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Compro oro. La crisi porta a vendersi tutto ciò che si ha di più caro e gli sciacalli proliferano indisturbati.
Post n°6167 pubblicato il 29 Marzo 2012 da cile54
La disperazione dietro le vetrine anonime! Capita in quasi tutte le città italiane, piccoli capoluoghi e metropoli, in queste ultime, spesso nelle periferie. Laddove un tempo c’era un piccolo bar, un negozietto di alimentari o di artigianato, una pizzeria al taglio, per un mese o due si chiudono le serrande e all’improvviso appare grande e luminosa la scritta COMPRO ORO. Al ministero dell’interno cominciano a temere – meglio tardi che mai – che dietro queste lucrose attività trovino rifugio attività illecite legate alla criminalità organizzata. Secondo l’Eurispes, ma i dati sono già obsoleti, di attività di questo tipo ce ne sono 28 mila, sono quintuplicati negli ultimi anni per un giro di affari che supera i 3 miliardi di euro. Uno specchio della crisi, le banche restringono il credito e nascono queste forme di prestito informale, sul modello di quelli che un tempo erano i “banchi dei pegni” ma gestiti privatamente e in contesti assai opachi. Ci si vendono anzi si svendono i gioielli di famiglia ricevendo subito del contante. A questi negozi si è rivolto l’8,5% degli intervistati dall’Eurispes e questo mentre il prezzo del metallo giallo è schizzato oltre i 1700 dollari l’oncia. Il ministro Cancellieri, ammettendo che si tratta di un effetto della crisi per alcuni ceti sociali, ha chiesto di intensificare il controllo su queste attività in cui si potrebbero facilmente intrecciare il ruolo della criminalità organizzata, il sottobosco di usurai e ricettatori che prosperano in simili situazioni. I controlli, come ammesso dal ministro sono difficili per la scarsa tracciabilità dei flussi di denaro e l’assenza di un quadro normativo moderno. Basti pensare che controllando solo 3000 negozi si è giunti ad individuare 113 milioni di euro non dichiarati, Iva evasa per 36,5 milioni e 31 evasori totali. Un quadro inquietante insomma ma di cui il ministro dell’era Monti sembra cogliere solo l’aspetto repressivo. Ma non le passa per la testa di pensare cosa significhi per una famiglia privarsi di cose care, una fede nuziale, un ricordo di famiglia, la traccia luminosa di un passato migliore che si sognava di regalare ai figli, perché non si hanno i soldi per mangiare? Stefano Galieni 28 marzo 2012 www.controlacrisi.org |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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