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L’obesità riduce la qualità della vita e le capacità lavorative, inoltre è fattore di rischio per molte malattie croniche

Post n°5968 pubblicato il 12 Febbraio 2012 da cile54

TASSARE IL CIBO SPAZZATURA?

Il ministro della Salute ha allo studio una tassa sul cibo spazzatura. Misure di questo tipo riducono il consumo di bibite zuccherate, anche se gli effetti sui rischi di sovrappeso e obesità sono difficili da quantificare. Funzionano meglio se accompagnate da una pluralità di interventi da realizzare in primo luogo nelle scuole e con il coinvolgimento dei genitori. Il rischio è che la eventuale tassa sia utilizzata più per fare cassa che per promuovere comportamenti alimentari sani. E le strutture sanitarie dovrebbero dare il buon esempio. Il ministro della Salute ha dichiarato di avere allo studio l’introduzione di una tassa sul junk-food, il cosiddetto cibo-spazzatura, allo scopo di ridurre il rischio di sovrappeso e obesità. Interventi analoghi sono stati da poco adottati in Francia (la taxe soda sulle bevande gassate zuccherate, circa due centesimi di euro per lattina) e in Danimarca (la tassa sul cibo ricco di grassi saturi, come snack e merendine, di circa 2 euro per chilo). Negli Usa, molti stati applicano da tempo una tassa sulle bevande zuccherate dell’ordine del 3-5 per cento del prezzo. Si tratta di interventi capaci di ridurre il consumo dei prodotti tassati, ma con effetti complessivi di difficile valutazione. Le esperienze in corso vanno pertanto analizzate molto attentamente.

ALIMENTI “KILLER”: BEVANDE GASSATE E SNACK IPERCALORICI

A partire dal secondo dopoguerra, la tradizione e la cultura alimentare dei paesi industrializzati ha subito un profondo cambiamento: con la maggiore disponibilità di cibo, si è progressivamente diffuso il consumo di cibi pronti, spesso poveri di fibre e ricchi di grassi, ad alta densità calorica. Negli Usa, fino alla fine degli anni Novanta, fra i bambini dai 2 ai 18 anni, la principale fonte delle calorie provenienti dall’assunzione di bevande era il latte, mentre negli anni più recenti il maggior contributo è dato dalle bevande zuccherate. Numerosi studi longitudinali condotti sulla popolazione statunitense mostrano una chiara relazione positiva fra consumo di bevande zuccherate e peso corporeo, soprattutto fra i giovani (la relazione è messa in dubbio solo dagli studi sponsorizzati dall’industria delle bevande gassate). (1) È inoltre dimostrato che la causa principale dell’obesità sta nell’aumento dell’apporto calorico del cibo consumato. Analoghe considerazioni valgono per l’Italia, anche se il fenomeno è più recente. In particolare, allarmante è il dato sull’obesità infantile, per il quale da pochi anni l’Italia appare fra i paesi più colpiti: un bambino su tre ha problemi di sovrappeso, con picchi elevati nelle regioni del Sud. E un bambino obeso ha un rischio elevato di sviluppare malattie croniche in età adulta. Fra gli adulti il tasso di obesità è del 10,3 per cento, un valore ancora inferiore alla media dell’area Oecd, del 16,9 per cento, secondo l'International Association for the Study of Obesity. L’obesità sta quindi diventando un problema di salute pubblica. Oltre a ridurre la qualità della vita e la capacità lavorativa, rappresenta un fattore di rischio per molte malattie croniche, come ipertensione, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, il cui trattamento richiede un notevole impiego di risorse: si stima che l’obesità e le patologie associate incidano per il 4,6 per cento della spesa sanitaria nel Regno Unito e per il 6-10 per cento negli Usa. Un intervento pubblico è pertanto giustificato dalla necessità di correggere le esternalità e le carenze informative presenti nel mercato degli alimenti ipercalorici.

I PROGRAMMI DI CONTRASTO DELL’OBESITÀ

Gli interventi più diffusi sono la tassa sui prodotti ipercalorici e le iniziative volte a rendere più difficile l’accesso alle bevande gassate (a favore di succhi di frutta, bevande dietetiche e acqua). La soda tax stenta tuttavia a decollare, anche a causa dell’opposizione dei produttori di bevande ipercaloriche (negli Usa, la potente American Beverage Association raccoglie colossi come Coca Cola e Pepsi). C’è inoltre chi obbietta che la tassa potrebbe indurre gli individui a sostituire la bevanda tassata con altre bevande a basso prezzo, potenzialmente più dannose. Una importante obiezione attiene al carattere regressivo della tassa, dato il maggior consumo delle bevande ipercaloriche fra i ceti meno abbienti; ma il problema potrebbe essere affrontato destinando una parte del gettito del tributo a programmi di promozione della salute delle categorie più a rischio, moltiplicando in tal modo i benefici a favore dei più esposti.

LA TASSA SUL CIBO SPAZZATURA: QUALI EVIDENZE?

Numerosi studi stimano una elasticità della domanda di bibite ipercaloriche prossima all’unità: un aumento del prezzo del 10 per cento riduce i consumi dell’8-10 per cento; l’elasticità è più elevata fra i giovani, in particolare fra quelli in sovrappeso e appartenenti a famiglie non abbienti. La riduzione del consumo di bibite zuccherate produce a sua volta un calo dell’indice di massa corporea, soprattutto fra i giovani. L’effetto dipende dalla storia alimentare dei giovani, ovvero dai livelli di consumo nelle età infantili, da cui la necessità di politiche in grado di intervenire precocemente.

In breve, le esperienze internazionali indicano che una tassa riduce il consumo di bibite zuccherate, soprattutto fra le categorie più a rischio, anche se gli effetti sui rischi di sovrappeso e obesità sono di difficile quantificazione. Più promettente l’abbinamento con una pluralità di interventi, finanziati con il gettito della tassa, da realizzare in primo luogo nelle scuole, anche con il coinvolgimento dei genitori. Appare quindi cruciale la scelta della destinazione del gettito della (eventuale) tassa sul cibo-spazzatura. L’ipotesi avanzata dal ministro della Salute ha già innescato un acceso dibattito. Il Governo sembrerebbe intenzionato a finanziare investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie. Le Regioni potrebbero essere interessate a compensare parte dei tagli imposti dalle ultime manovre.

La Coldiretti ha già chiesto di sostenere la produzione di frutta e verdura. Il rischio è che la (eventuale) tassa sia utilizzata più per produrre gettito che per promuovere comportamenti alimentari sani. In tal senso sarebbe auspicabile, fra l’altro, l’avvio di un programma di promozione di una sana alimentazione all’interno delle strutture sanitarie, attraverso il miglioramento della ristorazione ospedaliera e la limitazione all’accesso a prodotti ipercalorici nei distributori e nei bar degli ospedali. Prima di ogni altro intervento, il servizio sanitario dovrebbe infatti mostrarsi capace di promuovere al proprio interno stili di consumo esemplari, a vantaggio dei propri assistiti e dei propri dipendenti. Un intervento che potrebbe trovare ampio favore presso l’opinione pubblica e contribuire a contrastare le inefficienze del mercato dei prodotti alimentari ipercalorici.

 

(1) Brownell, Farley, Willet, Popkin, Chaloupka, Thompson, Ludwing, The Public Health and Economic Benefit of Taxing Sugar-Sweetened Beverages, NEJM, 2009, www.nejm.org

(2) http://www.oecd-ilibrary.org/docserver/download/fulltext/8111101ec019.pdf?expires=1328031673&a mp;id=id&accname=guest&checksum=E9246685448E6F0B7DA593D64100A844

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