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Messaggi del 20/06/2015

Polo di Lombardia

Si como il balenato foco acciso

Si como il balenato (1) foco acciso
Sembra fra l' aire iscura (2), e poi risprende (3),
Poi lo suo lume appare, e distiso
Per gran fortuna forte tron (4) discende,

Ch' uom trema di paura, ed è d' avviso
Che ciò poss‘ esser vero a chi lo ‘ntende;
Cosi riguardando, ch' eo son si priso,
Dalli suoi occhi risplendor (5) mi rende.

Poiché lo suo splendore e apparito
Le lingue croie, vaghe di maldire
Tronan (6) parlando, ed hannomi ferito.

Risprendon chi me fa contra te gire
Sovente di dolor sarìa perito,
Ma lino amor giammai non de' fallire.

Polo di Lombardia (1230 ?)

Note:
1. Baleno, lampo. - 2. Oscura. - 3. Splende di nuovo. - 4. Tuono. - 5. Splendore. - 6. Tonan.

Tratto da Rime Antiche ossia Poesie Liriche Italiana de' Secoli XIII, XIV e XV. Scelte ed illustrate da Luigi Selliers di Moranville, Amanuense dell' I.R. Biblioteca di Corte. Vienna. Presso Vedova Kaulfuss, Prandel e Comp. 1845.

Polo, cioè Paolo da Castello, nacque in Reggio di Lombardia e fiorì verso gli anni 1230. Di lui nulla si sa, fuor che emulò Fra Guittone ed il Cavalcanti nella delicatezza del verseggiare, come ne fan pruova i saggi che qui diamo tratti dal Crescimbeni e dalla Edizione fiorentina de' Poeti antichi pubblicata nel 1816.
(Cenni di F. Zanotto, su "Parnaso Italiano).

 
 
 

Bbongiorno, Sora Rosa

Post n°1769 pubblicato il 20 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

Bbongiorno, Sora Rosa

- Bbongiorno, Sora Rosa, me permette?
- S'accommodi ... e mme dica ... cosa vôle?
- Se l'aricorda er tempo de le scôle?
Quer tempo ch'eravate ggiovinette

e llei, co' ttutte quante l'ammichette,
ve dicevate 'n fracco de parole
su ccome 'n ze po' vvive e restà ssole?
Ne só' ppassati d'anni, eh? Vô' mmette?

Me dite, Rosa, si vve sête accorta
de quelo che in quest'anni avete fatto?
Guardate che nnun è memoria corta

scordà d'avé vissuto e nun amato.
Si ppenzi solo a tte, sei 'mmentecatto
e mmeriti 'n ber vammoriammazzato!

Valerio Sampieri
20 giugno 2015

 

 
 
 

Amatriciana

Post n°1768 pubblicato il 20 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

Amatriciana

Sarebbe che tu ddevi usà 'r guanciale,
ma vvôi che tte la dico 'na cosetta?
A mme mme piace più co' la pancetta:
comme lo fai, 'sto piatto è eccezzionale!

Nun devi da abbusà co' la cepolla,
tritace l'ajo e 'n ber peperoncino,
pe' falli rosolà bbene bbenino,
ma senza che s'abbruceno: controlla!

Doppo che la pancetta fa 'na crosta,
cor vino dai 'na bbella svaporata,
sinnò nun te rimane tanto tosta,

poi metti er pommidoro e ffà addenzà.
La pasta -'r bbucatino- scudellata
cor pecorino devi padellà!

Valerio Sampieri
19 giugno 2015

 
 
 

Giovanni Muzzarelli 3

X
Di M. Giovan Mozzarello

14

Aura soave, che sì dolcemente
Lusinghi l’aere, e tra l’erbette e i fiori
Dolce scherzando accogli i molli odori,
E poi gli spargi sì soavemente,

O verde prato, o bel rivo corrente,
Grato rifugio a gli amorosi ardori,
Che già le mie speranze e i miei timori
Sì pietosi ascoltaste e sì sovente,

Al tristo suon, ch’ognor tra voi s’udiva,
Posi eterno silenzio: e può ben tanto
Nostro voler, pur che ragion il tempre.

Ma se ben più di lei non piango e canto,
Non sia però che ’l cor non ami sempre
Questo fresco, quest’erba e questa riva.

