Infedele

Nelle mie letture web spesso mi fermo a visitare un blog, un appuntamento quasi quotidiano, “quasi” perché lei nei fine settimana non scrive. Il suo è un diario puntiglioso di quello che fa, di quello che non fa … proprio la tipologia che piace tanto ai “visitatori”, perché i gentili utenti stazionano soprattutto su blog che mettono on line il “quotidiano”, è un po’ come spiare il vicino dalla finestra senza esser visti, bello soddisfare la morbosa curiosità con la vita degli altri. Scrive bene la signora, che è single e (quasi) mia conterranea, inserisce nei suoi post la giusta ironia, la corretta tempistica nel non svelare i propri reconditi segreti. Atteggiamento comprensibile, dato che si presenta con la sua faccia, anche se sicuramente come tipo è una che non teme niente e nessuno, non te le manda a dire, te le dice. Una di quelle decise, quelle che sanno calibrare anche le debolezze perché nella buona riuscita di un blog ci vuole un po’ di  tutto: il saper raccontare aneddoti, il dare pareri su ogni argomento, fare battute divertenti e, non dimentichiamo, il sesso. E’ scontato, il post sul sesso aumenta l’audience in maniera esponenziale. Quindi la signora un bel dì ha pubblicato il resoconto di una sua avventura. Con grazia ha lasciato intuire che fosse una conoscenza di natura virtuale che si concretizzava nel reale. Parole leggere e tutto il resto lasciato libero di materializzarsi nell’immaginazione di noi lettori.

Ecco, quello che mi ha fatto sorridere non è il racconto dell’avventura (che, buon per lei, è stata, a quanto pare, bella e appagante) ma uno dei commenti, inserito a chiosa, di un gentile utente uomo che, con un pizzico di nostalgia, ha fatto notare che si fan cene romantiche sempre uguali, e per smaltirle l’attività seguente è sempre la stessa di diverso c’è solo il protagonista. Al commento non sono seguite repliche. Questi sono un po’ gli inconvenienti di un blog messo a disposizione di amici, parenti, ex amici, ex fidanzati, ex fidanzate (incarognite)

Il mio precedente blog era impostato in un modo diverso, era un susseguirsi di minuziose descrizioni dei miei incontri, non particolari scabrosi, ma le situazioni che si andavano a creare, le sensazioni che provavo, molto spesso il mio disagio. Sezionavo le mie donne e me stessa alla ricerca di quel qualcosa che mi sfuggiva e che non funzionava. Una di queste mie “frequentate”, quella con cui ho trascorso più tempo, nell’usare il mio portatile ha scoperto l’esistenza dello Sheltering. Nulla di male se nell’intreccio degli incontri non trapelasse l’assoluta irrilevanza che ha per me la fedeltà e la naturale omissione di tale irrilevanza che adotto nel condurre ogni mia “storiella”. La scoperta della mia propensione all’infedeltà ha, inevitabilmente, portato ad una serie di conseguenze che i “gentili utenti” definirebbero “giusta pena” ma che io ho liquidato come “solenne scocciatura”. Non sono fedele, il motivo? Predisposizione o perché ho incontrato donne che non sapevano amare, intrise nell’anima solo del loro egoismo, eppure le prime parole che mi hanno detto sono sempre state ” ti amo “. L’unica condivisione non erano sentimenti reali ma la convinzione di amare, se poi si indaga con accuratezza era, in definitiva, il bisogno di spartirsi un po’ di piacere.

A quelle due paroline in fila non ho mai dato importanza, ascoltavo senza cogliere, e nei loro occhi scorgevo delusione di quel “anch’io” inespresso. Con franchezza posso dire che non ho amato nessuna di loro, forse per incapacità o per rispetto al sentimento che non mi andava di mischiare con la necessità, perché si trattava solo di un bisogno di entrambe da realizzare in quel momento. Non vi è mai stata progettualità per un futuro, le situazioni contingenti non lo permettevano e sarebbe stato troppo gravoso per tutte e due cambiarle. L’amore implica un cambiamento, desiderato e condiviso. In me questa necessità non si è mai manifestata, non ho mai avuto voglia di cambiare la mia vita per una donna e la depositaria del cambiamento egoisticamente non avrebbe modificato nulla di se. Ho preferito frequentazioni, e nel frequentare e conoscere l’interesse si consuma rapido, terminando in fretta ed io mi ritrovo già altrove.

… e poi tradire

Tradire. La parola nasce nell’andare più che nell’inganno. Deriva dal latino “tradere” e porta con sè il significato di “consegnare”. Tradire, in sostanza, significa tradire una consegna, cioè un ordine, un sistema precedente, in nome di una nuova consegna, di un nuovo ordine, di un nuovo sistema. Esso sancisce dunque il dramma del passaggio dal vecchio al nuovo.Quindi, per assurdo, esco dall’insopportabile staticità, ma per finire dove? E questo percepire l’immobilità non sarà una spinta ad un ripetuto continuo tradire? E per contro, la volontà di andare non lascia il tradito, invece, nel deserto dell’esclusione, che è mortale, negativa, opposta alla necessità universale del cambiamento? Come se io mi salvassi mentre c’è chi si perde. Anzi, proprio perché c’è qualcuno che si perde.
I francesi usano tradire anche per svelare, rivelare, scoprire. Lo diciamo anche noi italiani: tradire l’emozione, tradire il proprio sentimento. Oggi ha sempre triste contenuto e pone il suo significato principalmente nel “usar frode contro colui che si fida”.
Quando si consuma il primo tradimento? Alla nascita, senza dubbio. Ma grazie a quel tradimento ho imparato chi sono… ciò che è vive di ciò che non è. C’è il sentimento della ‘necessità’ che guida il continuo tradire: Galilei tradì il dettato teologico per la scienza; Ulisse la sua Itaca per l’andare oltre; il più eclatante, Giuda tradì Gesù consentendo la salvezza degli uomini; così il tradimento permette un nuovo ordine, un nuovo sistema. Dalla consumazione del primo tradimento, quello della nascita, ogni altro tradimento appare una necessità che ubbidisce a leggi che misteriosamente ci governano.

Chi tradisce assume su di sé una carica negativa, e la distruzione del vecchio ordine esistente non prevede una rinascita se non a senso unico; chi tradisce ha una sua strategia relazionale in cui la vittima è sempre la persona cui è, o è stato, legato dall’amore o dall’amicizia, o dalla consuetudine. Dunque in questo dramma il dolore non è mai simmetrico nè contemporaneo nelle due parti in causa. Vi sono aspetti interessanti: io tradisco per andarmene, io tradisco per essere perdonata; io tradisco perché la relazione che ho con la persona tradita assuma un grado di superiore consapevolezza.
Questo vuol dire che mentre l’abbracciavo e la baciavo sentivo di amarla come nessun’altra… ma fino a quando? Finchè non avrei pensato le stesse cose di un’altra? Ma allora dovrà essere sempre così? Ogni volto di donna (o uomo) non è che una parte di un grande volto che nel corso della vita vado componendo? Le variabili in realtà sono moltissime.
Se poi si analizza la situazione dalla parte del tradito, ci si rende conto che il traditore ci costringe a fare i conti con noi stessi, a buttar giù i nostri pregiudizi, ci lascia nudi e morti, e possiamo rinascere di nuovo ricercando, reinterrogandoci su cosa è l’amore, sul punto a cui siamo giunti. Ci restituisce alla nostra povertà, ci spoglia di tutto anche del nostro amore di noi stessi. Ci costringe a riesaminare tutta la nostra esistenza.

Infedeleultima modifica: 2019-08-01T23:00:29+02:00da Sheltersky