Quid novi?

Letteratura, musica e quello che mi interessa

 

AREA PERSONALE

 

OPERE IN CORSO DI PUBBLICAZIONE

Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.
________

I miei box

Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
________

Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)

Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)

De claris mulieribus (di Giovanni Boccaccio)

Il Novellino (di Anonimo)

Il Trecentonovelle (di Franco Sacchetti)

I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)

Miòdine (di Carlo Alberto Zanazzo)

Palloncini (di Francesco Possenti)

Poesie varie (di Cesare Pascarella, Nino Ilari, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio)

Romani antichi e Burattini moderni, sonetti romaneschi (di Giggi Pizzirani)

Storia nostra (di Cesare Pascarella)

 

OPERE COMPLETE: PROSA

Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.

I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici (di Salvatore Muzzi)

Il Galateo (di Giovanni Della Casa)

Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)

Picchiabbò (di Trilussa)

Storia della Colonna Infame (di Alessandro Manzoni)

Vita Nova (di Dante Alighieri)

 

OPERE COMPLETE: POEMI

Il Dittamondo (di Fazio degli Uberti)
Il Dittamondo, Libro Primo

Il Dittamondo, Libro Secondo
Il Dittamondo, Libro Terzo
Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
Il Dittamondo, Libro Sesto

Il Malmantile racquistato (di Lorenzo Lippi alias Perlone Zipoli)

Il Meo Patacca (di Giuseppe Berneri)

L'arca de Noè (di Antonio Muñoz)

La Scoperta de l'America (di Cesare Pascarella)

La secchia rapita (di Alessandro Tassoni)

Villa Gloria (di Cesare Pascarella)

XIV Leggende della Campagna romana (di Augusto Sindici)

 

OPERE COMPLETE: POESIA

Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.

Bacco in Toscana (di Francesco Redi)

Cinquanta madrigali inediti del Signor Torquato Tasso alla Granduchessa Bianca Cappello nei Medici (di Torquato Tasso)

La Bella Mano (di Giusto de' Conti)

Poetesse italiane, indici (varie autrici)

Rime di Celio Magno, indice 1 (di Celio Magno)
Rime di Celio Magno, indice 2 (di Celio Magno)

Rime di Cino Rinuccini (di Cino Rinuccini)

Rime di Francesco Berni (di Francesco Berni)

Rime di Giovanni della Casa (di Giovanni della Casa)

Rime di Mariotto Davanzati (di Mariotto Davanzati)

Rime filosofiche e sacre del Signor Giovambatista Ricchieri Patrizio Genovese, fra gli Arcadi Eubeno Buprastio, Genova, Bernardo Tarigo, 1753 (di Giovambattista Ricchieri)

Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
Rime inedite del Cinquecento Indice 2 (di vari autori)

 

POETI ROMANESCHI

C’era una vorta... er brigantaggio (di Vincenzo Galli)

Er Libbro de li sogni (di Giuseppe De Angelis)

Er ratto de le sabbine (di Raffaelle Merolli)

Er maestro de noto (di Cesare Pascarella)

Foji staccati dar vocabbolario di Guido Vieni (di Giuseppe Martellotti)

La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)

Li fanatichi p'er gioco der pallone (di Brega - alias Nino Ilari?)

Li promessi sposi. Sestine romanesche (di Ugo Còppari)

Nove Poesie (di Trilussa)

Piazze de Roma indice 1 (di Natale Polci)
Piazze de Roma indice 2 (di Natale Polci)

Poesie romanesche (di Antonio Camilli)

Puncicature ... Sonetti romaneschi (di Mario Ferri)

Quaranta sonetti romaneschi (di Trilussa)

Quo Vadis (di Nino Ilari)

Sonetti Romaneschi (di Benedetto Micheli)

 

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2015 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Messaggi del 10/06/2015

Tomaso Castellani

VII
Di M. Tomaso Castellani

1

O sacro ramo, che con verdi fronde
Sì lieto nunzio fosti a quel gran padre,
Che nel sommerger de l’antica madre
Salvò il commesso seme sopra l’onde,

S’al puro canto il vero oggi risponde
De’ pargoletti ebrei, con sì leggiadre
Opre vien tal che le tartaree squadre,
Pietoso al nostro mal, rompe e confonde.

