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« Schiavitù moderna? I lav...A Roma, LIBERiamoci, ras... »

Uno dei mali storici del lavoro. Intervista a Raffaele Guariniello sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali

Post n°7534 pubblicato il 21 Marzo 2013 da cile54

Il problema degli infortuni e delle malattie professionali 

Anticipazione dell’intervista che verrà pubblicata nel prossimo numero di Obiettivo Tutela. A cura di Marco Stancati

Raffaele Guariniello è dal 1992 Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Torino e gran parte della sua attività viene rivolta in favore della tutela del mondo del lavoro, della salute e dell'ambiente.

Qualcuno lo ha soprannominato il magistrato "Anti-aziende" e sentenze, che hanno avuto risonanza internazionale come per i casi ThyssenKrupp ed Eternit, fanno di lui un simbolo della giustizia in favore dei più deboli. Marco Stancati, che ha rivestito il ruolo di Responsabile della Comunicazione dell’INAIL, attualmente docente presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione de La Sapienza e giornalista e pubblicista che collabora con diversi periodici sui temi della Sicurezza e della Comunicazione, lo ha intervistato in esclusiva per il periodico Obiettivo Tutela.

        Nella sua esperienza di magistrato, cos’è che induce a ritenere che oggi ci sia una più matura coscienza sociale sul problema degli infortuni sul lavoro?

Un fatto evidente: si ricorre di meno al concetto di fatalità per giustificare un infortunio. E da parte di tutti: datori di lavoro, lavoratori, media, operatori della giustizia. Poi la considerazione che fino a qualche tempo fa, non pochi interpretavano l’accertamento delle responsabilità quasi come una “pretesa” della Magistratura. Oggi l’accertamento delle responsabilità è richiesto, invocato da molte parti. E il Magistrato avverte che l’opinione pubblica è diventata più vigile sul problema: vuole giustizia.

        L’andamento delle malattie professionali è di SEGNO OPPOSTO: negli ultimi anni se ne denunciano di più. E allora, sono in aumento le malattie professionali o una maggiore consapevolezza del fenomeno fa denunciare patologie la cui origine professionale prima sfuggiva?

Alcune malattie nelle quali mi sono imbattuto all’inizio della mia carriera sono scomparse o, ormai, residuali: saturnismo, l’ulcera da cromo, la medesima silicosi che per anni è stata una piaga. Oggi mi trovo ad affrontare o nuove patologie o patologie esistenti da sempre, ma la cui eziologia professionale non veniva minimamente indagata. La cultura del medico era  rivolta quasi esclusivamente alla diagnosi e alla cura; rifuggiva quasi dal dovere d’indagine sulle possibili cause professionali. Oggi però l’opera di sensibilizzazione, diretta e indiretta di Istituzioni, Media, Associazioni, lo stesso stimolo sociale e mediatico alla cura di sé, l’obiettivo del benessere della Persona, fanno sì che si denuncino patologie che prima erano considerate “naturali” per quel tipo di attività (qualcosa di ovvio e scontato come l’invecchiamento). Credo quindi che l’aumento delle denunce di malattie professionali sia il frutto di due componenti di segno opposto. Una negativa: l’insorgere di nuove patologie collegate a stili di vita e condizioni di lavoro insicure e stressanti (pensiamo a tutte le patologie dell’apparato scheletrico, alle ipoacusie, ai tumori, alle patologie da costrizione organizzativa e da mobbing…). L’altra positiva: si denuncia di più perché ci sono più cultura della salute e più indagine sulla possibile eziologia professionale delle malattie.

        Tra i protagonisti più attivi della sicurezza sul lavoro, ci sono l’ANMIL e la Fondazione ANMIL che seguono con puntuale attenzione il problema amianto. Dal punto di vista del magistrato cosa si sente di suggerire da un lato all’ANMIL e, dall’altro, al soggetto istituzionale Inail sul tema specifico?

Per quanto riguarda il problema amianto del passato e del presente (e, purtroppo, del futuro prossimo), l’Anmil, la sua Fondazione e chiunque si trovi a tutelare, nella concretezza della quotidianità, il diritto dei lavoratori alla salute e sicurezza sul posto di lavoro devono, da un lato, continuare a garantire la tutela dei diritti offrendo assistenza capillare, e soprattutto omogenea, sul territorio. Dall’altro devono agire sul piano culturale e psicologico della prevenzione come priorità. Paradossalmente le Associazioni devono lavorare con l’obiettivo che non ci sia più bisogno di loro, perché il fenomeno è stato sconfitto.

Per quanto riguarda l’INAIL certamente è Istituzione preziosa sotto diversi profili: preventivo, assicurativo, riabilitativo.

*Marco Stancati è direttore responsabile della Rivista degli Infortuni e delle Malattie Professionali dell’INAIL e docente di comunicazione alla Sapienza di Roma

19/3/2012 Fonte: Anmil.

 

 

 
 
 
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