenza tra vivere e morire,  é una necessità, che ci portiamo dietro dalla preistoria. Ma appartenere al gruppo vuol dire anche pensare, ragionare, decidere come il gruppo quindi le nostre opinioni personali si lasciano facilmente influenzare da ciò che viene detto dagli altri. Spesso questi atteggiamenti sono del tutto inconsci, ma credo che solo le persone che riescono a sviluppare senso critico attraverso la formazione culturale possono permettersi di avere idee diverse da quelle che vengono ritenute "accettabili" dalla maggioranza. Ed ecco quindi come notizie, gruppi di appartenenza, mass media, possono influenzare il nostro pensiero. Forse siamo liberi di decidere con quale gruppo stare, ma dopo aver deciso, difficilmente si riuscirà a pensare liberamente, sia che si faccia parte di una squadra di calcio, sia che si appartenga a un gruppo politico. 

 
 
 

POLITICAMENTE POCO CORRETTO 10

Post n°77 pubblicato il 25 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

"Non mi sembra corretto entrare in una conversazione privata che non ha rilievo penale. E' più che legittimo che due persone parlando fra di loro esprimano i loro giudizi". Questa frase non è stata detta da Berlusconi o da qualcuno dei suoi accoliti, ma dal procuratore aggiunto di Torino Guariniello in riferimento a una conversazione telefonica tra Bisignani e Briatore sul caso Thyssen. La persona che l'ha detta è una di quelle che sicuramente non ha mai dimostrato molta simpatia per coloro che vogliono bloccare le intercettazioni telefoniche, ma anche lui si sta forse accorgendo che in Italia si sta esagerando. E spesso le esagerazioni possono portare a un riflusso e quindi a una minore libertà.

In un paese che considera la privacy un diritto inviolabile (almeno sulla carta), i giornali sono pieni di conversazioni private che nulla hanno a che vedere con l'indagine che si sta svolgendo, se non "sputtanare" (scusate il vocabolo, ma è quello che rende meglio l'idea) e probabilmente creare conflitti tra le persone interessate. Sapere cosa pensa Bisignani e figlio sulla nostra ministra del turismo, mi è sembrato semplicemente vergognoso.

Mi viene quasi il dubbio che il casus belli sia stato creato apposta, non credo che i giornalisti siano così ingenui da non rendersene conto, e neppure chi passa loro notizie che in teoria dovrebbero essere riservate. E se tutta questa campagna di stampa in nome di un presunto diritto a dire tutto a tutti poi si ritorce proprio contro la libertà di stampa e la possibilità di eseguire indagini? Le intercettazioni telefoniche sono uno strumento assolutamente indispensabile alle indagini, hanno permesso fino ad ora di colpire mafiosi, assassini, truffatori, ma pubblicare intercettazioni telefoniche di persone e di fatti che hanno nulla di pertinente con un reato, mi sembra solo un gioco al massacro, un gossip buono solo per gente che adora origliare dal buco della serratura. Sembra veramente che il "grande fratello" (non quello televisivo ma quello di Orwell) sia ormai tra di noi. E il rischio è proprio quello che venga emanata una legge che impedisce non solo la pubblicazione delle intercettazioni, ma le intercettazioni stesse e questo sarebbe veramente gravissimo.

Ma vi sembra un prezzo che dobbiamo pagare perché i giornalisti non si rendono conto che questa campagna stampa rischia alla fine di ritorcersi contro di noi?

 
 
 

GAMBE

Post n°76 pubblicato il 24 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

Trovo assolutamente divertente la polemica sorta tra il comitato organizzatore della festa dell'Unità 2011 a Roma e il comitato "Se non ora, quando?". Credo che tutti abbiamo letto sui giornali di questo "scontro" su un manifesto che mostra una "donna con gonna" che cerca di non farsela sollevare da una folata di vento e la scritta "cambia il vento". Come remake dell'immagine di Marilyn Monroe nel film "Quando la moglie è in vacanza", mi sembra piuttosto bruttino. Scusate se lo dico, ma potevano scegliere delle gambe un po' più carine: quelle del manifesto non mi sembrano particolarmente attraenti o forse riuscire a rendere l'immagine del film, così bella da essere diventata un'icona che ancora viene ricordata a distanza di mezzo secolo, non era una cosa facile.

Quello che invece trovo divertente, al limite del ridicolo, è questa levata di scudi contro questa presupposta mercificazione del corpo della donna. Sinceramente, da donna, non ci trovo nulla di mercificante in quel manifesto che, se non avesse sollevato queste polemiche, sarebbe passato del tutto inosservato. Trovo l'idea pubblicitaria invece molto originale (esiste anche un manifesto "al maschile" in cui il vento fa svolazzare una cravatta) e le due gambe che si vedono credo sollevino molto meno scandalo o idee pruriginose di quello che magari vediamo tutti i giorni per strada. Ma se queste donne contrarie al manifesto si battono proprio per la libertà delle donne, anche di quella di poter andar vestite come preferiscono senza incorrere in stupri, perché se la prendono tanto contro un manifesto che al massimo scopre mezza coscia? (Immagino che se un commento del genere l'avesse fatto qualche rappresentante della Chiesa, sarebbero invece insorte contro l'ingerenza della Chiesa nella vita sociale e sulla libertà delle donne). Personalmente mi sembrano pregiudizi alquanto bacchettoni: da un lato si inneggia alla libertà della donna di poter fare quello che vuole, dall'altro si ritiene che un manifesto (bruttino) la mercifichi. Forse queste parole me le sarei aspettate piuttosto da un integralista musulmano: non sono proprio loro che vogliono le donne coperte per non "mercificarle"?

