Terrorismo islamico e riscatti: l’Italia è sotto ricatto

PennaNera

Ave Socii

Perché in Italia non sono avvenuti (almeno finora) gli attentati terroristici verificatisi, invece, in altri Paesi a noi molto vicini? Un semplice favore del caso? O c’è dell’altro? Forse il nostro Paese fa comodo al terrorismo islamico in altro modo. Non come palcoscenico di attentati, ma di valori contrari alla democrazia, alla libertà e alla pace. Ne abbiamo avuto la prova in questi ultimi giorni, durante il rientro in Italia della giovane cooperante rapita in Kenya un anno e mezzo fa. Più o meno consciamente, con quella “passerella” abbiamo pubblicizzato una delle fazioni più feroci del terrorismo islamico.

Ovviamente è un bene che una ragazza poco più che ventenne sia tornata a casa. Quel che fa riflettere è la modalità con cui è stata riportata a casa. Si parla di un riscatto milionario. Il nostro Paese, giustamente, pone la vita al vertice della piramide dei diritti, così come tutti i Paesi occidentali. Chi di noi non sarebbe disposto a pagare qualsiasi cifra, pur di riavere indietro una vita umana? I terroristi questo lo sanno e, consci di impugnare il coltello dalla parte del manico, fanno leva sul nostro senso di impotenza per avere ciò che loro interessa.

L’Italia è solita risolvere rapimenti e simili eventi attraverso la pratica del riscatto. Se ciò, da una parte, è una forte garanzia di tutela della vita umana, dall’altra è pure un segnale di debolezza che inviamo all’estero. Segnale che il terrorismo islamico ha da tempo captato. C’è un altro modo per tutelare la vita umana, senza per forza cedere ai ricatti di soggetti senza scrupoli, la cui cultura spesso offende il diritto alla vita e la libertà delle persone? Sì, forse sì: chiedendo a chi invia persone in luoghi pericolosi, di assumersi le responsabilità delle sue scelte. D’altronde, se la nostra cultura difende la vita, difenderla dovrebbe essere compito di tutti. Non solo degli Stati, ma anche di una qualsiasi associazione umanitaria.

Quanto successo dimostra, invece, la totale subalternità della cultura occidentale (dell’Italia, perlomeno) alla cultura islamista più radicale. Con i soldi di quel riscatto, probabilmente il terrorismo finanzierà nuovi attacchi o attentati le cui vittime, un giorno, saremo costretti a piangere. Coi criminali non si tratta, soprattutto se a trattare deve essere uno Stato. Al massimo, se è proprio necessario trattare, la trattativa dovrebbe esser sostenuta da soggetti privati, come associazioni e simili. Nessuno può chiedere a degli inermi di “fare gli eroi”, se non ha i mezzi necessari per equipaggiarli in sicurezza. Specie in luoghi ostili alla cultura occidentale, impregnati dell’Islam più radicale.

Non raramente certe associazioni, ammantate di bei valori come il dialogo o l’integrazione, attirano giovani pieni di speranze ambizioni e ideali. Ebbene, se simili enti sono soliti predicare il dialogo e l’integrazione dei popoli, a maggior ragione dovrebbero farlo quando di mezzo ci sono diritti come la vita o la libertà. Motivo in più per renderle responsabili, appunto, della vita e della libertà dei loro “inviati”. Se i terroristi islamici vanno trattati “senza pregiudizi”, vadano loro a negoziare “senza pregiudizi” coi terroristi islamici. E senza scomodare gli Stati. Se poi non ne sono capaci, smettano di mentire a migliaia di giovani e ammettano una volta per tutte che l’integrazione con certe culture è impossibile.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Terrorismo islamico e riscatti: l’Italia è sotto ricattoultima modifica: 2020-05-16T16:35:30+02:00da MovimentoPennaNera