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Free lance e precari, sfruttati e maltrattati, “reggono” il baraccone patinato degli editori delle "grandi" firme

Post n°6301 pubblicato il 30 Aprile 2012 da cile54

Il mondo virtuale del Festival del Giornalismo

  

Nel Festival internazionale del giornalismo in corso a Perugia, fino a domenica prossima, convivono due mondi: uno virtuale e uno reale. Accade, purtroppo, che il primo prenda il sopravvento, fino ad oscurarlo, sul secondo, in una manifestazione, pure non priva di pregi e con qualche merito nei confronti del centro storico della città, ma a sfondo commerciale (organizzato da un’impresa privata) che, in un programma denso di passerelle di bei nomi e grandi firme (o presunti tali), affastella moltissimi temi, alcuni anche di grande impegno e rilevanza, in una logica di consumo “spettacolare”, senza un ordine gerarchico e un approfondimento ragionato dei temi. Può così accadere che, alla fine dello spettacolo, emerga tutto e niente, si scambi per realtà prevalente una marginale o inesistente e manchi quel messaggio di allarme che dovrebbe lanciare, altissimo, un settore – cruciale per il presente e il futuro delle nostre società – in crisi di risorse, di identità, di democrazia.

 

Il mondo virtuale è quello della retorica sulla professione, l’obiettività, la deontologia, il “farsi da se”, le “opportunità” per i giovani, il mito del “successo” di loro stessi, che “grandi” commentatori e conduttori vengono a spiegare alle platee affascinate del pubblico. Quello reale è un mondo omologato e sostanzialmente asservito (con rare lodevoli eccezioni) alla cultura (economica, politica e istituzionale) dominante, fondato, dietro il romanticismo sui “valori” del mestiere e il fascinoso dibattito “sulle potenzialità e i rischi delle nuove tecnologie”, su un diffusissimo e largamente prevalente precariato e sfruttamento intellettuale dei giovani (e meno giovani) giornalisti.

 

Libertà dell’informazione? La prima libertà di chi lavora in questo campo dovrebbe essere con se stesso, col suo lavoro, con la sua azienda!; ebbene, in Italia ci sono circa 110mila iscritti all’albo dei giornalisti: di questi meno della metà, dai 40 ai 50mila “campano” effettivamente di questo mestiere, cioè lo esercitano come lavoro o come lavoro prevalente.

 

Ormai soltanto una minoranza di questi, tra l’altro sempre più tendente ad essere tale, circa 15 mila risulta, come si dice, “contrattualizzata”, cioè è assunta e presta la sua opera con regolare contratto sottoscritto su base nazionale dal sindacato di categoria e la controparte imprenditoriale, sia essa rappresentata da editori di giornali, di emettenti televisive private o che altro.

 

La maggioranza dei giornalisti è fatta di precari e free lance. In realtà i due termini andrebbero differenziati, perché per free lance si dovrebbero intendere “lavoratori autonomi” che, per libera scelta, preferiscono non legarsi ad un unico editore e “offrire” sul mercato i loro reportage. Ma questi ultimi sono pochi rispetto agli altri. Fatto è che free lance e precari (costoro “costretti” a dotarsi di partita iva o intrattenuti con le forme più varie e fantasiose di rapporti di impiego) “lavorano” e forniscono la maggior parte delle cronache che compaiono sui media, comprese le maggiori testate della carta stampata, delle radio, delle tv e dei notiziari web; il loro reddito medio annuo è di poco superiore ai 13mila euro; lavorano in condizioni di trattamento retributivo e normativo che, nel migliore dei casi, non rispetta e non rispecchia la tipologia professionale e la qualità della prestazione che offrono, ma il più delle volte i giornalisti “autonomi” sono costretti a soggiacere a rapporti di lavoro assolutamente umilianti in termini di livello di compensi (con retribuzioni di pochissimi euro a “pezzo”), insicurezza del lavoro, ricatti occupazionali, pressioni editoriali (altro che il “mobbing” di moda nei radical-salotti tv!), in un mondo dominato da grandi interessi e, specie quello dell’editoria “minore” e delle emittenti locali, popolato da finti imprenditori, speculatori e truffatori di ogni risma. Questa situazione ha spinto l’organizzazione dei precari facente capo al sindacato nazionale dei giornalisti (Fnsi), in collaborazione con quello umbro (Asu), a organizzare nei due giorni conclusivi del Festival, un “punto informativo” dei loro aderenti: sarà uno spicchio di realtà in più che affiancherà il programma del festival.

 

In queste condizioni non ci si può sorprendere se l’indipendenza e il pluralismo rimangono confinate nella condizione di pura retorica. Per di più oggi il mondo dell’informazione e quello del giornalismo sono prese nel vortice di una crisi gravissima. Restringimento e concentrazione del mercato pubblicitario, taglio ai fondi pubblici, nuove tecnologie e nuove forme di comunicazione e diffusione delle notizie compongono un mix micidiale alla radice di crisi sempre più diffuse di imprese editoriali (anche le più grandi) con conseguenze occupazionali molto gravi e pesanti, per le quali quella che una volta era, a torto o a ragione, considerata una professione “dorata” (e lo è rimasta per pochi), per un numero crescente di giornalisti “garantiti” sta assumendo i caratteri inediti dell’incertezza. E’ facile poi immaginare quale potrà essere (per tutti i giornalisti, contrattualizzati e precari) l’impatto della sedicente riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero che tende, per obiettivo dichiarato e realtà fattuale, ad accrescere tutti gli elementi di flessibilità e precarietà dei rapporti di lavoro.

 

Anche questo spiega l’altro dato della realtà e cioè l’impressionante subordinazione del mondo dei media alle idee che regolano e dominano oggi l’economia in Italia e in Europa. Per fortuna che ora la realtà comincia a farsi largo tra le bugie senza ritegno che sono state diffuse, ma per mesi è stato impossibile criticare il governo Monti, le sue politiche e quelle dei banchieri europei. E, comunque sia, ancora oggi e a dispetto del loro evidente fallimento, le politiche liberiste sono presentate come dogmi indiscutibili, quasi leggi della natura come il vento e la tempesta o il giorno e la notte. Siamo in questo campo alla vera e propria emergenza, quella che spinge un numero crescente di osservatori a dichiarare o quanto meno ad ammettere o pensare che “il liberismo è incompatibile con la democrazia”.

 

Su questo e di questo il Festival di Perugia ha riflettuto troppo poco, condizionato forse da esigenze di “cassetta”, cioè dalla presenza di quei grandi nomi o presunti tali, per la maggior parte dei quali il giornalismo continua ad essere una professione dorata.

 

Leonardo Caponi

29/4/2012 www.esserecomunisti.it

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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