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Il gruppo "Contiamoci per contare" segue direttamente, come tante altre realtà associative della società civile

Post n°5389 pubblicato il 21 Ottobre 2011 da cile54
Foto di cile54

Mobbing: On line sì ma la lotta è in piazza

 

C'è chi per ingiustizia, violenza o a causa del mobbing si ritrova a dover combattere da solo. A cercare e a inventarsi strumenti di salvezza per sopravvivere a soprusi e a una quotidianità che lacera e mette a dura prova la vita della persona. La donna in questione è Caterina Ferraro Pelle, impegnata nella pubblica amministrazione come dirigente dal 1982, la più giovane dirigente d'Italia e da diversi anni protagonista di una vicenda tanto vergognosa quanto disprezzabile. L'autrice di "Mobbing, storia di una donna che non si arrende" (Memori editore) fissa su carta la sua dura esperienza: è una dirigente che non può svolgere il proprio lavoro, subisce regolari prepotenze, continui trasferimenti. Poi la Pelle sceglie di non diventare vittima di una condizione così incresciosa. Pubblica il libero e attiva su facebook un gruppo: "Mobbing, contiamoci per contare", con la presenza di 173 persone.

Il gruppo, che non è il solo presente in rete, non è ancora un movimento, gli iscritti provengono da esperienze professionali e umane molto diversificate.

«Credo che il diritto al lavoro sia sacro, inviolabile - dichiara a Liberazione - come inviolabile dovrebbe essere il diritto a lavorare in ambienti sani, nei quali sia garantito e monitorato il livello di benessere previsto dalle leggi. Questo aspetto, come sappiamo dalle stime sugli infortuni sul lavoro, sembra ancora troppo trascurato. Non può essere neppure tollerato il precariato». Il gruppo "Contiamoci per contare" segue direttamente, come tante altre realtà associative della società civile, l'ìter della legge sul mobbing, ferma nelle commissioni parlamentari. E' anche per questo che sta pensando di organizzare un evento nazionale, quasi sicuramente una assemblea.

«Nel nostro gruppo abbiamo vinto, tra le tante della nostra era, una grande paura: quella di denunciare situazioni di degrado umano, nella convinzione che si possa, unendo le forze, raggiungere l'obiettivo comune di riconquistare la dignità estirpata. Molti sono stati licenziati, alcuni hanno tentato il suicidio. Si parla di questioni sottovalutate se non ignorate dall'opinione pubblica, ma c'è chi ha perso casa, famiglia, tutto insomma, non solo la dignità».

Perché la scelta di costruire un gruppo su Facebook? «Il giovamento è anzitutto nella condivisione della sofferenza - risponde Caterina Ferraro Pelle -. Il mobbing è una piaga sociale che colpisce di solito i più ligi, gli onesti, coloro i quali cercano di comportarsi in modo coscienzioso in un mondo in cui il malaffare domina. Nel nostro gruppo le informazioni sono fondamentali. Ci teniamo aggiornati su ogni aspetto normativo, ci scambiamo di continuo risultati di esperienze nei centri specializzati, ci sosteniamo a vicenda anche sulle vicende familiari. Il limite e l'opportunità nel nostro caso coincidono: il social network è una piazza virtuale, accessibile anche a chi stia a casa per patologie derivanti dal mobbing».

 

Isabella Borghese 

20/10/2011

da LOTTE inserto di Liberazione

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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