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Carlo Parlanti

Post n°194 pubblicato il 29 Ottobre 2007 da falco58dgl
 

Carlo Parlanti (http://blog.libero.it/carlofree/ è imprigionato da più di tre anni e mezzo. E’ stato un anno in una prigione tedesca, poi estradato- senza che ne ricorressero i presupposti giuridici- verso gli Stati Uniti. 
Il marine Lozano, per parlare di un caso che ha fatto clamore,  che è stato  accusato dell’omicidio di Calipari, non sarà processato perché una corte italiana ha ravvisato un difetto di giurisdizione.
Invece, nel caso di Carlo, l’estradizione è stata concessa senza che le autorità italiane ne venissero informate ufficialmente e in violazione degli accordi sui trattati internazionali  tra USA ed Unione Europea che prevedono di fornire le prove a supporto della richiesta di estradizione entro 60 giorni dall'arresto.   Da più di
due anni, Parlanti è imprigionato in un carcere americano in California, in un regime di isolamento pressoché completo. Il consolato italiano ha dovuto aspettare qualche settimana per poterlo vedere, l'attuale avvocato americano è in attesa che il permesso venga accordato.
Una corte americana l’ha condannato a 9 anni di carcere per un’accusa di violenza carnale che, a giudicare dalle numerosissime contraddizioni e incongruenze in cui è caduta la  parte accusatrice, non è mai avvenuta. Non sono mai stati fatti esami medici sulla presunta vittima dello stupro e la procedura giudiziaria seguita è stata così sommaria e frettolosa da restare sbalorditi.  Questo è il link in cui si raccolgono le principali prove a discarico di Carlo.
http://www.carloparlanti.it/difesa.htm, mentre quelle dell’accusa possono essere visionate qui http://www.carloparlanti.it/accusa.htm

Chiunque può farsi un’idea precisa in merito.

Carlo ha manifestato, in questi ultimi mesi, seri problemi di salute: ha contratto in carcere l’epatite c, pur non avendo fatto nessun uso di droga, ha gravi problemi di asma e tubercolosi,  recentemente gli è stata fatta la biopsia per un sospetto tumore. Il 21 ottobre di quest’anno, Carlo manda una lettera  indirizzata a Katia Anedda, la sua fidanzata. Scrive:

Oggi ho continuato a dibattere se scrivere questa lettera tutto il giorno; continuo a preoccuparmi ed ho proprio paura. Poi alla fine ho deciso di farlo perché perlomeno se la ricevi ci aiuterà, anche se solo a senso unico in aggiunta forse mettere le mie paure giù su carta mi darà un poco di forza e poi, di sicuro, posso usare l’oretta di distrazione. Ormai sono 12 giorni che sono incatenato a questo letto ed addirittura tre settimane senza parlarti e senza parlare con nessuno e’ dura Katia.
Sto cominciando a piangermi addosso di nuovo per cui e’ meglio che la smetta, ti mandi la lettera, e mi metta a pregare un poco: devo pregare che domani la biopsia abbia un buon risultato e se fosse non finale che mi arrivi tramite Enrica una decisione da te e dal dottore se fare l’intervento o no!".
Chi volesse firmare la petizione in favore di Carlo Parlanti, può farlo qui:
http://www.petitiononline.com/parlanti/petition.html

 Chi volesse aiutare concretamente chi si batte per il rilascio di Carlo, può farlo nei seguenti modi: http://www.carloparlanti.it/aiutarci.htm

Mi pare una storia veramente indegna.

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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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