Io lietamente, o santa e schietta Oliva,
T’accetto e ’nchino or che salute e pace
Prometti al grave e travagliato spirto,

Ma con speme vie più secura e viva
Di quella che ’l mio cor pronto e vivace
Mosse a seguir già vanamente il mirto.

2

Fiera novella con spedito volo
Giunga a l’orgoglio de l’eterna morte,
Che mansueto agnello altiero e forte
Oggi l’affrena col suo sangue solo.

L’aspra sentenza de l’ingiusto duolo
Con chiare note al crudo regno apporte,
Che da ferito e sacro piè le porte
Fien rotte al carcer del beato stuolo.

Per la pietà del suo Fattor cangiarsi
Già veggio il cielo, e de l’error la salma
Per tanto redentor felice farsi.

Sento la fioca voce, afflitta ed alma,
Cortese a chi l’offende ancor mostrarsi,
E ceder morte oggi al morir la palma.

3

Il più bel germe de’ sacrati allori
Sì dolcemente col suo raggio santo
Nodrisce il sol, ch’omai si toglie il vanto
A quel che per lui sparse i primi odori.

La nuova pianta del terreno fuori
S’inalza al ciel con sì leggiadro manto,
Ch’a l’ombra sua tosto vedrassi quanto
Ponno de gli alti ingegni i bei lavori.

Cresca il lauro gentil, e Febo l’ami
Tanto ch’a rozze tempie la sua fronde
Mai non consenta, né vil man la coglia,

Né sia minor di quei ben culti rami
Per cui di Sorga son sì chiare l’onde
Che l’Arno con ragion par se ne doglia.

4

Felice stella, che tre Regi guidi
Dal lido oriental sì fedelmente
Al Re supremo e al bel vero Oriente,
Oggi riposto fra negletti nidi,

I chiari raggi tuoi benigni e fidi
Scorgano ancor la mia sviata mente,
Ch’aperti i suoi tesori or largamente
A quel gli doni e ’n lui sol si confidi.

Onde in vece di mirra, oro ed incenso,
Speranza, fede e caritate accesa
Offera al casto parto di Maria;

Poi l’alma scorta dal tuo lume immenso
De l’aversario suo fugga l’offesa,
Né più ritorni per l’usata via.

5

Sciogliti omai da le noiose braccia,
Candida Aurora, del tuo sposo antico,
E tu Sol, de le tenebre nemico,
La fosca madre de le Furie scaccia.

Mostra al bel lauro la tua lieta faccia,
Che lo nudrisce con calor amico,
E a me quel vivo lume, ond’io nutrico
L’occhio e ’l pensier, e ’l cor m’arde ed agghiaccia.

Tu pur t’ascondi, e ’l ciel la notte imbruna,
Perché paventi non ricever scorno
Da due luci terrene alme e superbe;

Ma se ciò temi, tu Sol reggi il giorno,
Madonna entri nel seggio de la Luna
E ’l loco a me d’Endimion si serbe.

6

ANTONIO mio, s’a le pregiate carte
Vostre vien tarda la risposta alquanto,
È perch’io veggio quelle alzarsi tanto
Che da seguirle non ho penna od arte.

Sì largamente Apollo non comparte
A l’asciutto mio stile il suo umor santo,
Che degno sia de l’onorato vanto
Di cui gli fate così ricca parte.

Il non poter non fe’ mai l’uomo ingrato,
Ma il non voler di tal error l’accusa,
Che l’un sol vien dal ciel, l’altro da l’alma.

Se tarda fu la man, mai ritardato
A voi non fu il mio amor; onde mi scusa
L’aver posto al mio stil troppo gran salma.

7

Non è nel giardin vostro erba né legno
Che frutti mai produca aspri ed amari,
Anzi soavi e dolci e senza pari,
Come ben culto e d’umor sacro pregno.

Onde s’a quel con gran diletto vegno,
Il faccio sol perché la man impari
Del mio sveller i sterpi, e si prepari
A tal lavor, che ’l sol non l’abbia a sdegno.