Ritengo che quello che mercifichi le donne sia ben altro, che rientri nella sfera dei diritti calpestati o ignorati, non nella leggerezza di un colpo di vento che solleva una gonna!

 
 
 

GUIDARE

Post n°75 pubblicato il 17 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

Oggi alcune donne dell'Arabia Saudita hanno deciso di guidare l'auto, trasgredendo il divieto che vieta in quel paese la guida alle donne. Avevo già sentito di questo divieto da una signora che era stata in Arabia con il marito che lavorava per una ditta italiana, così come mi era capitato di vedere sugli aerei provenienti dall'Europa e che facevano scalo in uno dei paesi del golfo, delle signore che, vestite all'occidentale, prima di atterrare si recavano alla toilette per ritornare poi in cabina, con vestiti lunghi e veli.

Nel corso della mia vita ho pensato spesso di essere stata fortunata a nascere donna in Italia: ho potuto studiare, lavorare e nessuno mi ha mai detto "questo non puoi farlo perché sei una donna". Certe limitazioni me le sono piuttosto imposta da sola (non andrei certo a passeggiare di notte da sola al Valentino, ma penso che non sarebbe prudente nemmeno per un uomo). Appartengo alla generazione "di mezzo" che ha avuto genitori che negavano alle figlie femmine di uscire la sera e che ora ha figlie che non si sa a che ora rientrano. Credo che tante donne della mia generazione ricordano il rossetto messo in ascensore o la gonna tirata su dalla cintura dopo che si era chiusa la porta di casa. Ma questo apparteneva al costume sociale, non alle leggi: il costume sociale è stato lentamente smantellato soprattutto attraverso le leggi che non permettendo discriminazioni hanno permesso alle donne di dimostrare quanto possono valere.

Ma nel mondo non è così: anche se ormai la legge non lo impone più, in Cina e India si continua a uccidere i feti femmine, in Pakistan ogni anno ci sono mille "delitti d'onore" e in Somalia il 95% delle ragazze ha subito mutilazioni genitali. In questi paesi si crede ancora che la donna sia un investimento inutile per la famiglia o che sia proprietà privata dell'uomo che può disporre di lei liberamente, anche uccidendola.

Forse la protesta odierna delle donne arabe può sembrare banale ma non lo è, diventa simbolo di indipendenza, di non dover sempre dipendere da qualche altro, di poter dire: vado dove e come voglio. I costumi sociali hanno bisogno di piccoli passi alla volta per poter cambiare, non sarà poter guidare che libererà le donne arabe dalla tutela maschile, ma credo che ogni passo, anche se piccolo, può portare all'emancipazione femminile e soprattutto al superamento di un certo modo di pensare la donna. Ma sono soprattutto le leggi, che permettendo l'uguaglianza fra uomo e donna, permettono di far cambiare il modo di pensare e i costumi sociali.

 
 
 

ALLEVAMENTI

Post n°74 pubblicato il 11 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

 

 

 

Domani si andrà (si dovrebbe andare) a votare per/contro il nucleare. L'avevamo già fatto qualche anno fa, domani lo rifaremo. Il nucleare fa paura, Chernobyl e Fukushima hanno lasciato il segno nel lato emotivo del nostro cervello, meno in quello razionale. E forse se vinceranno i sì, molti di quei ragazzi che si sono mobilitati per questo referendum, festeggeranno andando a mangiare un bell'hamburger da Mc Donald's. Cosa c'entra il pericolo nucleare con un hamburger?. C'entra perché quello che ci fa votare contro il nucleare è la paura della distruzione della terra, mentre invece non ci rendiamo conto di quanto questi hamburger e tutta la carne che normalmente mangiamo ogni giorno, stia distruggendo il mondo ma in maniera più subdola, meno eclatante. Gli esseri umani ragionano solo per  grandi eventi, non per i piccoli diluiti nel tempo (basta vedere l'emozione suscitata dai sette morti contemporaneamente alla Thyssen e solo pochi giorni fa ci sono state cinque morti sul lavoro nello stesso giorno, ma essendo suddivisi in luoghi diversi, hanno solo meritato una notizia).

I dati che riporto sono della FAO che nel 2006 ha pubblicato un'inchiesta sull'impatto ambientale degli allevamenti a livello mondiale.

