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« La strega PamfileColei che non da scampo »

Tra i pericoli dell'Oceano.

Post n°965 pubblicato il 20 Ottobre 2011 da padmaja
 

 

 

La nave era salpata e quella mattina il mare sembrava calmo; eravamo partiti all’alba e ci aspettava un lungo viaggio.

Il capitano aveva tra le mani una mappa, che trovò sul relitto di una nave durante il suo ultimo viaggio; ci aveva messo in guardia sui pericoli che avremmo potuto incontrare, ma il tesoro che cercavamo avrebbe ricompensato ogni cosa…almeno era quello che credevamo.

Io e il mio amico Billy, ultimamente, non avevamo avuto una dimora fissa e per arrotondare ci davamo un gran da fare e, lavorare su quella nave come mozzi, non era stata una brutta idea; ma il viaggio era appena iniziato.

Era arrivato ormai mezzogiorno e il sole ci bruciava la pelle; il capitano stava spiegando ai suoi marinai la rotta che voleva seguire, anche se dai loro sguardi capimmo che era anche la più pericolosa, anche se il tragitto sarebbe stato accorciato di molto.

La giornata proseguì senza intoppi e la notte giunse avvolta dal silenzio dell’oceano.

La maggior parte dell’equipaggio dormiva già da un’ora, ma io avevo una strana sensazione addosso e mi sentivo irrequieta.

Mi giravo e rigiravo e alla fine decisi di svegliare anche Billy; lui mi conosceva da molto tempo e sapeva che quando avevo queste sensazioni non c’era da star tranquilli.

Ad un certo punto sentimmo un tonfo in mare e ci scorgemmo per vedere; ma il buio avvolgeva ogni cosa e non riuscivamo a vedere bene. Poi sentimmo altri due tonfi dall’altro lato della nave e ci precipitammo ad osservare; poi i tonfi aumentarono e tutto l’equipaggio si svegliò di soprassalto. Il comandante era molto preoccupato, sembrava che conoscesse già la natura di ciò che ci stava circondando. Ordinò ai suoi marinai di armarsi fino ai denti e di tenersi pronti e disse: “ Speravo di non incontrare queste creature, ma il fato sta giocando con noi. Si tratta di sirene affamate, la specie più pericolosa, in quanto hanno come alleata la piovra rossa.

 

 

Esse cercano di ammaliare gli sventurati con dolci melodie, mettendo in risalto i loro corpi da dee.

 

 

Fu una maledizione scagliata da Afrodite, che le fece trasformare così: bellissime ragazze, ma con sete di sangue; una sorta di vampiri del mare. Per fortuna il modo per poterle uccidere è lo stesso dei vampiri delle terre emerse: un paletto conficcato nel cuore e la decapitazione."

Detto questo, il silenzio calò su tutti noi.

Ci fu una gran confusione, tutti che correvano a destra e a manca. C’era chi stava affilando paletti di legno e chi preparava le armi. A me consegnarono una spada e a Billy un’ascia.

Ad un certo punto la nave sobbalzò, sembrava che si stesse per scatenare una tempesta; le onde iniziarono ad ingrossarsi e qualcuno gridò: “Ho visto i tentacoli, eccola, sta arrivando! La piovra si sta precipitando verso di noi!!!”

 

 

Non finì neanche la frase che questa creatura colpì la nave, facendo cadere in acqua due marinai.

La scena che si presentò davanti ai nostri occhi fu spaventosa. Le sirene si gettarono sui corpi dei due malcapitati e li smembrarono, bevendone il sangue e mangiando la carne…sembravano una sorta di squali-piranha.

Un brivido mi percorse la schiena, mi si gelò il sangue e Billy mi strinse forte la mano.

Il panico dilagò sulla nave e il capitano era palesemente spaventato.

Ordinò a tutti di aggrapparsi a qualcosa e di tenersi ben saldi; la piovra colpì nuovamente la nave, ma stavolta nessuno cadde in mare. Prendemmo fiato e ci mettemmo ai posti di combattimento. Due marinai prepararono le reti, altri due buttarono in acqua gli avanzi della cena, mentre il resto dell'equipaggio si tenne pronto per la “pesca". Le sirene erano davvero affamate e mangiarono golosamente quello che avevamo gettato in mare. Si erano distratte e la rete le avvolse in tutto il perimetro in cui stavano nuotando. Il capitano diede il segnale e in pochi secondi la rete venne issata sulla nave. 

 

 

La piovra stava ritornando e due marinai prepararono il cannone. Ecco il primo colpo…no!!! Andò a vuoto. Subito ricaricarono, puntando dritto verso quell'essere e finalmente fecero centro! Ma aveva la pellaccia dura e servirono altri quattro colpi per renderla innocua.

Le sirene erano intrappolate nella rete e stavano cercando di tagliare le corde con i denti affilati, si affilati come rasoi. Vennero calate sulla nave e non c’era tempo da perdere. Ecco, il capitano prese la balestra e la caricò con un paletto di legno. Scoccò il colpo e trafisse il cuore di una sirena. Si sentì un grido che ci fece sanguinare gli orecchie. Rimanemmo sordi per alcuni minuti con un ronzio in testa.