Sì largo fonte bagna i germi vostri
Ch’i lauri s’alzan sopra i faggi e i pini
Per ornarvi di fronde alta e superba.

Ma inutil piante i miei mal culti chiostri
Adombran sì che ’l ciel par che destini
Sempre al suo parto una stagion acerba.

8

Le caste Muse con le sante leggi
Or v’accompagnan per sì bella strada,
Che mai non fia che ’l vostro ingegno cada
Del ver onor, né alcun che vi pareggi.

Non ben contento de’ terreni seggi
Il vostro stile al ciel par che sen vada,
Né mai vedrassi che la giusta spada,
A’ rei nemica, in vostra man vaneggi.

DOMENICHI gentil, quante corone
Aspetta non indarno il vostro crine,
Se ’l ciel di sua mercede il valor empie.

Non basta a voi che Febo il lauro done,
Ma quella che di noi tien le divine
Parti convien ch’ancor v’orni le tempie.

9

Se dal tuo fonte qualche umor non viene
Che lavi, o Re del ciel, questo mio petto,
In troppo immondo e mal purgato tetto
Or entri con mio scorno e gravi pene.

Ma le dolc’onde di tue sante vene
Sparse in lavar nostro comun diffetto
Mi dan tanta baldanza ch’io t’accetto,
Fatto secur da mia verace spene.

S’albergo ove sia fé mai non ti spiacque,
Come conobbe Marta e la sorella
A cui la tua pietade il fratel rese,

Per quella fé che ’n me mai sempre giacque
Ne l’alma mia, fatta di morte ancella,
Tu che sei vita entra, Signor cortese.

[* ma cfr. scheda biografica]

10

Se ’l sesto in mezzo d’alcun spazio un piede
Tien fermo e l’altro gira, un sì perfetto
Cerchio gli fa che nel pensato effetto
Non s’inganna la man ch’a l’arte crede;

Ma se del centro, ove già posto siede,
Si muove il primo piè, con tal diffetto
Si forma indi la rota, che ’l concetto
Del fabro tosto del suo error s’avede.

Così chi sta in Colui che in ogni parte
Regna, de l’opre sue se stesso guida
A fin perfetto col girar de gli anni;

Ma se col passo errante si diparte
Del centro, in cui stabil virtù s’annida,
Il vero lascia per seguir gl’inganni.

Tomaso Castellani
Da: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (a cura di Lodovico Domenichi - Giolito 1545)

 
 
 

Canzoniere petrarchesco 10

Post n°1732 pubblicato il 10 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

61

Benedetto sia 'l giorno, et 'l mese, et l'anno,
et la stagione, e 'l tempo, et l'ora, e 'l punto,
e 'l bel paese, e 'l loco ov'io fui giunto
da'duo begli occhi che legato m'ànno;

et benedetto il primo dolce affanno
ch'i' ebbi ad esser con Amor congiunto,
et l'arco, et le saette ond'i' fui punto,
et le piaghe che 'nfin al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch'io
chiamando il nome de mia donna ò sparte,
e i sospiri, et le lagrime, e 'l desio;

et benedette sian tutte le carte
ov'io fama l'acquisto, e 'l pensier mio,
ch'è sol di lei, sí ch'altra non v'à parte.


62

Padre del ciel, dopo i perduti giorni,
dopo le notti vaneggiando spese,
con quel fero desio ch'al cor s'accese,
mirando gli atti per mio mal sí adorni,

piacciati omai col Tuo lume ch'io torni
ad altra vita et a piú belle imprese,
sí ch'avendo le reti indarno tese,
il mio duro adversario se ne scorni.

Or volge, Signor mio, l'undecimo anno
ch'i' fui sommesso al dispietato giogo
che sopra i piú soggetti è piú feroce.

Miserere del mio non degno affanno;
reduci i pensier' vaghi a miglior luogo;
ramenta lor come oggi fusti in croce.


63

Volgendo gli occhi al mio novo colore
che fa di morte rimembrar la gente,
pietà vi mosse; onde, benignamente
salutando, teneste in vita il core.