15

Occhi vaghi, amorosi, ove risplende
Quanto di luce e di beato ardore,
Inspirando il superno alto Fattore,
Da tutto il terzo ciel fra noi discende,

Occhi soavi e cari, in cui raccende
D’infiammato desio, d’eterno onore,
Sua vivace facella il santo Amore,
Onde sì dolcemente il cor m’incende,

Occhi leggiadri, ond’io mi sento ognora
Traffiger l’alma a più di mille strali
Senza mai di rimedio aver conforto,

Occhi, del vero Amor raggi immortali,
Cui porta invidia il sol, cui il mondo onora,
Voi, voi dolci occhi, voi m’avete morto.

16

O bella man, che ’l fren del carro tieni
Quando Amor col trionfo a Cipri torna,
Man bianca, man leggiadra, mano adorna,
Che l’aureo scettro suo reggi e mantieni,

Man, che ignuda del guanto rassereni
Mia mente afflitta, ove sempre soggiorna
L’imagin tua, ch’ogni altra mano scorna
E muove invidia a quei begli occhi ameni,

Man cara, man soave, mano eguale
A neve e avorio, man, con che disserra
Amor suo arco e suo dorato strale,

Man, che l’acerbe piaghe che ’l cor serra
Mitighi e addolci, e sei di forza tale
Che sola mi puoi dar e pace e guerra.

17

Ahi perché non correggi
L’empia mia donna, Amor, di te rubella,
Che fa nel regno tuo sì dure leggi ?
Questa nostra nemica altera e bella
Dubbiosa ed iniquissima mercede
Spesso propone al mio servir con fede,
E dice: "Amico, eleggi,
O senza speme sospirar mai sempre
Ed essermi più caro,
O per gioir un dì, non sperar mai
Di trar tutto il tuo tempo altro che guai".
E tu comporti, Amore,
Che meschi nel tuo mel cotanto amaro
E le dolcezze tue così distempre ?
Ma s’ancor vive in te qualche valore,
Sciegli fra molte a prova una saetta
E fa’ del danno mio giusta vendetta.

18

Terreno Giove, a cui l’alto governo
Ha posto in mano il Re de l’universo,
E commesso del ciel ambe le chiavi
Per alzar l’almo ufficio a quanta puote
Gloria maggiore e chiaro pregio eterno,
E mutando in tranquillo il tempo adverso
A le piaghe d’Italia acerbe e gravi
Medico dar che risanar la possa,
E col primo valor più larga dote
Tornar d’antichi onori
Che d’opre elette il secol nostro infiori,
Io parlo a voi, che rallegrata e scossa
Di lunga doglia nostra vita avete
E la paura d’ogni mal rimossa,
Poi che sete poggiato a quella altezza
Che voi fate maggior, la cui grandezza
Non è minor del mondo che reggete;
E prego sostenete
Che le molte speranze e l’allegrezza,
C’ha di voi preso ognuno a parte a parte,
Qual io mi sia, ragioni in queste carte.

Come dopo sonante atra tempesta,
Tosto che ’l sol si scopre e cessa il vento
Ch’avea commosso mar largo e profondo,
La gente afflitta ad adorar s’atterra
E fa di sua salute insieme festa,
Dipinta il volto ancor d’umil spavento,
Così dapoi che si racheta il mondo
Al romor sol di così gran novella,
Ch’era turbato e pien d’odio e di guerra,
Per tutto omai si gode
E ciascun lieto a Dio ne rende lode,
Uscito fuor di così ria procella.
Io che d’ogn’altro ho via maggior diletto
Lo vo mostrando in atto ed in favella,
Che ’l gran piacer, che a dir di ciò m’invoglia,
Fa senza voce risonar la voglia,
Traendo a forza in fin di mezzo il petto
Or uno or altro detto.
E perché maggior frutti anco sen coglia,
E la mia gioia d’ogni parte versi,
Legan se stesse le parole in versi.