L’allevamento determina oltre alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che potrebbero essere usati per coltivare vegetali per il consumo diretto degli umani), e oltre all'uso indiscriminato della chimica, un enorme consumo di acqua in un mondo irrimediabilmente assetato, il consumo di energia, il problema dello smaltimento delle deiezioni animali e dei prodotti di scarto, le ripercussioni sul clima, l'erosione del suolo, e la desertificazione di vaste zone.

L'allevamento è uno dei più importanti fattori di inquinamento ambientale a livello mondiale, senza contare la quantità di anidride carbonica che viene immessa nell'ambiente con i disboscamenti. Questi allevamenti sono responsabili del 18% di immissione nell'ambiente dei gas che determinano l'effetto serra, allevare animali produce più effetto serra di tutti i mezzi di trasporto circolanti. 

Ormai, la metà delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali e foraggi destinati agli animali. Per far fronte a questa immensa domanda, si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, per nuovi pascoli o terreni da coltivare per gli animali, terreni che in breve tempo si desertificano. Ogni anno scompaiono 17 milioni di ettari di foreste tropicali, nella foresta Amazzonica l'88% dei terreni disboscati è stato adibito a pascolo. Paradossalmente, questa terra non è affatto adatta al pascolo: nell'ecosistema tropicale lo strato superficiale del suolo contiene poco nutrimento, ed è molto sottile e fragile. Dopo pochi anni di pascolo il suolo diventa sterile, e gli allevatori passano ad abbattere un'altra regione di foresta. Gli alberi abbattuti non vengono commercializzati, risulta più conveniente bruciarli sul posto

Il 70% dell'acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall'agricoltura Gli allevamenti consumano una quantità d'acqua molto maggiore di quella necessaria per coltivare soia, cereali, o verdure per il consumo diretto umano. Dobbiamo sommare, infatti, all'acqua impiegata nelle coltivazioni, che avvengono in gran parte su terre irrigate, anche l'acqua necessaria ad abbeverare gli animali e l'acqua per pulire le stalle. Mediamente, per produrre un chilo di carne occorrono 20.815 litri d’acqua, contro i 208 litri necessari per ottenere un chilo di grano. La maggior parte dell’acqua impiegata per dissetare e accudire gli animali torna nell’ambiente sotto forma di letame e di acqua di scarico.  Questi rifiuti vanno a finire nei corsi d’acqua, inquinando le falde e diffondendo patologie che possono infettare altre specie.

Leggere questi dati, che ho dovuto un po’ “tagliare” per non fare un post troppo lungo (non ho nemmeno accennato a fitofarmaci e concimi chimici, avrei scritto un romanzo!), dovrebbe far pensare come ogni nostro gesto quotidiano e non solo una centrale atomica, possa influenzare la nostra vita. E non mi sono soffermata sulle implicazioni etiche di queste scelte: i cereali coltivati per l’allevamento che nutrirebbero invece le popolazioni affamate o il trattamento degli animali.

Il nostro pianeta non può solo essere distrutto dalle esplosioni nucleari, ma molto più facilmente dai nostri comportamenti!

 
 
 

FESTINA LENTE

Post n°73 pubblicato il 08 Giugno 2011 da veuve_cliquot

Yvoire: Il chiostro (foto personale)

 

Un luogo che mi ha particolarmente colpito perché esce dagli schemi di ciò che si visita quando si fa un viaggio, è il giardino dei cinque sensi a Yvoire, sul lago di Ginevra. All’ingresso del giardino c’è un’iscrizione: “Festina lente” (affrettati lentamente), un modo per invitare il visitatore a concepire il tempo in modo diverso perché è la natura che impone il proprio ritmo: il tempo non si ferma ma diventa diverso

 

Questo giardino che fa parte delle proprietà  del castello omonimo è stato restaurato secondo l’arte e il simbolismo dei giardini medioevali. A quell’epoca i giardini servivano principalmente per nutrirsi e curarsi con le piante medicinali che lì venivano coltivate, ma lentamente si trasformano anche in luoghi di piacere e di gioco, simboli di raffinatezza e di amore cortese con temi religiosi e mitologici, in particolare quello del labirinto.

Il giardino è costituito da diversi spazi ognuno con piante che cercano di esprimere il senso che si dà a ognuno di questi spazi: il giardino alpino, il sottobosco, la tessitura, il chiostro con le piante medicinali.

Infine il giardino dei cinque sensi, la parte senza dubbio più interessante: il giardino del gusto con legumi e frutti commestibili e fiori da gustare con gli occhi; il giardino dell’odorato con piante profumate, il giardino del tatto con piante il cui fogliame al tocco risveglia sensazioni tattili; il giardino dei colori con fiori dai mille colori e infine il giardino dell’udito con una voliera e una fontana. 

 

E’ un universo di colori, profumi, suoni e sensibilità che cambiano in ogni stagione, un luogo da attraversare con calma e con i sensi tesi alla ricerca del bello, in cui il passare del tempo si trasforma in tempo per osservare, sentire, toccare, risvegliare la nostra sensibilità davanti a una natura che se si osservasse con più calma ci darebbe sensazioni che ormai abbiamo dimenticato.

