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« La tragedia di Genova e ...L’obiettivo è informare ... »

Tra catastrofi innaturali e catastrofi di governo va in scena l'osceno teatrino della successione berlusconiana

Post n°5479 pubblicato il 06 Novembre 2011 da cile54

La lunga notte di Genova e di Roma

 

La piccola Italia degli orrori: un nubifragio sulla mia Liguria devasta Genova e, nello stesso tempo, Berlusconi all’Europa esterna il suo falso ottimismo sugli effetti di una crisi che non esisterebbe, visto che i ristoranti sono sempre pieni di gente… Chi fa finta di non vedere la crisi oggi è uguale a chi fa finta di non accorgersi della devastazione del territorio dove nel corso dei decenni si è sempre più costruito a valle, a ridosso delle foci dei fiumi e dei torrenti e si sono ristretti i letti di scorrimenti dei medesimi.

 La natura fa sua una nemesi che diventa monito e raccolta di esempio per il futuro. Ma ormai il cemento ha inghiottito un po’ tutto e quando qualche voce si alza in nome dell’ambiente si viene immediatamente tacciati di essere nemici del progresso e dello sviluppo sociale. Il torrente Bisagno non è il Po e nemmeno l’Adda. E’ un grande torrente reso piccolo piccolo da cantieri di lavoro che stazionano nel suo letto da anni ed è evidente che quando il livello di un suo affluente cresce di ben tre metri e mezzo nel giro di un quarto d’ora, questa massa d’acqua cerca la sua naturale via di fuga verso il mare. E’ qui che incontra i quartieri di Genova e li allaga, li devasta e fa le vittime.

 Ma l’acqua ha colpa delle morti di sei persone quanto gli operai di Mirafiori hanno la colpa della crisi economica. C’è tutto un sistema di corruttele morali, singole e collettive, che ha fatto degenerare nel corso del tempo quello che veniva definito il “pubblico interesse”.

 La corsa al profitto da parte di grandi, medi e piccoli speculatori è stata tanto più crudele e spietata, priva di qualunque scrupolo quanto ha cercato di mostrare di sé l’immagine del buonismo e dell’ottimismo, mettendosi la maschera del miglioramento delle condizioni di vita di tutti. Già trent’anni fa Rino Gaetano, in una bellissima canzone intitolata “Fabbricando case”, metteva a nudo questo perverso gioco al massacro del territorio e lo snobismo della borghesia imprenditoriale che non poteva essere messa sotto critica o accusa visto che agli occhi della gente veniva mostrata come la benefattrice del popolo.

 La stessa cosa è avvenuta con l’imbonimento cialtronesco e straccione che gli uffici di comunicazione delle aziende del presidente del consiglio hanno messo in pratica giorno per giorno, diluendo la capacità critica di ciascuno di noi e finendo per impoverire lo stesso spirito di osservazione sulle cose che più ci erano vicine.

 Salvatori della patria da un lato e salvatori del popolo dall’altro: ruoli interscambiabili, missioni uguali. Determinare le condizioni migliori per sfruttare i lavoratori e le lavoratrici nelle fabbriche e non solo; determinare le condizioni migliori per truccare appalti, definire la quotazione tangentizia in quel momento sul mercato dei favori per ottenere questo o quel cantiere attraverso cui far salire dalle fondamenta una bella speculazione edilizia.

 Alla fine tutto si lega, ci compenetra, si comprende e si evidenzia in un tragico gioco delle beffarde parti di questi attori da mezza tacca e da quattro soldi che hanno vissuto le loro vite alle spalle di tanta povera gente e che oggi fingono di piangere calde lacrime per chi è stato portato via dalla furia della acque. Maledicono la pioggia e maledicono i sindacati che resistono alle pressioni del rinnovamento antioperaio di Marchionne.

 E mentre tutto questo avviene, il capo del governo, con una ormai ex maggioranza parlamentare, si permette di minimizzare il turbine della crisi economica, ridicolizzando una situazione di emergenza sociale che dovrebbe spingere alla rivolta popolare.

 Forse era meglio una barzelletta, caro Berlusconi, che questa avvilente presa in giro sui ristoranti colmi di clienti. Cala il sipario sul peggiore governo della Repubblica Italiana. Ma sia a Genova che a Roma, come avrebbe detto malinconicamente Eduardo… “Ha da passà ‘a nuttata…”.

 

Marco Sferini 

la Sinistra quotidiana

5 novembre, 2011

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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