Ave Socii
Occupare una piazza è sacrosanto, per far sentire la propria voce e sensibilizzare l’opinione pubblica su determinate tematiche. Ma più che manifestazioni, in certi casi servono atti concreti. Concreti e sostenibili. Come sui cambiamenti climatici. Il riscaldamento del pianeta non si combatte manifestando, ma attuando opportuni provvedimenti. Continuando a dire che la colpa dei cambiamenti climatici è di Trump, e di quelli come lui, non si va da nessuna parte. Anzi, con permesso, si innesterebbe una sorta di retromarcia. Specie se, per attuare quello che predicano gli “ambientalisti”, si dovessero mettere a repentaglio milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. Alla faccia dello “sviluppo sostenibile” che a loro piace tanto predicare.
Le opere vanno costruite nei luoghi opportuni. A volte il problema non va cercato nel riscaldamento globale, bensì in motivazioni un po’ più “terra terra”. Guardando al nostro Paese, un esempio potrebbe essere il dissesto idrogeologico. Non possiamo evocare i “fenomeni climatici straordinari”, se costruiamo vicino agli argini e “all’improvviso” arriva la piena. Il riscaldamento globale finisce per diventare una motivazione vaga. Il dissesto, invece, è ben più individuabile e controllabile. A volte l’impressione è che si cerchi di buttare tutto in caciara, evocando il clima “cinico e baro” per evitare che qualcuno si assuma fino in fondo le proprie responsabilità. Le opere vanno realizzate nei luoghi opportuni. Con criteri opportuni. Magari servendosi pure di tecniche innovative e all’avanguardia, con un occhio di riguardo all’ambiente.
Ridurre gli scarti, reimmetendoli nel processo produttivo, potrebbe costituire il futuro di molti rami dell’economia. Il nuovo approccio dell’economia circolare potrebbe creare nuove figure professionali e nuove opportunità di lavoro. Costruire opere in tal senso farebbe sicuramente crescere il nostro “sistema Paese”. Tuttavia sembra che alcuni facciano di tutto per bloccare le opere e promuovere la decrescita italiana. Anche all’interno del nostro stesso Paese. Se l’Italia crescesse troppo, come farebbero gli stranieri a comprarci a basso costo? Eppure ultimamente sembra quasi che lo stesso Di Maio si stia “trumpizzando”: firma e mostra in diretta la revoca degli incentivi alla Whirlpool, intende aumentare i controlli su negozianti irregolari e cinesi… Le recenti elezioni europee debbono avergli fatto proprio bene. Se così è, speriamo si converta presto anche sulla questione “termovalorizzatori”. Ciononostante, nessuno ci leverà mai dalla testa che alcuni continuino a strizzare l’occhio alla Cina e a certi altri Paesi…
Se il riscaldamento globale da effetto serra è davvero una minaccia, perché non ricorrere al nucleare? Il nucleare è forse la fonte più efficiente di energia “pulita”, in quanto non comporta alcuna produzione di anidride carbonica. Però non si può usare, sennò l’immaginario collettivo evoca i mostri a tre teste. In realtà, il passaggio al nucleare comporterebbe anche elevati costi di impianto. Ma ciò passa in secondo piano, di fronte alle motivazioni addotte dagli ambientalisti. Dopo i fatti di Chernobyl del 1986 e il successivo referendum con cui l’Italia ha detto no al nucleare, qualcuno si è forse preoccupato degli elevati costi di smantellamento delle centrali nucleari? Le abbiamo smantellate, punto. Perché così voleva certa dottrina dei fascio-buonisti. Gli stessi fascio-buonisti, magari, che ora tacciono sulla questione del nucleare iraniano.
L’utilizzo pacifico del nucleare non va bene… Però se alcuni Paesi minacciano di ripristinare il loro arsenale nucleare, chi prima faceva la voce grossa ora non si azzarda a protestare, oppure lo fa sottotono. Forse addirittura qualcuno strizza l’occhio a certi Paesi, produttori di petrolio e pure immischiati nel nucleare. Persino tra le fila dei cosiddetti “ambientalisti”. Se così fosse, allora le nostre non sarebbero solo supposizioni… Forse dietro buona parte del pensiero ambientalista si celano veramente gli interessi dei petrolieri. E di chi non ha scrupoli nemmeno ad impiegare il tanto biasimato nucleare, per di più con finalità tutt’altro che pacifiche.
Lasciando da parte l’extrema ratio del nucleare (inteso pacificamente, come fonte di energia), esistono comunque progetti di termovalorizzatori innovativi, efficienti e a basso impatto ambientale. Non si può essere contrari agli inceneritori semplicemente per principio. Ne va di mezzo il sistema energetico nazionale. Ne vanno di mezzo le nostre tasche. Ne va di mezzo l’ambiente stesso. Perché continuare a tollerare roghi di cassonetti e “terre dei fuochi”, quando forse impiegare un termovalorizzatore potrebbe essere la soluzione migliore per tutti? Eviteremmo di pagare due volte l’energia che consumiamo, prima per spostare e termovalorizzare all’estero i nostri rifiuti e poi per comprare l’energia da quegli stessi Paesi che termovalorizzano i nostri rifiuti. E forse ridurremmo il rischio di vedere cassonetti stracolmi e rifiuti per strada, magari dati pure alle fiamme alla faccia delle emissioni inquinanti e del riscaldamento globale.
Per questo siamo convinti che le manifestazioni siano necessarie, ma assolutamente non sufficienti, per convincere i governi ad implementare nuove politiche sostenibili che tengano conto anche dell’ambiente. Se si manifesta solo per raggiungere la notorietà, può capitare che ci si dimentichi della vera ragione da cui tutto è iniziato. Se davvero il riscaldamento globale è un problema serio e preminente, non basteranno mille piazze piene per risolverlo. C’è bisogno di altro, di volontà politica nel presente e di lungimiranza per il futuro. Se ci facciamo travolgere dall’impeto di una manifestazione, durerà come un fuoco di paglia: passata la manifestazione, nessuno più si preoccuperà seriamente del problema. Continuiamo a mirare alla luna, non indugiamo a guardare soltanto il dito che la indica.
Vostro affezionatissimo PennaNera