 
 
 

POLITICAMENTE POCO CORRETTO 9

Post n°72 pubblicato il 05 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

 

Articolo piuttosto interessante comparso oggi sul Corriere della Sera a firma di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: partendo dalle parole di Draghi, il nanismo delle aziende italiani trova una delle sue cause nella lentezza e scarsa affidabilità della giustizia civile italiana: mentre negli anni ottanta una procedura fallimentare durava 4 anni, attualmente ne dura nove.

Personalmente ho sempre pensato che questi tempi biblici fossero secondari alla scarsità di mezzi e di personale dei tribunali italiani, avendo sentito molte interviste di giudici che si lamentano di questo. Invece si scopre dai dati della Commissione Europea sull'efficienza della giustizia (un organo del consiglio d'Europa) che non è affatto vero: lo stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante mentre la Francia ne spende 58. In Italia ci sono 10 giudici per 100mila abitanti, in Francia 9 giudici per 100mila abitanti. I dipendenti non giudici sono 4 per ogni giudice italiano, 3 per ogni giudice francese. I giudici italiani vengono in media pagati un 20% in più rispetto ai giudici francesi di uguale qualifica. Eppure la lunghezza media di un giudizio in Francia è la metà che non in Italia. E infine, perché i giudizi a Torino durano in media 174 giorni, contro i 324 a Milano?


Scoprire questo mi fa pensare a come viviamo di preconcetti, di notizie false date da chi è interessato a non far giudicare il proprio operato (quante volte abbiamo sentito giudici che si lamentano delle scarse risorse umane ed economiche che hanno a disposizione per giustificare la lentezza dei loro giudizi?).

Leggendo queste notizie, i commenti si fanno da soli. Alla fine mi chiedo: chi è che controlla, chi ha il coraggio di dire, quando ci vengono date notizie false sulle risorse date ai tribunali, che forse le ragioni per la lentezza nelle cause civili non sono da ascrivere alle risorse economiche ma alle risorse umane che forse lavorano poco?

 

 

 
 
 

IMMAGINE

Post n°71 pubblicato il 03 Giugno 2011 da veuve_cliquot

F. Botero: Il bagno

 

 

 

Ho letto la notizia della ragazza sedicenne di Treviso che ha tentato il suicidio dopo essersi ubriacata per essere stata esclusa dalla sfilata di fine anno indetta dalla sua scuola di moda perché non ha raggiunto il peso indicato dall'insegnante per poter indossare gli abiti.

Questo episodio mi ha fatto pensare a due cose.

La prima: concedere a una ragazza un po' in sovrappeso di poter sfilare, sarebbe stato così terribile? In un periodo in cui l'anoressia è ormai una malattia che colpisce tante giovani vite inserendosi in un contesto sociale in cui l'aspetto fisico viene considerato un requisito indispensabile per aver accesso alla “felicità”, in cui i modelli imposti dai mass media e dalle riviste sono spesso irraggiungibili creando grossi problemi a livello psicologico, forse il far sfilare anche ragazzine non proprio filiformi poteva essere un modo per far vedere che anche con qualche chilo in più si può fare una sfilata di moda.

La seconda: abbiamo creato ragazzi così fragili che il primo rifiuto che si ritrovano a dover affrontare viene risolto con l'alcol e il tentativo di suicidio? Nessuno riesce a insegnare che la vita è fatta anche di rifiuti e bisogna imparare ad affrontarli?

Non conosco il contesto sociale e affettivo di questa ragazza, ma pensare che una ragazzina di appena sedici anni non abbia trovato altre soluzioni se non quella di morire per affrontare un evento che senza dubbio ha ritenuto negativo dal suo punto di vista, mi inquieta molto.

Da un lato il credere troppo ai modelli che ci propinano i mass media, dall'altra una fragilità che non trova nulla a cui appigliarsi, mi fa veramente pensare che forse è giunto il momento di fermarsi un attimo a riflettere su quello che noi adulti stiamo facendo per queste giovani vite.

Forse bisognerebbe insegnare che i modelli proposti sono esattamente dei “modelli” e non obbligatoriamente devono essere seguiti o essere l'unica realtà esistente. Ma anche insegnare che nella vita ci sarà sempre chi ci rifiuterà, che la frustrazione davanti alle cose negative della vita deve essere affrontata per poterla superare e non cedere e fuggire. Perché il tentativo di suicidio della giovane ragazza è stato proprio questo: una fuga.

 
 
 

ELEZIONI

Post n°70 pubblicato il 01 Giugno 2011 da veuve_cliquot

 

Mi concedo anch’io, ormai a  48 ore dalla fine dei ballottaggi, un piccolo commento politico personale.

Pur abitando a Torino non ho commentato la vittoria del PD che era assolutamente prevedibile:  dopo  Chiamparino, un sindaco molto amato, il minimo che i torinesi potessero fare era riconfermare il suo partito (anche il PdL ha presentato un candidato di basso profilo che non aveva nessuna possibilità) sperando che il successore possa avere la competenza e il carisma del suo predecessore.

