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« Finalmente è caduta la m...Il gruppo "Contiamoci pe... »

I cinque milioni di migranti residenti in Italia pesano solo per il due per cento sulla spesa farmaceutica globale.

Post n°5388 pubblicato il 21 Ottobre 2011 da cile54

Niente pillole siamo migranti

  

Lavoratori infaticabili e in buona salute, i migranti che vivono in Italia farebbero la felicità di qualsiasi ministro dell’Economia (e della Sanità) del pianeta. Producono l’11,1 per cento della ricchezza nazionale, pur essendo solo il 7,2 per cento dei cittadini residenti, e incidono solo per il due per cento sulla spesa farmacologica globale. Sono i risultati più significativi emersi dal 32esimo congresso nazionale della Sifo (Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie) che si è chiuso ieri a Firenze. «Il farmaco - ha spiegato la presidente Sifo Laura Fabrizio - può essere un tracciante dello stato di salute delle persone». Attraverso questo particolare filtro si riesce infatti a inquadrare da un’angolazione poco esplorata la spesa che più incide sulle nostre imposte, prosciugando mediamente l’80 per cento delle risorse nei bilanci regionali (oltre 100 miliardi l’anno).

 

 Gli esperti riuniti nel capoluogo toscano, elaborando i dati dell’Osservatorio sulla prescrizione farmaceutica della popolazione immigrata, hanno calcolato che circa il 15 per cento degli “italiani” riceve più di dieci farmaci nel corso di un anno. Mentre il 50 per cento degli immigrati solamente uno. Sul consumo farmaceutico incide soprattutto la cura di malattie cardiovascolari, pertanto la ragione principale di una differenza così notevole va ricercata nella giovane età media dei migranti residenti, che non supera i 36 anni. I medici della Sifo hanno quindi evidenziato l’importanza di monitorare al meglio questo fenomeno per far emergere dal confronto con i dati epidemiologici, i bisogni inevasi. Anche alla luce delle differenze nei livelli e nell’organizzazione dell’assistenza sanitaria delle Regioni coinvolte. Ma non è solo una questione di soldi. «Gli studi finora condotti - conclude Laura Fabrizio - hanno utilizzato le schede di dimissione ospedaliera.

 

 Poco è stato fatto con le prescrizioni farmaceutiche. Probabilmente perché la molteplicità di attori coinvolti, la frammentazione dei percorsi assistenziali dovuta anche all’elevata mobilità della migrazione e la frequente mancanza di un regolare permesso di soggiorno rendono difficile seguire nel tempo il grado di accesso alle cure. Va inoltre sottolineato che la differenziazione delle politiche regionali sul farmaco ha creato disuguaglianze tra cittadini italiani ma ancor più tra gli immigrati, nei livelli di assistenza e continuità delle terapie». Secondo l’esperta è pertanto «necessario implementare le politiche di inclusione sanitaria, adottate dall’Italia sin dal 1995, che garantiscono a tutti, immigrati regolari e non, la tutela della salute».

Federico Tulli

20/10/2011

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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