La fraile vita, ch'ancor meco alberga,
fu de' begli occhi vostri aperto dono,
et de la voce angelica soave.
Da lor conosco l'esser ov'io sono:

ché, come suol pigro animal per verga,
cosí destaro in me l'anima grave.
Del mio cor, donna, l'una et l'altra chiave

avete in mano; et di ciò son contento,
presto di navigare a ciascun vento,
ch'ogni cosa da voi m'è dolce honore.


64

Se voi poteste per turbati segni,
per chinar gli occhi, o per piegar la testa,
o per esser piú d'altra al fuggir presta,
torcendo 'l viso a' preghi honesti et degni,

uscir già mai, over per altri ingegni,
del petto ove dal primo lauro innesta
Amor piú rami, i' direi ben che questa
fosse giusta cagione a' vostri sdegni:

ché gentil pianta in arido terreno
par che si disconvenga, et però lieta
naturalmente quindi si diparte;

ma poi vostro destino a voi pur vieta
l'esser altrove, provedete almeno
di non star sempre in odïosa parte.


65

Lasso, che mal accorto fui da prima
nel giorno ch'a ferir mi venne Amore,
ch'a passo a passo è poi fatto signore
de la mia vita, et posto in su la cima.

Io non credea per forza di sua lima
che punto di fermezza o di valore
mancasse mai ne l'indurato core;
ma cosí va, chi sopra 'l ver s'estima.

Da ora inanzi ogni difesa è tarda,
altra che di provar s'assai o poco
questi preghi mortali Amore sguarda.

Non prego già, né puote aver piú loco,
che mesuratamente il mio cor arda,
ma che sua parte abbia costei del foco.


66

L'aere gravato, et l'importuna nebbia
compressa intorno da rabbiosi vènti
tosto conven che si converta in pioggia;
et già son quasi di cristallo i fiumi,
e 'n vece de l'erbetta per le valli
non se ved'altro che pruine et ghiaccio.

Et io nel cor via piú freddo che ghiaccio
ò di gravi pensier' tal una nebbia,
qual si leva talor di queste valli,
serrate incontra agli amorosi vènti,
et circundate di stagnanti fiumi,
quando cade dal ciel piú lenta pioggia.

In picciol tempo passa ogni gran pioggia,
e 'l caldo fa sparir le nevi e 'l ghiaccio,
di che vanno superbi in vista i fiumi;
né mai nascose il ciel sí folta nebbia
che sopragiunta dal furor d'i vènti
non fugisse dai poggi et da le valli.

Ma, lasso, a me non val fiorir de valli,
anzi piango al sereno et a la pioggia
et a' gelati et a' soavi vènti:
ch'allor fia un dí madonna senza 'l ghiaccio
dentro, et di for senza l'usata nebbia,
ch'i' vedrò secco il mare, e' laghi, e i fiumi.

Mentre ch'al mar descenderanno i fiumi
et le fiere ameranno ombrose valli,
fia dinanzi a' begli occhi quella nebbia
che fa nascer d'i miei continua pioggia,
et nel bel petto l'indurato ghiaccio
che trâ del mio sí dolorosi vènti.

Ben debbo io perdonare a tutti vènti,
per amor d'un che 'n mezzo di duo fiumi
mi chiuse tra 'l bel verde e 'l dolce ghiaccio,
tal ch'i' depinsi poi per mille valli
l'ombra ov'io fui, ché né calor né pioggia
né suon curava di spezzata nebbia.

Ma non fuggío già mai nebbia per vènti,
come quel dí, né mai fiumi per pioggia,
né ghiaccio quando 'l sole apre le valli.


67

Del mar Tirreno a la sinistra riva,
dove rotte dal vento piangon l'onde,
súbito vidi quella altera fronde
di cui conven che 'n tante carte scriva.

Amor, che dentro a l'anima bolliva,
per rimembranza de le treccie bionde
mi spinse, onde in un rio che l'erba asconde
caddi, non già come persona viva.

Solo ov'io era tra boschetti et colli
vergogna ebbi di me, ch'al cor gentile
basta ben tanto, et altro spron non volli.

Piacemi almen d'aver cangiato stile
da gli occhi a' pie', se del lor esser molli
gli altri asciugasse un piú cortese aprile.


