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Riappropriazione delle spiagge per ripensare la gestione di un “bene comune” dal basso, in modo trasparente e partecipato

Post n°6594 pubblicato il 01 Luglio 2012 da cile54

Napoli. Spiagge: tra beni comuni e Bolkestein. Verso la mobilitazione del 7 luglio

 

Le spiagge sono un bene comune da difendere. Con questo slogan coordinamenti e comitati locali si stanno mobilitando sui territori per rivendicare un’altra spiaggia possibile: Una spiaggia pubblica, libera, gratuita e accessibile a tutti e tutte, contro il processo di privatizzazione selvaggia avvenuta negli anni grazie a vuoti normativi e pratiche clientelari delle concessioni demaniali.

 

Il “business” spiagge sta producendo, in molti luoghi d’Italia, una corsa all’accaparramento fino all’ultimo granello di sabbia, espropriando sempre di più la popolazione del diritto al mare e creando luoghi iper-mercificati, esclusivi e sempre più costosi.

 

Le mobilitazioni territoriali hanno dato voce al malcontento della popolazione che ha visto ridursi sempre di più gli spazi liberi, pubblici e gratuiti, rivendicando il diritto a riprendersi le proprie spiagge. Per questo le realtà organizzate hanno lanciato una data di mobilitazione congiunta per sabato 7 luglio. Sarà il primo tentativo di mettere in rete battaglie che non devono restare isolate né confinate a rivendicazioni localistiche rivolte esclusivamente agli enti locali. Questi ultimi, insieme alle Regioni svolgono tutte le funzioni amministrative in materia di demanio marittimo, quindi hanno la responsabilità della cattiva gestione dei litorali. Ma le “lobby” degli stabilimenti balneari non si limitano ad incidere solo sulle amministrazioni locali bensì pressano anche il governo e le autorità europee. Più volte, sia il governo Berlusconi che quello attuale hanno proposto di aumentare le concessioni di demanio marittimo agli stabilimenti balneari a novanta anni, contro gli attuali sei. In pratica, chi ha una concessione balneare può andare avanti a vita. Da concessionari (di demanio pubblico) diventerebbero veri e propri proprietari. Nel decreto sviluppo del 2011, l’allora ministro Tremonti, introdusse il “diritto di superficie” che significa la libertà di continuare a cementificare sulle nostre spiagge e, di fatto, privatizza tutto il patrimonio costiero espropriando la collettività di tale bene. Salvo la clamorosa retromarcia sul quel decreto, il pericolo di una continua e devastante privatizzazione nonché cementificazione delle spiagge è tutt’ora attuale anche in materia comunitaria. Nella famosa direttiva servizi, c.d. Bolkestein, rientra anche l’affidamento delle concessioni demaniali marittime. La logica neoliberista è sempre più pervasiva e allunga i sui tentacoli anche in questo settore aprendo uno scontro tra diverse lobby ed interessi: da una parte piccoli-medi imprenditori balneari che hanno goduto del vuoto normativo e che , spesso, in modo clientelare e non trasparente gestiscono le spiagge; dall’altro le grosse catene turistico-ricreative che rivendicano il diritto di libera concorrenza e che grazie alla direttiva Bolkestein potrebbero occupare tutto il litorale, anche con grossi complessi turistici proveniente dall’estero o con colossi finanziari, spazzando via i piccoli imprenditori. La guerra tra interessi lobbistici è cominciata tanto che i sindacati degli stabilimenti balneari qualche settimana fa si sono diretti a Bruxelles per audizione con i funzionari della Commissione europea. Chiunque dovesse vincere questo braccio di ferro, lo scenario che si apre sarebbe allo stesso modo inquietante perché non si tiene conto dei diritti e delle esigenze della popolazioni e del rispetto dell’ambiente.

 

Secondo il dossier del 2007 dell’Agenzia dell’Onu Unep (Programma Ambiente Mediterraneo delle Nazioni Unite) le coste italiane sono cementificate per il 60%-70% e in futuro la situazione potrebbe peggiorare. Questo non è uno sviluppo compatibile né dal punto di vista ambientale né dal punto di vista sociale. Al Sud spesso questo settore produce lavoro nero, sottopagato e degradato, contro gli alti profitti degli stabilimenti balneari. Ci si arricchisce su un bene della collettività senza alcuna prospettiva di redistribuzione sociale. La situazione è inaccettabile. E’ ora di riprendersi ciò che nostro. E’ ora di riprendersi le nostre spiagge.

 

La riappropriazione delle spiagge significa ripensare la gestione dei “beni comuni” dal basso, in modo trasparente e partecipato, restituendo alla cittadinanza il diritto di decidere! La gestione in modo “privatistico” dei beni della collettività ha portato all’attuale scempio e degrado! Ecco perché bisogna rilanciare un percorso nazionale che rivendichi la spiaggia come “bene comune” e discuta di un’altra gestione delle spiagge portando avanti una forte mobilitazione dal basso. La giornata del 7 luglio va in questa direzione ed in più ha come obiettivo lanciare un forum nazionale sulle spiagge beni comuni. Contro gli interessi di pochi dobbiamo contrapporre i diritti dell’intera collettività.

 

 

Alcune realtà che si stanno mobilitando: Una spiaggia per tutti (Napoli)

 Comitato spiagge beni comuni Area flegrea (Provincia di Napoli)

 Riprendiamoci le spaigge (Ostia)

 

Fabrizio Greco

28 Giugno 2012 www.italia.attac.org

 
 
 
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