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« Che tipo di società sarà...Ammalata di cancro dopo ... »

Uno stress attivo oggi è sempre più indispensabile non morire di incapacità decisionali. Un'analisi ai margini della realtà?

Post n°5135 pubblicato il 30 Agosto 2011 da cile54
Foto di cile54

Stress e mondo del lavoro nella societa' complessa  

 

Occorre interrogare anche la Psicologia, al riguardo, in quanto puntuale presenziatrice alla fusione del Tempo passato con il  Tempo attuale.

Quella psicologia testimone del rovesciamento di un potente Crono atemporale, che si impone sopprimendo vitalità all'autonomia dei propri figli ma che da essi è a sua volta soppresso, e di un infelice Saturno che per, essere  amato, deve aspettare che i suoi servi siano da lui serviti.

 

Capovolgimento ipostatico dell'ermeneutica delle cose del Mondo: ecco la Società Complessa.

Un Uno plotiniano che si smembra a dispetto della necessità del Vivere, che richiede Unità, al fine di offrire spazio, indefinito spazio, al Tutto Compreso, alle moltitudini delle diversità.

 

Ed ecco la domanda:

Come fa, ora, la psicologia,  scienza dell'Uomo nel tempo, ad occuparsi degli effetti che la società complessa comporta in sé?

E' richiesta una capacità adattiva / trasformativa non indifferente: essa stessa “stressata”, deve osservare e comprendere e reagire in modo nuovo ad un “tranquillo” fenomeno del vivere, lo stress, oggi connotato diversamente dalle conseguenze della liquidità e della complessità dell'attuale Società.

 

Occorre un cambio d'abito mentale epistemologico.

Il mondo del lavoro non è differente dal mondo della vita, perché ne è parte integrante e tutte le istanze coinvolte sono assoggettate al medesimo sforzo richiesto all'accoglimento del “nuovo”.

Per “nuovo” occorre intendere, dunque, un “nuovo” stress, un “nuovo” mondo del lavoro e un “nuovo” concetto di società.

 

Il mondo del lavoro è nuovo perché è codificato dalla società complessa, che  - a sua volta – è nuova perché risponde a criteri culturali, economici, politici e sociali che si evolvono contemporaneamente alla migrazione delle genti e dello loro esigenze e funzioni: ciò significa nuove modalità comportamentali in risposta a nuove ideologie.

Infatti, l'attuale mondo lavorativo chiede una flessibilità mentale che riveda e ricollochi nuovi  processi cognitivi ed emotivi, a loro volta in grado di sopportare stimoli differenti rispetto ad una precedente armonizzazione di tipo psico-socio-culturale.

E dunque, se è vero, com'è vero, che lo stress è un Giano bifronte capace di rendere attivi e passivi contemporaneamente, oggi è sempre più indispensabile non morire di incapacità decisionali, come dei poveri asini di Buridano, davanti ai nuovi stimoli stressanti.

 

Occorre, allora, una nuova ermeneutica dello stress, un nuovo modo di intenderlo e di interpretarlo.

In generale, lo stress comprime, rende “depressi”, come quasi si fosse “sottovuoto”; stanca, riduce la determinazione di volercela fare, toglie iniziativa ed inventiva perché sfiniti dalle richieste pressanti che derivano dal fatto, dal semplice fatto, di essere-nel-mondo.

Essere-nel mondo, in qualunque mondo, è, però, anche l'alternativa che toglie l'aporia del guardare una sola faccia, che sia quella del passato rispetto al futuro o quella della passività rispetto all'attività.

Quindi: uno stress attivo, una risposta attiva allo stress che indirizzi verso un'attività futura (conseguente, successiva) alla mortificazione della volontà e dell'azione.

Una parte attiva dello stress, quella combattiva che mette in moto la difesa di attacco e fuga dal pericolo, è già insita nella fisiologia del fenomeno ed è importante per modificare la situazione coinvolgendo la reattività funzionale.

 

Ma non è sufficiente; si resterebbe in un “fatto” naturale non più idoneo alle nuove richieste.

Nuove richieste che sono relative ad una flessibile “produttività” psicologica dei processi cognitivi ed emotivi.  E non solo.

Questo perché gli stimoli di una volta all'interno di una società non liquida e non complessa e all'interno di una realtà produttrice di lavoro erano differenti; erano più tranquilli, in quanto noti, conosciuti. Lo stress era legato all'ordine delle cose ma, attualmente, l'ordine delle cose è un  “altro-ordine-delle-cose”.

Occorre fare i conti con altre intelligenze, altri saperi, altre aspettative,  motivazioni, domande e  risposte; concetti come vicinanza e colleganza sono ribaltati dalla parziale caduta delle frontiere (ideologiche e concrete) e tutto è diventato un effettivo Tutto panteistico.

L'emotività deve fare i conti con la rivisitazione di altri concetti: l'invidia, la gelosia, l'impegno, la competitività, la solidarietà,  la gioia e la felicità, l'affetto devono trovare quote, cifre, quantitative e qualitative differenti alle quali abituarsi e alle quali rispondere con caratteristiche di personalità vecchie quanto il proprio mondo (interno ed esterno) che richiedono rinnovamento verso modalità di investimenti emotivi e richiedono inventiva per affrontare concetti che si traducono in altri modi di intraprendere ed affrontare la vita lavorativa.

Tuttavia, la capacità di adeguamento e adattamento psicologico deve comprendere anche una plasticità di riconversione della capacità d'apprendimento verso nuovi mestieri, mansioni e ruoli.

 

Cervelli e mani, alle prese con altri apprendimenti professionali in genere, devono sopportare una innovazione lavorativa obbligatoria dettata dalla medesima innovazione culturale della società complessa.

E' evidente, perciò, che lo stress, la “qualità” dello stress, si sia modificata rispetto alle problematiche del vivere una mansione lavorativa.

Infatti, per “stare” nel nuovo mondo del lavoro e nella nuova società occorre far ricorso a difese sia autoplastiche, intrinseche nella reazione attiva dello stress, che alloplastiche che tolgano responsabilità soggettive di tratti caratteriali e pongano le basi per un ricorso agli istituti psicologici di aiuto.

Se nel primo caso, per difendersi e reagire serve una quantità maggiore di energie pulsionali che vanno ricercate in se stessi attraverso la motivazione ad esserci con i propri bisogni e desideri e con la legittima speranza che siano soddisfatti ed esauditi, nel secondo caso – quello delle difese esterne, alloplastiche, al contrario, servono strutture sociali in grado di garantire la sopportabilità psicologica degli eventi stressanti.

Ecco, di conseguenza, la nascita e l'attuazione di disposizioni come lo studio, la rilevazione e il controllo dello stress lavoro correlato e l'istituzionalizzazione interna al luogo di lavoro di figure professionali – psicologi e counsellor – che aiutino nel processo di comprensione, prima, e di adattamento, poi, verso il dispiegamento e l'incanalamento  delle energie utili a sopportare e a fronteggiare e che accompagnino, siano accanto, alla declinazione concreta dell'esperienza dello stress.

 

La psicologia ha, dunque, le sue parole e i suoi fatti per spiegare il fenomeno delle stress nella società complessa, ma, naturalmente, l'interpretazione intellettuale richiama ed interroga anche altre istanze, come ad esempio, tra le altre, quelle che vanno dall'etica all'estetica del vivere, ma questo è, appunto, un altro discorso.

 

Grazia Aloi

21-Ago-11

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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