68

L'aspetto sacro de la terra vostra
mi fa del mal passato tragger guai,
gridando: Sta' su, misero, che fai?;
et la via de salir al ciel mi mostra.

Ma con questo pensier un altro giostra,
et dice a me: Perché fuggendo vai?
se ti rimembra, il tempo passa omai
di tornar a veder la donna nostra.

I' che 'l suo ragionar intendo, allora
m'agghiaccio dentro, in guisa d'uom ch'ascolta
novella che di súbito l'accora.

Poi torna il primo, et questo dà la volta:
qual vincerà, non so; ma 'nfino ad ora
combattuto ànno, et non pur una volta.


69

Ben sapeva io che natural consiglio,
Amor, contra di te già mai non valse,
tanti lacciuol', tante impromesse false,
tanto provato avea 'l tuo fiero artiglio.

Ma novamente, ond'io mi meraviglio
(diròl, come persona a cui ne calse,
e che 'l notai là sopra l'acque salse,
tra la riva toscana et l'Elba et Giglio),

i' fuggia le tue mani, et per camino,
agitandom'i vènti e 'l ciel et l'onde,
m'andava sconosciuto et pellegrino:

quando ecco i tuoi ministri, i' non so donde,
per darmi a diveder ch'al suo destino
mal chi contrasta, et mal chi si nasconde.


70

Lasso me, ch'i' non so in qual parte pieghi
la speme, ch'è tradita omai più volte:
che se non è chi con pietà m'ascolte,
perché sparger al ciel sí spessi preghi?
Ma s'egli aven ch'anchor non mi si nieghi
finir anzi 'l mio fine
queste voci meschine,
non gravi al mio signor perch'io il ripreghi
di dir libero un dí tra l'erba e i fiori:
Drez et rayson es qu'ieu ciant e 'm demori.

Ragione è ben ch'alcuna volta io canti,
però ch'ò sospirato sí gran tempo
che mai non incomincio assai per tempo
per adequar col riso i dolor' tanti.
Et s'io potesse far ch'agli occhi santi
porgesse alcun dilecto
qualche dolce mio detto,
o me beato sopra gli altri amanti!
Ma piú quand'io dirò senza mentire:
Donna mi priegha, per ch'io voglio dire.

Vaghi pensier' che cosí passo passo
scorto m'avete a ragionar tant'alto,
vedete che madonna à 'l cor di smalto,
sí forte ch'io per me dentro nol passo.
Ella non degna di mirar sí basso
che di nostre parole
curi, ché 'l ciel non vòle,
al qual pur contrastando i' son già lasso:
onde, come nel cor m'induro e n'aspro,
così nel mio parlar voglio esser aspro.

Che parlo? o dove sono? e chi m'inganna,
altri ch'io stesso e 'l desïar soverchio?
Già s'i'trascorro il ciel di cerchio in cerchio,
nessun pianeta a pianger mi condanna.
Se mortal velo il mio veder appanna,
che colpa è de le stelle,
o de le cose belle?
Meco si sta chi dí et notte m'affanna,
poi che del suo piacer mi fe' gir grave
la dolce vista e 'l bel guardo soave.

Tutte le cose, di che 'l mondo è adorno
uscïr buone de man del mastro eterno;
ma me, che cosí adentro non discerno,
abbaglia il bel che mi si mostra intorno;
et s'al vero splendor già mai ritorno,
l'occhio non po' star fermo,
cosí l'à fatto infermo
pur la sua propria colpa, et non quel giorno
ch'i' volsi inver' l'angelica beltade
nel dolce tempo de la prima etade.

Francesco Petrarca

 
 
 

Previdenza

Post n°1731 pubblicato il 10 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

Occorre riflettere bene, prima di assumere una decisione. Ogni nostra azione dovrebbe tener conto delle probabili conseguenze: un po' di previdenza non guasta mai

 

 
 
 

Nicolò Amanio

VI
Di M. Nicolò Amanio

1

Alte, sassose e dirupate rive,
Che l’acque, che l’aspr’Alpi in basso loco
Versan tra noi con suono orrendo e roco,
V’hanno già in tutto del vostro esser prive,

Simile a voi son io, chi ben descrive
L’acque che sul mio cor languido e fioco
Mandano gli occhi miei, ch’a poco a poco
Poco ho da star tra le persone vive.

