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« La barbarie: gli operai ...Strutture del tutto inad... »

Un finale cosė la multinazionale statunitense Jabil probabilmente non se l'aspettava. Un esempio che la lotta dura paga

Post n°6725 pubblicato il 29 Luglio 2012 da cile54

I lavoratori Jabil fermano i tir del padrone

MILANO - Probabilmente i vertici dell'azienda pensavano di chiudere la giornata di ieri con un brindisi, dopo aver piegato la resistenza dei lavoratori che da oltre un anno si oppongono al loro subdolo tentativo di svuotare un sito, lasciando lo scheletro del fasto che fu (l'avanzatissimo polo tecnologico dell'est milanese e d'Italia), solo per la brama di profitto. E lasciando per strada oltre trecento dipendenti.

Ma una volta tanto il finale, seppur provvisorio, ha visto la vittoria dei buoni. Perché Jabil non ha fatto i conti con l'ostinata tenacia di chi, da un anno, vive la sua vita, 24 ore su 24, nel parcheggio davanti alla fabbrica, in un presidio costruito con le proprie mani, fatto di assi di legno, pareti ricoperte di articoli che parlano della loro vicenda, ma soprattutto di solidarietà tra simili, una volta si sarebbe detto «di classe». Che ieri mattina ha impedito che, una volta di più, i lavoratori subissero una nuova, pesante sconfitta. Erano passate da pochi minuti le cinque del mattino, era ancora buio, quando polizia e carabinieri si sono presentati davanti ai cancelli della Jabil, a Cassina de' Pecchi, per permettere ai camion della proprietà di entrare nella fabbrica e portare via macchinari e componentistica varia per trasferirli in altro luogo. La cosa avrebbe significato la fine della possibilità per gli operai di riuscire a riottenere il loro posto di lavoro perché, si sa, una fabbrica svuotata e un presidio operaio smantellato non avrebbero permesso nessuna vertenza, nessuna soluzione, nessun rispetto degli impegni presi. E questo solo tre giorni dopo un incontro tra rappresentanti dei lavoratori, la direzione di Nokia Siemens, proprietaria dell'area, e il ministero dello sviluppo economico che aveva prodotto l'impegno concreto a presentare, da parte del ministero, entro sei mesi, un progetto di sviluppo produttivo del sito, capace di riassorbire i 325 dipendenti licenziati in tronco dalla Jabil lo scorso dicembre. Un'operazione che, detto senza giri di parole, si chiama «carognata».

Ma che non è andata a buon fine, grazie alla resistenza operaia. Prima i lavoratori, insieme ai compagni arrivati da tutta la provincia per sostenere la loro lotta, si sono piazzati in maniera pacifica davanti ai cancelli, obbligando la polizia a spostarli di peso, non senza qualche momento di tensione. Poi, dopo che i tir erano ormai entrati nell'area, sono riusciti loro stessi a entrare, raggiungendo altri operai già nascosti all'interno della fabbrica, impedendo agli addetti mandati da Jabil di portare a termine il loro lavoro. Alla fine, poco dopo le otto, i due camion che nelle intenzioni della proprietà dovevano portare via macchinari e speranze dei lavoratori, se ne sono dovuti andare semivuoti. E le immagini più belle della giornata restano quella delle operaie (perché la presenza femminile è fondamentale per la lotta della Jabil) che tornano festeggiatissime al presidio dai loro compagni e quella di Luigi che, a muso duro, dice ai poliziotti bardatissimi che presidiano i cancelli: «Voi avrete le armi, ma con quelle potete spaccarmi la testa, non la mia dignità». Perché quella dei lavoratori Jabil è, prima di tutto, una lotta per la dignità del lavoro.

Alessandro Braga

28/7/2012 www.ilmanifesto.it

 
 
 
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