Invece devo dire che anch’io sono rimasta piuttosto stupita dei risultati di Napoli e Milano, due città che amo molto: mio padre era di Napoli per cui è una città a cui sono legati molti ricordi di vacanze infantili, mentre a Milano ho frequentato l’università.

Mi ha fatto piacere scoprire che i milanesi hanno avuto il coraggio, dopo la non brillante prova della Moratti, di voler cambiare: vuol dire che a Milano c’è ancora gente che ragiona con la sua testa e non è intruppata nelle ideologie di parte, nel tifo per l’una o l’altra squadra. Credo si sia scelto il cambiamento piuttosto che l’area politica (non vedo molto i milanesi come appartenenti alla sinistra estrema), milanesi che hanno digerito poco la campagna elettorale del PdL e della lega,  le promesse non mantenute e che capiscono che i problemi della loro città non sono quelli di Berlusconi. Mi auguro che Pisapia sappia cogliere le vere istanze dei milanesi non arroccandosi dietro azioni che appartengono a un’ideologia ormai superata e  certo non molto apprezzata a Milano.

Invece sono rimasta piuttosto delusa  per Napoli dove ha vinto la stessa area politica che ormai la governava  da decenni e che è responsabile dello sfacelo attuale. De Magistris sarà anche una novità, ma alle sue spalle rimane sempre lo stesso apparato. Che lui riesca da solo a dare una scrollata al regime che ormai governa Napoli da anni, mi sembra piuttosto utopistico. Spero che ci riesca, Napoli e i suoi abitanti non meritano lo schifo che è sotto gli occhi di tutti.

Mi auguro, per il bene di tutti, che la scelta fatta sia stata quella giusta. Il tempo lo dimostrerà.

 
 
 

SCUOLA 2

Post n°69 pubblicato il 30 Maggio 2011 da veuve_cliquot

Lezione in un monastero tibetano (foto personale)

Oggi parlerò di una notizia che sto leggendo in questi giorni sui giornali: l'allarme per le norme sulle assenze dalla scuola. Il ministero della Pubblica Istruzione ha messo come tetto per le assenze cinquanta giorni, oltre i quali sarà il consiglio d'istituto a scegliere se chi ha effettuato queste assenze potrà essere bocciato o meno.

Come al solito questa norma, voluta dall'attuale ministro della pubblica istruzione, sta sollevando polemiche che vanno dal ritenere che sia punitiva per coloro che hanno occupato gli istituti in autunno a non ritenerle giuste per chi ha raggiunto la sufficienza e quindi in teoria dovrebbe essere promosso. Il ministro si difende dicendo che questa norma è stata fatta per impedire l'abbandono scolastico, gli studenti invece ritengono che abbia carattere punitivo verso le occupazioni scolastiche e già si dichiarano pronti alla battaglia facendo ricorsi su ricorsi.

Non appartenendo al mondo della scuola, cerco quindi di vedere questa notizia da un punto di vista con scarso coinvolgimento personale. Quest'anno i giorni di scuola sono 209 per cui non andare a scuola per 50 gioni, vuol dire saltare le lezioni per 1/4 di questo tempo. Accettare che si possa essere promossi dopo aver saltato il 25% del tempo di apprendimento può portare a una sola conclusione: questi 50 giorni di lezioni sono inutili perché tanto i nostri ragazzi apprendono lo stesso. Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Probabilmente chi raggiunge la promozione frequentando per 200 giorni è più stupido di chi la raggiunge lo stesso frequentando le lezioni per un quarto di tempo in meno. Oppure che i professori in questo 25% di tempo che non serve ad apprendere, fanno cose inutili che non servono a nulla. Non ho molte altre alternative

Lo so che una bocciatura è dura da digerire ma continuare sempre a giustificare tutto, a trovare escamotage a ogni legge o obbligo e in questo caso particolare in cui l'apprendimento è l'unica cosa che veramente può fare la differenza un domani tra l'occupato e il disoccupato, dovrebbe farci pensare un po' invece di fare ricorsi che sicuramente verranno vinti alla faccia di chi ritiene che la scuola dovrebbe essere uno dei pilastri della nostra vita.

 
 
 

DEMOCRAZIA

Post n°68 pubblicato il 26 Maggio 2011 da veuve_cliquot

" In epoca recente è sorto un altro inganno che ha riconfermato i popoli cristiani nella loro condizione servile. Ed esso si manifesta mediante un complesso sistema d'elezione, dove degli uomini eletti da un dato popolo...eleggeranno a loro volta e senza alcun criterio dei candidati sconosciuti o i propri rappresentanti secondo personali interessi: il popolo stesso sarà una delle cause del potere del governo e, pertanto, obbedendo a esso, crederà in effetti di obbedire a se medesimo, supponendo quindi di vivere in un regime di libertà.....Tutto ciò è un imbroglio, giacché anche nel più democratico dei sistemi, il popolo non può comunque esprimere la propria volontà. In primo luogo perché una simile volontà collettiva di tutto un popolo non esiste e non può esistere; in secondo luogo perché, anche se esistesse una tale volontà collettiva, una maggioranza di voti non potrebbe comunque esprimerla pienamente in alcun modo. Questo inganno (anche a tacere del fatto che gli uomini eletti in questo modo approvano leggi e governano il popolo non in vista di ciò che è bene per esso, ma lasciandosi guidare dall'intento di mantenere salda la propria posizione di privilegio e potere e per tacere altresì della depravazione che  questo inganno diffonde tra il popolo mediante le menzogne, lo stordimento e la corruzione  che son caratteristica costante dei periodi elettorali), è particolarmente dannoso per quella schiavitù autocompiacentesi in cui esso riduce gli uomini che vi incorrono.