Da voi si fugge ognun, ognun vi lassa;
Chi può fuggir le ruinate sponde,
Pigliando altro camin vi guarda e passa;

Ognun da le miserie mie s’asconde,
Ch’omai d’udirle ogni persona è lassa,
E fugge a chi ne parlo, e non risponde.

2

Maladetto sia tu, tristo aere tosco,
Maladette romite aspre montagne,
Maladette voi, aride campagne,
Piene di serpi e venenoso tosco,

Maladetto Arno, Serchio, e s’altro è vosco
Fiume ch’i lordi vostri armenti bagne,
E s’altro è ch’in voi scenda o in voi si stagne
In maladetta valle, in selva o in bosco.

Sotto sì strano cielo inferma langue
Questa anima gentile afflitta e vinta
Da tue moleste noie, orribil angue;

Mai vedrò ancor la tua superbia estinta,
Fera crudel, ch’omai languida essangue
Sei nel pallor de la tua rabbia tinta.

3

Fra così calde lagrime, fra tanti
Sospir che ’n queste carte arder vedrete,
Fra gli amorosi accenti ove udirete
L’amaro suon de’ dolorosi pianti,

Quanti dolci pensier, madonna, quanti
Dolci sguardi soavi incontrarete,
Quante dolci parole intenderete
Di duo sì cari e sì leggiadri amanti!

Tai fur mentre vivean d’Amor gl’inganni;
Ma poi ch’ella morì, qual morte quivi
Si piangerà mai più con tanti affanni?

O bella prova, che per farne privi
Morte de l’un di lor ne’ suoi verdi anni
Fece ambi al mondo eternamente vivi.

4

Se nulla altra ragion poteva aitarmi
L’alma, che ’n questi abissi era smarrita,
Questa mia età, ch’omai quasi è finita,
A uscir di tanti error devea spronarmi.

Ma né ragion, n’età potuto han farmi
Così che mai de la memoria uscita
Mi sia costei, né l’una e l’altra unita
Forza ebber mai di tal nodo slegarmi.

Or m’ha disciolto un riso, e a poco a poco
Spenger vedrò ne la memoria accesa
L’ardor ch’ella mostrò curar sì poco.

O benedetta ingiuria, o dolce offesa!
Iscuso lei s’a schivo ebbe il mio foco,
Ch’oggi una tanta fede è mal intesa.

5

Vana vision fallace, sogno ed ombra,
Che madonna dormendo m’appresenti,
Perché sì tosto che svegliar mi senti
Un non so che dinanzi mi ti sgombra?

Amor, ch’ognor nel bel pensier m’ingombra,
La viva imagin de’ tuoi lumi ardenti
Mi fa veder come fosser presenti,
Né velo alcun di sonno me gli adombra.

Qual sorte adunque, mentre io pur son teco,
Alma gentil, par ch’un tal ben distempre,
Che nel più bel veder rimanga cieco?

O ciò che sei, che ’n sì diverse tempre
Vaneggiando mi scherni, o resta meco
Partendo il sonno, o fa’ ch’io dorma sempre.

6

Un mover sol de’ begli occhi lucenti
(Chi ’l potrà creder mai ?), un sol suo sguardo
Fa che dentro e di fuora in un punto ardo:
Pur dolce è star in queste fiamme ardenti.

Le chiome sparse a lo spirar de’ venti,
Ch’a mille nodi d’oro avolger guardo,
Veggio legarmi il cor pensoso e tardo:
Pur son lacci d’Amor soavi e lenti.

Se tra perle e rubin talor l’ho udita
Franger le dolci parolette accorte,
O dolce in quello udirla uscir di vita!

O sguardi, o chiome, o parole, o mia sorte,
Agra dolcezza amaramente unita,
Dolce ardor, dolce nodo e dolce morte!

7

Occhi, non v’accorgete,
Quando mirate fiso
Quel sì soave ed angelico viso,
Che come cera al foco
E come neve a’ raggi del sol sete ?
In acqua diverrete,
Se non cangiate loco
Di mirar quella altiera e vaga fronte;
Che quelle luci belle al sole eguali
Pon tanto in voi che vi faranno un fonte.
Escon sempre da loro or foco or strali!

