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« Guerre contro i popoli. ...Otto marzo, nessun augur... »

Il racconto del sociologo Marco Omizzolo e il video di Giordano Cossu, Saverio Paoletta e Harvinder diventerà un documentario

Post n°6077 pubblicato il 08 Marzo 2012 da cile54

Tra Roma e Latina, storie di ordinario sfruttamento per 30mila Sikh

“Nell’agro pontino esiste da anni una comunità numerosa e pacifica. Si tratta dei sikh, migranti provenienti dal Punjab. Sono impegnati prevalentemente in agricoltura come braccianti. Un lavoro durissimo per il quale guadagnano poche centinaia di euro al mese. Le loro condizioni di lavoro, a volte, rasentano la schiavitù”. Singh, IL VIDEO

Tra Roma e la provincia di Latina esiste da anni una comunità numerosa e pacifica, fatta di uomini con la barba e turbanti colorati, pugnali, templi sempre aperti dove è possibile essere accolti con cordialità da uomini pronti al dialogo. Si tratta dei sikh. Migranti provenienti dal Punjab, regione nord occidentale dell’India. Le cifre ufficiose parlano di circa trentamila presenze.
Generalmente salgono agli onori della cronaca per via delle loro coloratissime feste religiose che invadono le strade e i quartieri più etnici della capitale. Ma esiste anche un’altra realtà oltre a quella folcloristica.

Sono storie di ordinario sfruttamento a due passi da Roma, tra i Comuni di Fondi, Latina, Sabaudia, Anzio e Nettuno. I membri della comunità sikh laziale sono impegnati prevalentemente in agricoltura come braccianti. Un lavoro durissimo per il quale guadagnano poche centinaia di euro al mese. Si possono incontrare la mattina presto lungo le migliare pontine, su biciclette precarie, pronti per cominciare un’altra giornata in stalla o nel campo agricolo. Le loro condizioni di lavoro, a volte, rasentano la schiavitù. Sono obbligati all’ubbidienza da datori di lavoro che non di rado si fanno chiamare padroni. La piaga del caporalato, che per secoli ha colpito i contadini italiani, soprattutto nel meridione, pare replicarsi nelle campagne laziali con pari crudeltà. Alcuni braccianti sikh sono obbligati a tagliarsi la barba, simbolo religioso di grande importanza, solo perché essa infastidisce il padrone, il quale peraltro, li obbliga a volte a rivolgersi a lui facendo due passi indietro e guardando per terra. I racconti dei sikh sono da brividi. Se saltano uno o due giorni di lavoro perché malati, rischiano di perdere la paga del mese intero se non anche il licenziamento. Le loro buste paga raccontano di pochi giorni di lavoro al mese e di ritardi nei pagamenti anche di nove mesi. Capita inoltre che il giorno di paga, alcuni di loro vengano attesi sul ciglio della strada da ragazzi italiani che li aggrediscono per rubargli il salario faticosamente guadagnato.

A qualche sikh, sempre questa “bella gioventù italiana”, ha pensato bene di dare fuoco mentre dormiva su una panchina, per divertimento, per vedere l’effetto che fa. La Flai Cgil cerca di organizzare i lavoratori, li informa, li tutela per quanto possibile, mentre Legambiente denuncia da anni quanto accade nella nostre campagne. Storie che non sono di altri tempi e che meritano di essere raccontate. Storie di questo tempo e di questa Italia.

Marco Omizzolo

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Fonte: www.paesesera.it

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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