Gli uomini che si imbattono in questa trappola si immaginano davvero di obbedire a se stessi ogni volta che ascoltano il governo, e perciò non osano più disobbedire ai provvedimenti del potere degli uomini, anche quando tali provvedimenti sono contrari non soltanto ai propri gusti personali, al loro vantaggio o ai loro desideri, ma altresì alla legge suprema e alla loro coscienza.

E invece gli atti e i provvedimenti del governo di quei popoli che presumono di   autogovernarsi non sono che il risultato delle complesse lotte tra i partiti, degli intrighi, della sete di potere e dell'interesse personale di quegli individui e dipendono tanto poco dalla volontà e dai desideri del popolo tutto. Quei popoli sono come uomini rinchiusi in carcere che s'immaginano di essere liberi perché viene concesso loro il diritto di votare per l'elezione dei carcerieri delegati all'amministrazione interna del loro carcere. Cosicché gli uomini degli stati costituzionali, immaginandosi di essere liberi...finiscono per non sapere nemmeno più in cosa consista l'autentica libertà. Questi individui mentre credono di liberare se stessi, in realtà diventano sempre più schiavi dei loro governi."

E' stato scritto da Lev Tolstoj all'inizio del secolo scorso, (l'ho ripreso dal domenicale del sole24ore), eppure potrebbe essere stato scritto anche all'inizio di questo secolo o anche solo qualche giorno fà. Credo non abbia bisogno di commenti per la chiarezza e la lucidità di ciò che è scritto.

 
 
 

MANTA

Post n°67 pubblicato il 21 Maggio 2011 da veuve_cliquot

Maestro del Castello di Manta: la fontana della giovinezza

Premetto che non sono un’intenditrice di arte anche se mi piace andare per musei e mostre, visitare chiese o palazzi. Questa volta vorrei parlare di un gioiellino tutelato dal FAI che ho visto nei giorni scorsi,  il castello di Manta in un piccolo borgo a ridosso di Saluzzo. Questo castello contiene un ciclo di affeschi che ricopre tutte le pareti della sala baronale e che viene considerato un capolavoro della pittura tardo gotica. Un’opera pittorica rarissima, unica, risalente alla prima metà del XV secolo: preziosissima e rarissima testimonianza di pittura profana tardogotica, attribuita a un ignoto “Maestro del Castello della Manta”. Su una parete è raffigurata la sfilata degli eroi e delle eroine, sull’altra l’affresco della “fontana della giovinezza”.

Descrivere la bellezza di queste pitture non è alla mia altezza, anche se esse  non possono lasciare nessuno indifferente, intenditore d’arte o meno. Benché la bellezza e la cura dei particolari con cui sono raffigurati eroi ed eroine è straordinaria, ciò che colpisce maggiormente è la parete in cui è rappresentato il mito della fontana della giovinezza, un argomento molto caro alla tradizione letteraria dei romanzi medievali. Un affresco che può essere suddiviso in tre parti: quella a sinistra con la processione d'importanti personaggi, sciancati e vecchi, che si avvicinano alla fontana; la parte centrale dominata dalla miracolosa fontana, e la parte destra che  evidenzia gli effetti del ringiovanimento con scene di vita cortese, galante e amorosa. L’immersione nella fontana corrisponde al desiderio, tipico di ogni essere vivente, di rinnovare l'energia fisica e il desiderio d'amore, di riscoprire le gioie che lo accompagnano per dedicarsi nuovamente a cacce, tornei, incontri galanti.


E’ un mito antico, come si può vedere da questo affresco, ancora persistente:  in questa nostra epoca in cui l’allungamento della vita rende la vecchiaia un’età raggiungibile da molti, non abbiamo più fontane della giovinezza ma chirurgia plastica, centri benessere, giovani fanciulli/e che danno l’illusione a persone anziane di essere ancora giovani, Il ricorso alla chirurgia estetica o ad altri trattamenti tesi a eliminare le caratteristiche fisiche della vecchiaia, è ormai alla portata di molte tasche con l’illusione che eliminando rughe o trapiantando capelli si ritorna giovani, in questo aiutati da una società che considera i vecchi dei prodotti di scarto, non più portatori di esperienza e saggezza, e mass media che mostrano come unico modello per la nostra società corpi giovani e aitanti, simulacri di benessere e felicità.