Fuggite tanti mali,
Se non voi veggio al fin venir niente
E me cieco restar eternamente.

8

Queste saranno ben lagrime, questi
Saranno ben caldi sospiri ardenti,
Altr’amor, altre voci ed altri accenti
Da più amaro dolor svegliati e desti.
Anima bella, quel che sempre avesti
Soave amor in questa valle oscura
Se con lo spirto dura,
Mira qua giù dal ciel l’alta mia doglia,
Che già mai qual si voglia
Maggior martir non ha visto ’l mondo anco,
Né per tempo avrà fin, né fia mai manco.

Che non fia che del cor mai mi si sgombri
Quel che vidi io di quegli occhi sì belli,
Ch’erano i lumi di mia vita, quelli,
Morte, che tu di eterna notte adombri,
Tu, che l’acerba mia memoria ingombri:
Ch’io gli vidi ver me volgersi in giro,
Poi in un brieve sospiro
Morir gli vidi; io ’l vidi, e s’io rimasi
Vivo, mi credo quasi
Ch’ebbe paura al mio dolor sì forte
Forse di non morir meco la Morte.

Ma perch’io allor di questo viver privo
Non fussi, in un dolor tant’aspro e rio,
Non fia che di morir scemi il desio,
Tal vergogna ho di ritrovarmi vivo.
Dunque i’ son vivo ancora ? e parlo ? e scrivo ?
E morto è ’l dolce mio fido conforto,
Il mio IPPOLITO è morto:
Morte, e tu in tanto orror perduto ardire,
Non mi sai far morire ?
Figliuol, se giù dal ciel miri ’l mio male,
Guarda se fu mai pena a questa eguale.

O figliuol, quell’aspetto, ohimè, quel volto,
Che con tante mie lagrime bagnai,
I’ nol devea dopo riveder mai;
E ’n sì tenera età Morte l’hai tolto
(Dolorosa memoria), che rivolto,
Più morto ch’egli assai, sovra ’l bel viso,
Non mi potea diviso
Da quella bocca alcun tener, che ancora
Com’uom di senso fuora
Ivi cercava, ohimè ch’io la sentiva,
Quell’anima gentil che fuor ne usciva.

Dolor crudel, dolor dolce, che sempre
Con quell’anima cara m’accompagni,
Dolor, allor sarà ch’io non mi lagni
Che questo pianto in pianto mi distempre;
Com’avran fin le dolorose tempre
Del mio dolor, se ognor nanzi m’appare
Quell’alma, e le mie amare
Doglie van rinovando a tutte l’ore ?
Dunque, eterno dolore,
Se senza te non posso esser mai seco,
Non mi lasciar, dolor, sta’ sempre meco.

Può ben tallor nascosamente entrarmi
Ne la mente un pensier, che pur vorria
Tormi questi pensier; ma questa mia
Passion non lascia in tal voglia fermarmi,
E dico a me: dunque i’ vorrò ritrarmi
Di non pensargli ? O mio pensier, che quella
Alma beata e bella
Sol m’appresenti, e voi pensose e liete,
Voi che meco il vedete,
E con voi sole nel mio cor sen viene,
Deh non m’abbandonate, alte mie pene.

Lagrime mie, che tante
Verso da gli occhi mei la notte e ’l giorno,
Statemi al cor d’intorno
Fin ch’io ritorni a dir: il mio conforto,
Lagrime amare, il mio IPPOLITO è morto!

Nicolò Amanio
Da: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (a cura di Lodovico Domenichi - Giolito 1545)

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

frank67lemiefoto0giorgio.ragazzinilele.lele2008sergintprefazione09Epimenide2bettygamgruntpgmteatrodis_occupati3petula1960mi.da2dony686giovanni.ricciottis.danieles
 
 

ULTIMI POST DEL BLOG NUMQUAM DEFICERE ANIMO

Caricamento...
 

ULTIMI POST DEL BLOG HEART IN A CAGE

Caricamento...
 

ULTIMI POST DEL BLOG IGNORANTE CONSAPEVOLE

Caricamento...
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963