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L'elenco dei morti quotidiani sul lavoro sarà presto affiancato da quello dei suicidi per disoccupazione? In Italia è possibile!

Post n°7410 pubblicato il 14 Febbraio 2013 da cile54

Lavoro negato e suicidi agevolati

Altri due suicidi dopo l’addio alla vita di Giuseppe Burgarella, tragico atto accusatorio verso questo sistema politico-economico, senza tralasciare le responsabilità sindacali delle tre maggiori sigle che paiono sempre più le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. Ieri la notizia di altre due persone, una precaria che si è lanciata nel vuoto e una disoccupata che si è impiccata, due donne che hanno sputato in faccia a questa vita che non vale la pena di vivere. Un mal di vivere che trova epocali e drammatiche conferme nelle statistiche del disagio giovanile, ma anche di adulti di ogni età che si trovano senza strumenti propri e senza protezioni sociali a far fronte alla valanga di pesi materiali e paure psicologiche conseguenti al creparsi dei modelli sociali alla base della nostra civiltà costituzionale. I suicidi a causa di difficoltà economiche e di prospettive occupazionali sono atti di eutanasia spintanea e assistita, di quell’assistenzialismo statale che invece di creare futuro, seppur di sopravvivenza, porta alla morte di persone stritolate da questo stato di cose presenti. Dopo il suicidio di Burgarella, Bersani, durante il suo viaggio elettorale a Torino, ipocritamente si è avventurato a definirlo “una coltellata”, vorremmo chiedergli a chi, a suo parere, fosse diretta quella coltellata sferrata con in mano la Costituzione? Un atto di dignità, e di rispetto verso quella morte e quelle altre dell’anno scorso, sarebbe stato l’autocritica per le politiche messe in atto dal suo partito, direttamente o per delega e in combutta con la destra nel governo Monti, e l’affermazione urlata dal microfono “chiediamo perdono per le scelte sbagliate che abbiamo fatto”.

La velenosa sorgente di questi drammi è politicamente collocata trasversalmente, come si dice in gergo politichese, è bipartisan e non ci sono scappatoie parolaie e giustificazioni di contingenza di fase economica e politica. Chi ha memoria retroattiva ricorda benissimo le teorizzazioni di D’Alema, poi divenute leggi, sulla precarietà “ la flessibilità è un’opportunità ” campeggiava su giganteschi manifesti come nei salotti televisivi e sugli organi di stampa della “sinistra responsabile”, La Repubblica e L’Unità, ben coadiuvati dai giornali dei poteri storici, Il Corriere della Sera e La Stampa. Questa memoria è la vera coltellata che dovrebbe ferire la coscienza della classe politica che parla a prescindere dalla realtà.

Quella realtà che Burgarella, prima di decidere di morire, ha rammentato agli smemorati con una lista di tutte le persone morte di disoccupazione in questi ultimi anni, e scrivendo il suo nome in fondo a questa lista. Da far rabbrividire ogni coscienza viva di questo malandato Paese. Un Paese nel quale non esiste nei più il senso di civiltà del lavoro e dello spirito fondante della Repubblica Italiana, già fondata sul lavoro. Non esiste più neanche in quelle forze sociali che dovrebbero rappresentare, a prescindere dai governi in carica, lo specchio delle contraddizioni sociali. E’, a questo punto, amaramente gratificante sentire la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, affermare bisogna comprendere "il senso di disperazione", che colpisce tanti lavoratori che hanno perso il lavoro. Come mai non l’ha compreso molto tempo prima?  I segnali, seguiti dai fatti con licenziamenti brutali di miglia di lavoratrici e lavoratori e con la delocalizzazione di centinaia di piccole medie aziende, sono davanti agli occhi di tutti da anni e molte volte davanti alle critiche, dall’interno della Cgil e dall’esterno da parte di forze politiche come Rifondazione, ha reagito da leader politica affine alle scelte del PD piuttosto che da indipendente leader sindacale. Questa snaturata posizione della Cgil ha consentito alla coppia dell’horror Monti/fornero (con l’attiva complicità di Cisl e Uil) di portare il mortale attacco alle conquiste di oltre quarant’anni di lotte e di legislazione democratica. Fa oggi tanta rabbia registrare, da un’inchiesta della Cgil, che sul precariato “la riforma Fornero è stata un flop” perché il 27% ha visto il proprio contratto non rinnovato, il 22% è scivolato verso un contratto precario peggiore, solo il 4% è passato a un contratto precario con maggiori tutele. Gli altri non hanno visto ancora alcun cambiamento.

Questa è l’amara realtà sulla quale bisogna fare mea culpa, con estrema sincerità per essere credibili e rispettosi del monito lanciato da questi suicidi.

franco cilenti

13/2/2013

 
 
 
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