Senza dubbio cercare di mantenersi in forma è un dovere, cercando di fare movimento, non mangiando troppo certi cibi, mantenendo interessi: la giovinezza non è un “prodotto” che si acquista in qualche centro benessere o da un chirurgo plastico, ma è una condizione interiore, e qualche ruga in più o capello in meno non cambiano quello che c’è  dentro di noi.  Piuttosto certi eccessi finiscono solo per farci apparire ridicoli.

Concordo con Anna Magnani quando disse alla sua truccatrice “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele!”.

 

 
 
 

MEDITERRANEO

Post n°66 pubblicato il 15 Maggio 2011 da veuve_cliquot

 

I greci lo chiamavano “il mare tra le terre”, i romani “il nostro mare” e gli arabi “mare di mezzo”. Il mediterraneo ha 46000 Km di coste lungo le quali vivono quasi 130 milioni di persone. Milioni di persone vivono grazie alle sue risorse, ma è proprio a causa dello sviluppo demografico e industriale dei paesi del mediterraneo che oggi il nostro mare interno è super sfruttato.

L’Italia è  “teoricamente” il paese più virtuoso tra quelli che si affacciano sul Mediterraneo, con ben 29 aree protette che coprono 3000 km2 . Ma questo primato è solo virtuale perché molte di queste aree protette non funzionano affatto: solo 12 fra tutte le aree protette italiane del Mediterraneo, hanno requisita indispensabili per una corretta tutela. Di fatto molte di queste aree esistono solo sulla carta: soffrono della pressione del turismo e dell’urbanizzazione delle coste e al loro interno si pratica la pesca di frodo e si naviga liberamente. Come al solito i finanziamenti sono scarsi e non esistono leggi adeguate per far rispettare i divieti. Eppure nelle poche aree in cui si riesce a far rispettare le leggi (Portofino, Tavolara, Porto Guaceto e Miramare) i fondali sono ritornati pieni di vita con un recupero in pochi anni della vita marina. Certamente bisogna considerare anche l’economia del luogo, di chi vive di pesca e di turismo, eppure, a Torre Guaceto, in cui i pescatori si sono astenuti per qualche anno dalla pesca nella zona protetta, attualmente al di fuori dei confini dell’area la pesca è triplicata in quanto l’area protetta è diventata un luogo di riproduzione da cui poi i pesci migrano e possono essere pescati.

Eppure tutto ciò non viene capito e il grosso problema è lo scontro tra la conservazione dell’ambiente e l’economia a breve termine: riuscire a far capire a tutti che le due esigenze a lungo termine, coincidono, non è semplice. Questa delle aree marine protette è il tipico esempio dell’assoluta mancanza di lungimiranza, di programmi a scadenza più lunga di una legislatura (ammesso che ci si arrivi), tipica dei nostri governi. La protezione dell’interesse a breve termine, senza nessun interesse per quello che succederà in futuro, avrà solo degli effetti catastrofici che pagheranno le generazioni future.

 
 
 

LEGGERE

Post n°65 pubblicato il 10 Maggio 2011 da veuve_cliquot

C.B. Barber: Donna che legge

Nel domenicale del sole24ore è riportato un articolo che parla di una iniziativa organizzata dal salone del libro che si svolgerà in questi giorni a Torino: per tre mesi l'autore dell'articolo (Andrea Bajani) si è incontrato  con un gruppo di sedici ragazzi di alcune scuole superiori di Torino chiedendo loro di raccontare l'Italia del futuro scegliendo delle parole che, secondo loro, la rappresentano. Le parole scelte sono state:

Futuro. Impedimento. Fiducia. Pantano. Poverini. Me. Svolta. Rivoluzione. Resistenza. Bellezza. Denaro. Inquietudine. Relativo. Divertimento. Femminile.

Molto bello il commento a queste parole, da cui si ricava una visione del paese da parte dei nostri giovani non troppo rosea. Ma per questo rinvio alla lettura dell'articolo che sarebbe troppo lungo riportare in questo post.

Invece ho trovato molto interessante un articolo scritto a commento di questa iniziativa da Stefano Salis: "Leggere per piacere, leggere per sapere": come fa giustamente notare l'autore, in questo elenco mancano le parole libro, lettura, cultura, come se i ragazzi non pensassero che queste parole siano necessarie per affrontare il futuro.. Al salone del libro di Torino in occasione del 150° dell'unità d'Italia, viene organizzata una mostra sui libri che hanno fatto l'Italia, ma, si chiede l'autore, i libri hanno fatto l'Italia? La risposta dell'autore è NO. E' stato anche creato un centro per il Libro che però non ha alcuna possibilità di incidere sulla realtà. Eppure, e sono dati della Banca d'Italia, i cittadini più istruiti e colti, hanno più futuro.

