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Lo specchio di una crisi di legittimitą: un governo eletto con una legge porcata contro chi reclama autodeterminazione

Post n°4966 pubblicato il 18 Luglio 2011 da cile54

Genova-Chiomonte: il filo che le lega è la democrazia

 

Il ricordo del G8 di Genova si è fatto presente il 3 luglio scorso davanti alla centrale elettrica di Chiomonte, in uno scontro dalle dinamiche sono chiare: un gruppo di persone voleva invadere un territorio presidiato dichiarato "zona rossa", mentre un altro gruppo voleva rispettare gli ordini ricevuti più o meno legittimamente e tenere gli "invasori" a distanza, disperdendoli con lacrimogeni e idranti. Ma le similitudini con gli scontri di Genova del 2001 attorno alla "Zona rossa" finiscono qui.

A Genova sono state lanciate molotov, alla centrale di Chiomonte non ne ho viste, e men che meno ho visto lanciare le "biglie, tondini di ferro, pietre, bottiglie piene di ammoniaca e bombe carta imbottite di bulloni" menzionati nei comunicati digos. Magari li avranno lanciati altrove. So solo che allo sbarramento della centrale elettrica non ho visto lanciare nessuno di questi oggetti. Soltanto le pietre raccolte sul greto del fiume.

A Genova sono state distrutte macchine più o meno di lusso, bancomat e altri "simboli del capitale", a Chiomonte, per quanto ne so, le uniche cose danneggiate sono state le barriere difensive e non ho visto nemmeno una scritta con lo spray sui muri, neppure una cartaccia gettata per terra.

Mentre a Genova i gruppi pacifici sono stati distanti anche fisicamente dalla protesta violenta, nei prati di Chiomonte "dietro i black bloc" c'era un popolo fatto di anziani, cittadini indignati, e "normalissimi" attivisti, quelli che ci fanno tanto comodo quando lavorano gratis nelle ambulanze e nelle associazioni, e che qualcuno vorrebbe etichettare come "facinorosi" quando pretendono di ragionare sulle politiche di sviluppo del loro territorio. Da Genova a Susa il «salto di qualità" della protesta è stato in positivo, e l'autorità morale per condannare i lanci di sassi non ce l'hanno di certo i politici che hanno lanciato bombe su Afghanistan e Iraq. Semmai dovrebbe essere lo stesso fronte della protesta a fare autocritica, per chiedersi che cosa ha attirato a Susa decine di migliaia di persone non residenti, ma comunque solidali con la popolazione. E non sono state le sassaiole. Lo scontro di Chiomonte è lo specchio di una crisi di legittimità: da una parte c'è un governo eletto con una legge porcata e un parlamento cooptato dalle segreterie di partito che si proclamano legittimi esecutori della volontà popolare. Dall'altra c'è un popolo che considera legittimo esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione e illegittimo qualunque potere che voglia impedire alla valle di decidere da sola il proprio destino.Di fronte a questa crisi di legittimità del potere politico, stavolta non solo le teste più calde dei movimenti ma anche molta gente comune abbia messo in discussione uno dei principi su cui si basa la convivenza civile: il monopolio dell'uso della forza riconosciuto alle forze di polizia. Sono in molti a pensare che chi agisce per il recupero di quei territori a beneficio di tutti abbia una legittimazione popolare maggiore di quella che si dovrebbe riconoscere a chi difende militarmente terre occupate su ordine del governo, per tutelare gli

interessi delle imprese legate alla Tav.

Chi ha fatto considerazioni simili, augurandosi che i territori fossero liberati dai presidi polizieschi, va espulso d'ufficio dalla lista delle persone perbene? Così facendo non diminuiranno di certo le tensioni sociali. Chi dovrebbe intervenire responsabilmente per risolvere questo conflitto? Un gruppo di ragazzi incazzati per una situazione che vivono come un abuso? Oppure i politici che potrebbero far cessare d'incanto gli scontri semplicemente appoggiando un referendum consultivo per sottomettersi alla volontà del popolo sovrano, oppure inventandosi modi più onesti, utili e ragionevoli di utilizzare il denaro pubblico e i fondi europei?

Quello che viene descritto come un problema di ordine pubblico locale, è il problema collettivo di una democrazia in crisi. E un altro filo rosso che unisce Genova a Chiomonte è l'assenza irresponsabile della dirigenza Pd, che prende le distanze dai cittadini della Val Susa e li abbandona al proprio destino in nome della "responsabilità politica". Proprio come fecero irresponsabilmente i Ds nel 2001, ritirando la loro adesione alla manifestazione del 21 luglio. Il fronte "nemico" più caldo in questo conflitto non sono le barricate riempite di uomini in divisa, ma i partiti di opposizione vera o presunta, che proprio nei prossimi giorni voteranno il programma di governo del comune di Torino per i prossimi anni. Il rischio è che Fassino, dopo aver preso i voti dei No-Tav, riesca a trascinare anche la sinistra vendoliana e dipietrista in un programma favorevole alle grandi Opere. Ma poi non lamentiamoci se le piazze diventeranno più rabbiose.

 

Carlo Gubitosa

16/07/2011

da "Lo spirito di Genova" inserto di Liberazione

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Roma, 12 maggio 1977

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