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“Con la cannabis sto bene. E dico sì al Dat” disposizioni anticipate di trattamento"

Post n°5883 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da cile54

Andrea, malato di sclerosi

 

Foggia – “IL MIO CORPO ha un solo proprietario: me stesso”. Andrea Trisciuoglio è un combattente. La sua lotta va avanti da anni. Da un lato, contro la sclerosi multipla, contro le sue ricadute, contro i dolori lancinanti che ne impediscono i movimenti. Dall’altro per la realizzazione di tutta una serie di “conquiste di civiltà” utili per rendere la malattia meno dolorosa.

 

La malattia. Andrea ha 33 anni, una moglie, Anna, che gli è accanto, un figlio. Ha una stampella, una sola, nella mano destra. E un’esistenza assolutamente tenace. Portavoce provinciale dell’Associazione Luca Coscioni, sodalizio che si batte per la libertà di ricerca scientifica, cellule staminali, clonazione terapeutica e diritti dei malati, iscritto radicale da oltre un decennio, racconta a Stato la sua storia, le sue battaglie, gli orizzonti politici plausibili. Del giorno in cui tutto il mondo gli è crollato addosso. “La diagnosi mi fu comunicata il 20 febbraio 2006″. Per la galassia radicale – e non solo – una data simbolo. Quello stesso giorno infatti moriva a Orvieto Luca Coscioni. Quello di Triscuioglio, dunque, come un destino che andava a compiersi, la chiusura del cerchio. Lui, tra i fondatori nazionali dell’associazione del docente e ricercatore universitario morto a causa di una sclerosi laterale amiotrofica, scopre la malattia nello stesso giorno dell’uomo nel cui nome si è sempre battuto.

 

Cura e cure. Il corpo di Andrea patisce il colpo. La sclerosi è una malattia che lascia poco scampo. E’neurodegenerativa, in effetti corrosiva, rallenta (o inibisce del tutto) i neuroni annientando la mielina, la guaina che riveste parte del corpo dei neuroni stessi permettendo la trasmissione rapida e integra degli impulsi nervosi. Combatterla per sconfiggerla è impossibile. Le cure e le terapie sono per lo più volte a sedare il dolore o ad attenuare il quadro sintomatologico. Spesso sono aggressive almeno quanto la malattia stessa. “Per diverso tempo mi fu riservata una cura con farmaci chemioterapici”, racconta Andrea. Flebo dolorose e inutili. “Non traevo beneficio fisico. Ben lungi dallo stare meglio, finivo per star peggio”. Come se non bastasse, poi, queste terapie erano molto costose. Secondo il portavoce foggiano della Coscioni, che fa una stima grossolana, “ogni flebo costava all’Asl all’incirca 3000 euro”.

 

Canapa e cannabis. Il primo approccio alla cura alternativa avviene grazie al web. “Spulciando in internet, informandomi e studiando anche la situazione degli altri paesi europei, mi imbattei sempre più spesso in cure a base di canapa o cannabis”. Costi minori, effetti collaterali quasi nulli, miglioramenti certi. “Per fortuna decisi di provare”. Era il 2008 e per Trisciuoglio, da quel momento, si apre una nuova fase della sua vita. Si riduce il dolore, il corpo sta meglio. Lui stesso (che l’inizia ad assumere gratuitamente in regime di day hospital come previsto dall’art. 5 del D.M. del 18 febbraio 1997) riscontra sensibili miglioramenti anche nella deambulazione grazie all’effetto rilassante della medicina. “La sclerosi rende rigido il corpo, impedisce la deambulazione incidendo sulla muscolatura.

 

E’ grazie ai medicinali a base di cannabis, che consentono un maggiore rilassamento degli arti, che oggi posso fare molto più di quello che una cura diversa mi consentirebbe”. A partire dal 2010, un passo in avanti importante l’ha fatto la Regione Puglia, allorquando decide di deliberare a favore dell’utilizzo della canapa a fini terapeutici.

 

Resistenze. Il problema è che, attorno all’argomento, v’è una nube di poca consapevolezza. S’immagina fumatori da concerti reggae, senza sapere che, al contrario, gli usi sono diversi. Trisciuoglio racconta che “ne faccio tisane, la uso nel burro”. Poi c’è la vaporizzazione. Le resistenze sono tante. In primis, “quelle Vaticane”. La cannabis non piace e “non si capisce il perché”. O, meglio, si capisce e si spiega alla luce dell’imposizione di “una ideologia che fa dell’esaltazione del dolore e del sacrificio il suo credo”. Trisciuoglio è netto. Motteggia a Stato, con un sorriso contagioso che “solo chi vive la condizione in prima persona può capire”. O, per usare un’espressione dell’associazione Luca Coscioni, il tragitto da percorrere è “dal corpo del malato al cuore della politica”. Una voce che invece resta inascoltata, quella del malato. Debole fra i deboli. “In una realtà che ci toglie tutto, chiediamo almeno la restituzione del nostro corpo”.

 

Testamento biologico. E riappropriazione del corpo significa, naturalmente, la battaglia delle battaglie, in qualche modo, dei radicali e della Coscioni: quella sul testamento biologico. O, meglio Dat (disposizioni anticipate di trattamento). Negli scorsi giorni, il consigliere comunale SeL,Leonardo De Santis, accogliendo la sfida lanciata dall’Associazione Maria Teresa Di Lascia (sempre orbita radicale), ha lanciato la proposta d’istituzione del registro su Foggia. Domenica (22 gennaio) il gruppo sarà in piazza per sensibilizzare la cittadinanza. Trisciuglio non cede di un passo. La sfida è di quelle campali, da campo aperto e lance in mano. “Il corpo è mio e io decido della sua vita e della sua morte. E personalmente non ci tengo a subire tracheotomie, di fare da manichino vivo da accanimento terapeutico. Lo trovo molto più innaturale di una morte placida, della quale io stesso dispongo in stato di piena coscienza”. Ma Andrea sa che il tema è arroventato. L’Italia cristiana ha paura del Dat. A Foggia, tanto per rimanere in zona Daunia, la sola menzione della cosa ha mandato fuori dai gangheri un sacerdote, don Tonino Intiso, che ha redatto una missiva per lamentare la violazione dell’egemonia del divino sull’umano. “Lui – chiosa Triscuioglio – gioca tanto con le parole ed è bravo a farlo. Io, da malato, gli rispondo che non gli impedirò di scegliere la terapia ospedaliera. Ma sul suo corpo, non sul mio”.

 

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fonte: http://www.statoquotidiano.it

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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