Le altre sirene si spaventarono e cercavano di liberarsi dimenandosi come anguille. Avevano denti affilati e lunghi artigli, mentre sulla coda avevano delle spine velenose. La paura ci stava facendo sudare freddo; facemmo un respiro profondo e ci lanciammo nella mischia. Le prime teste caddero, mentre paletti affilatissimi entravano in quei cuori neri. Qualcuno di noi rimase ferito e sfortunatamente il capitano venne colpito da una coda e le spine gli si conficcarono nel braccio. Il dolore era insopportabile. Si fasciò il braccio, ma nei suoi occhi si leggeva lo spavento…avrebbe perso il braccio; doveva essere amputato, altrimenti il veleno lo avrebbe portato alla morte. Vedemmo che chiamò il suo secondo; si mise un pezzo di legno in bocca e ordinò di tagliare…e così fu. Gli bendarono subito il braccio e andò sotto coperta a riposare un po’.

Noi continuammo a darci da fare, finché l’ultima sirena-vampiro non fu distrutta. C’era sangue ovunque e la puzza del veleno ci pizzicava il naso. Decidemmo di gettarle in mare, non prima di aver tagliato quelle spine velenose per poterle conservare; forse durante il viaggio ci sarebbero tornate utili.

Eravamo sopravvissuti alla prima notte; eravamo esausti e feriti.

Il capitano ci rassicurò, dicendoci che quello era il peggio che potevamo incontrare. Il resto dei pericoli era affrontabile senza bisogno di perdere la vita.

Il mare nasconde tesori, leggende e tante creature di cui non immaginiamo l’esistenza. Nelle profondità degli abissi si celano tanti segreti e bisogna sempre tenere gli occhi ben aperti, acuendo i sensi.

Il resto del viaggio proseguì senza troppi intoppi, a parte alcuni squali, qualche orca affamata e un’altra piovra, ma per fortuna era piccola e ce la mangiammo per cena.

Eravamo in viaggio da due mesi e finalmente all’orizzonte scorgemmo un’isola. 

 

 

Il capitano urlò: ”E’ la nostra isola! Siam arrivati! Tenetevi pronti, non sappiamo cosa ci attenderà”

L’ancora venne gettata e salimmo sulle scialuppe remando verso la riva. L’isola aveva una folta vegetazione, sembrava un paradiso in terra.

Ci inoltrammo tra gli alberi da cocco e banani, mangiando quei frutti lungo il percorso come se fossero ambrosia. Durante quei mesi in mare il nostro vitto non era stato di certo abbondante o nutriente.

Ad un certo punto trovammo una piccola cascata e ci tuffammo per assaggiare quell’acqua dolce; era deliziosa e placò l’arsura delle nostre gole. Finalmente riuscimmo a farci un bagno, lavando gli stracci che avevamo addosso…eravamo veramente lerci.

 


La ferita del capitano era guarita bene e si era rimesso in forze. Ci fece cenno di sbrigarci, anche perché dovevamo trovare riparo per la notte.

Era quasi mezzogiorno e volevamo metterci sulle tracce del tesoro.

Ci dividemmo in gruppi e avevamo come unico indizio “una caverna", che all’esterno aveva una forma rettangolare.

Girammo tutto il pomeriggio senza trovare niente, finché ad un certo punto scorgemmo qualcosa. Cercammo di farci strada tra la vegetazione e arrivammo davanti alla caverna. Eccola era lei, l’avevamo trovata. Due del nostro gruppo tornarono indietro per avvisare gli altri, mentre io e Billy rimanemmo davanti a fare la guardia. La voglia di entrare era tanta e la curiosità ci fece battere il cuore all’impazzata. Ma cosa avremmo potuto trovare dentro alla caverna? E se al suo interno si celava una creatura? Meglio aspettare gli altri.

Dopo mezz’ora eravamo tutti riuniti e decidemmo di entrare. Accendemmo le torce e appena fummo entrati il buio ci avvolse.

Pian piano ci abituammo alla luce delle nostre torce e davanti a noi si presentò uno spettacolo che ci fece mozzare il fiato.

La caverna brillava, erano piccole luci, quasi brillantini nell’oscurità. Altro che brillantini! Le rocce della caverna erano tempestate di diamanti!

 

 

Esultammo e ci mettemmo a saltare come ragazzini! Avevamo il cuore gonfio di gioia e l’adrenalina pervase ogni nostra cellula.

Il capitano ci aveva fatto portare picconi e sacchi; ci mettemmo subito all’opera, cercando di estrarre più diamanti possibili. Arrivò la sera e anche se avevamo le mani insanguinate, eravamo eccitati per il bottino che ci eravamo guadagnati.

Quella notte dormimmo nella caverna e all’alba eravamo già al lavoro.

Lavorammo una settimana senza sosta e poi il capitano ci disse che era ora di fare ritorno a casa. Ci riposammo due giorni, procurando anche le provviste per il viaggio.

Stavolta il capitano decise di prendere la via più lunga, ma meno pericolosa. Non potevamo rischiare la vita; quel viaggio ci era già costato molto caro.

Dopo tre mesi di mare, finalmente attraccammo al nostro porto.

Il capitano divise il bottino in parti uguali; eravamo diventati tutti molto ricchi e il nostro futuro era assicurato. Era stata davvero una grande avventura e non volevamo di certo ripetere l’esperienza sfidando la sorte, quindi io e Billy comprammo una nave e decidemmo di intraprendere un breve viaggio, una sorta di vacanza per approdare nell’isola che avevamo acquistato con i diamanti.

Prima di partire, distribuimmo ai marinai del porto una mappa dettagliata, con descritti i luoghi da evitare per non imbattersi nelle sirene-vampiro. Loro erano ancora li fuori, le sorelle erano in cerca di vendetta e avevano sete di sangue.

 

(Immagini tratte dal web)

 

fla

 
 
 
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