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"Dico alla donna Marcegaglia e ancora di pił alla donna Camusso". Lettera a Liberazione da una lavoratrice di Senigallia
Post n°5112 pubblicato il 25 Agosto 2011 da cile54
In piedi per otto ore, tra vapore e trielina
Cara "Liberazione", sono una signora di 59 anni. Lavoro in lavanderia da 38 anni e speravo di andare in pensione, finestra compresa, a 61 anni. Ultimamente ho sostenuto un intervento abbastanza complesso alla mano destra, mano che mi occorre per poter stirare, e dovrò sicuramente operare l'altra mano per gli stessi problemi. Il governo con questo ultima manovra sta pensando di farmi - e fare lavorare le donne - fino a 65 anni. Come si fa a fare lavorare tutti, uomini e donne, fino a quella età? Ancora di più, penso alle donne che, finita la giornata lavorativa, ricominciano con il secondo lavoro, cioè mandare avanti la famiglia e la casa con i lavori domestici, il che non è meno faticoso. Dico alla donna Marcegaglia e ancora di più alla donna Camusso di vergognarsi a pretendere una cosa del genere. Sicuramente loro non sanno cosa vuole dire fare due lavori, poiché quando rientrano in casa trovano tutto già pronto. Chiedo loro di mettersi una mano sulla coscienza, se ce l'hanno, e di sanare il famigerato debito pubblico prelevando il denaro dai ricchi banchieri, che hanno incamerato soltanto ricchezze senza aiutare la società del lavoro; anche i parlamentari hanno cavalcato le varie realtà e i liberi professionisti. Questi sono la rovina dell'Italia e non i lavoratori che già pagano troppo. Io e le altre lavoratrici dovremmo andare in pensione quando ci sentiamo stanche dopo anni e anni di lavoro, e non quando lo dice la loro legge. Essere stanca vuol dire essere stata e stare tutt'ora, a 59 anni, in piedi per otto ore tra il vapore della pressa e il tanfo della trielina e, in estate, il caldo atroce che ti distrugge. Invito tutte le donne a scrivere e a protestare.
Anna Maria Senigallia (An) 24/08/2011 |
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Roma, 12 maggio 1977
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