Tutto il nostro felice almo paese,
Quantunque l’Alpi e ’l mar cingono intorno
E parte il re d’i monti alto Appennino,
D’elci e di faggi il petto orrido e ’l volto,
Poi ch’è stato ver lui tanto cortese
Che fatto l’ha di voi ricco ed adorno,
Stanco de i strazii il suo forte destino,
Più d’ogn’altro umilmente il ciel ringrazia,
Che ’l suo lungo travaglio ha in pace vòlto,
Sì lieto che non sente
La pena onde gran tempo è sì dolente
O l’empie man d’alcun ch’ancor lo strazia,
Né molto andrà de le sue spoglie altero.
E prega e spera apo cotanta grazia
Che ’l commune disnor sproni ed incenda
L’animo vostro, e sdegno tal ne prenda
Ch’a l’Oriente omai volga il pensiero
Per ricovrar l’impero,
Sì che ’l nome di Cristo si difenda,
Ed a quel popol timido e fugace,
Con breve guerra, acquisti eterna pace.

Dunque pien de l’ardir c’ha sì infiammati
Gli animi a guerra ed inondar più volte
Fatto di sangue i nostri dolci campi,
Or tien l’onor del vostro ufficio a bada,
Lo stuol movete de’ diversi armati,
Sì che le fiamme e quinci e quindi accolte
Faccian l’incendio onde Babel avampi.
Che pur dianzi una parte da se stessa
Solea aver per voi cinta la spada,
L’altra convien che inchine
L’animo a voi dopo molte ruine,
Che d’ogni sdegno suo la cagion cessa,
E sol manca a fornir sì dura lite
Che vostra voglia a lor si mostri espressa.
Roma, che a ciò sol mira e non è cosa
Che non speri da voi lieta e gioiosa,
Co i primi preghi suoi par che vi invite
Ad opre alte e gradite,
E di inimica a Dio gente ritrosa
Attenda sol trionfi il Tebro, e brama
Dar parte ad Arno ancor de la sua fama.

Da l’altra parte le diverse genti
Che vede il mar dove entra la Danoia,
L’Eufrate e ’l Nilo, e quel gran vecchio stanco
Che fa colonna al ciel de le sue membra,
Treman già tutte, e d’ira ed odio ardenti
Fanno a sé danno assai sovente e noia
Co i proprii ferri, onde a se stesse il fianco,
A voi d’eterna fama apron la via.
E non fu mai, per quant’uom si rimembra,
Più laude e men fatica
A trar da lor la nostra gloria antica,
E ’n stato por la prima monarchia
Portando ovunque il sol scalda la ’nsegna
Del figliuol glorioso di Maria,
Come or per indrizzar l’imperio umano
Ch’al maggior uopo il fren pigliaste in mano,
E far come a voi sol par si convegna
L’impresa altera e degna,
E ’l mondo ritornar libero e sano,
Qual è sì ’nfermo e d’ogni parte oppresso,
Non altrui seguitando che voi stesso.

Sopra cotante e sì diverse prove,
Note a ciascun, del vostro almo valore
Nostre speranze son fondate e salde,
Che certezza di sé ferma ne danno.
Quel petto che fortuna unqua non move
E dove regna sol disio d’onore,
Ch’a bell’opre lo ’nfiammi non pur scalde,

E l’animo ch’odiar viltate suole
Più che la morte e non curar affanno,
Di virtù vero amante,
Con l’altre sue eccellenze altere e sante
Ove son basse tutte le parole,
Son de’ nostri desir chiari ed onesti
E d’ogni ben prime radici e sole.
Re de le stelle immenso, e tu divina
Madre del tuo Fattor, sacra Reina,
Che sempre in cor nostra salute avesti,
Lasciate almen che questi
Sostegna il secol già posto in ruina.
Vostro desio d’ornarvi il ciel sì tempre,
Che non abbiam ognun a piagner sempre.

Canzon, se sopra il Vaticano andrai,
Ove alberga il Pastor del grande ovile,
Gente molta e devota ivi vedrai
Adorar un signor cortese e pio;
Basciali umil i piedi e digli ch’io
Vorrei la gloria sua da Battro a Tile
Portar con altro stile,
Se ’l valor fosse tal qual è il desio;
Pur se nol sprezza, ch’al suo nome sacro
La voce, e i versi miei purgo e consacro.

Giovanni Muzzarelli
Da: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (a cura di Lodovico Domenichi - Giolito 1545)

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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