Eppure, i libri, la cultura, non sono nella mente dei nostri ragazzi, non vengono considerati mezzi per migliorare il loro futuro. Il libro viene sostituito dal p.c., ma credo che qualsiasi persona della mia generazione, che ha passato la metà della vita avendo come unica fonte di informazione i libri, capisce che una cultura su internet è difficile da formare. Internet dà notizie, rapide, stringate, spesso eccessivamente di parte e poco controllate. Internet permette di essere informato ma non di formarsi delle idee. Le idee si formano avendo delle basi che si sono strutturate sui libri, leggendo gli autori, i filosofi del passato. Solo avendo queste basi possiamo poi farci un'idea sulle notizie che leggiamo su Internet.

 

 
 
 

POLITICI BELLI

Post n°64 pubblicato il 09 Maggio 2011 da veuve_cliquot

Tiziano: Ritratto maschile

Sono più belli i parlamentari (uomini) di destra, di sinistra o di centro (essendo uomini metto anche quelli di centro, non capisco perché nelle classifiche femminili il centro non sia considerato)? Chissà se le elettrici donne (o uomini, visto che molte parlamentari donne sono elette da donne), sono anch'esse attratte dall'aspetto fisico al momento di votare per qualcuno. Fossi un uomo mi sentirei discriminato e credo che invocherei anch'io le "pari opportunità": perché le donne devono essere giudicate per il loro aspetto fisico e gli uomini no? Perché, con tanti begli uomini che ci sono in Italia, non potrebbero essere eletti anche loro per l'avvenenza fisica?

Come al solito, le solite parole dette dai soliti parlamentari (che se pensassero qualche secondo di più prima di aprire la bocca sarebbe una grazia divina), hanno innescato il solito caso mediatico preelettorale, con solita presa di posizione dei diversi schieramenti, con soliti preconcetti (le donne di destra belle e incompetenti, quelle di sinistra brutte e competenti). Infine la solita aria fritta che ci propinano i nostri parlamentari e i nostri giornalisti.

La categoria "bella donna" non dovrebbe appartenere alla politica. Alla politica dovrebbe appartenere la categoria "esperienza/capacità/formazione". La categoria "bella donna" la lascerei al mondo dello spettacolo, delle pubbliche relazioni, dell'intrattenimento.

E forse sarebbe bene chiedere ai politici e ai giornalisti un'altra cosa: ma credono veramente che gli italiani siano così idioti da votare solo un bel corpicino? Il bel corpicino in parlamento ce lo stiamo ritrovando solo per la pessima legge elettorale voluta dai politici in cui un candidato non è eletto ma nominato, per cui se la prendano con loro stessi e non dicano che gli italiani sono tutti degli stupidi che votano candidate ineleggibili in qualsiasi altro paese civile!

 
 
 

BIBITE

Post n°63 pubblicato il 01 Maggio 2011 da veuve_cliquot

 

A New York su 135 milioni di dollari in buonipasto che vengono distribuiti annualmente dallo stato alle famiglie più povere, ben 75 milioni vengono usati per comprare bibite gasate e zuccheratissime  e quindi ipercaloriche che vengono ritenute la causa più importante di obesità fra coloro che usufruiscono di questi buonipasto . Per questa ragione, il sindaco di New York, Bloomberg, ha deciso che le bevande siano escluse da questi buoni. E' una notizia riferita da Rampini su Repubblica odierna.

Questa presa di posizione del sindaco Bloomberg ha però sollevato le rimostranze di molte persone e partiti politici che reputano che un sindaco non può decidere cosa deve bere o non bere un cittadino. Io invece ritengo che sia giusto impedire che le persone , con i soldi pubblici che vengono erogati per sfamarsi, non acquistino cose che invece servono per ammalarsi. L'obesità in America è un grosso problema, i due terzi degli abitanti di New York sono obesi e il 9% della spesa medica americana è dovuta all'obesità. Lo stato quindi prima spende per i buoni pasto e poi spende per curare. Io non credo che questa sia una limitazione della libertà dei cittadini perché in questo caso allora eliminiamo le leggi che limitano il fumo nei locali pubblici, togliamo i divieti di velocità, lasciamo liberi di andare chi provoca incidenti in stato di ubriachezza.

Qualcuno potrebbe dire che è discriminante, i ricchi si possono comprare le bibite che vogliono e i poveri no: è vero, è discriminante, ma credo che chi usufruisce di soldi dello stato e quindi di tasse pagate da altri cittadini debba almeno cercare di usare quei soldi per nutrirsi e non per ingozzarsi di sostanze che poi mineranno la loro salute dando un ulteriore carico allo stato.

 
 
 

QUESTO BLOG

Perché un altro blog? Non credo che il mondo ne abbia necessità ed esso non nasce nemmeno da un mio bisogno di esprimere fatti o sensazioni personali.

Non sarà quindi né un diario personale, né una valvola di sfogo di sentimenti ed emozioni.

Scriverò di fatti, articoli di giornali, libri, frasi che mi hanno fatto pensare, ragionare, riflettere, che mi sono piaciuti o non piaciuti, che hanno risvegliato il mio senso critico e anche qualche rotellina un po' arrugginita del mio cervello.

Sarà il blog di una persona che ritiene ancora di avere un cervello pensante libero da ideologie, dottrine, fedi e prese di posizione o di campo acefale.

 

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