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Questa Italia medievale. Maria Ciuffi, da 10 anni chiede "la verità" sulla morte di suo figlio nel carcere di Livorno

Post n°8076 pubblicato il 01 Settembre 2013 da cile54

 

Caso Lonzi: Mio figlio è stato ucciso a botte incarcere, ma lo Stato insabbia tutto da 10 anni

 

Marcello Lonzi muore nel carcere di Livorno la sera dell'11 luglio 2003.Per la Procura si sarebbe trattato di "morte naturale", ma la madre,Maria Ciuffi, da 10 anni chiede "la verità" e ora ha deciso diricorrere alla Corte di Strasburgo per avere giustizia.

"Al cimitero ho visto dove era mio figlio, ho fatto uscire dallastanza tutti quelli che c'erano. Ho abbracciato la bara e ho detto: "Marcellino te lo giuro, qualcuno pagherà per quello che ti hannofatto". E io quella promessa la rispetterò, costi quel che costi". Così Maria Ciuffi racconta a TgCom la battaglia che combatte dal 2003 per farluce sulla morte del figlio Marcello Lonzi, 29 anni, deceduto mentre eradetenuto nel carcere di Livorno.

Marcello Lonzi si trovava nel carcere "Le Sughere" di Livorno,per un una condanna per tentato furto. Muore l'11 luglio del 2003. Per laProcura si è trattata di un infarto, "cause naturali", ma la madrenon ci ha mai creduto e ora porta il caso di fronte alla Corte dei Diritti dell'uomodi Strasburgo e, per sostenere la sua azione, ha lanciato una petizione onlineche, in meno di quattro giorni, ha già superato le 10mila adesioni.

"Marcello stava bene, non ha mai sofferto di cuore. Questo sarebbe giàbastato per insospettire chiunque. Poi ho visto il corpo di mio figlio, ilividi, i segni e ho capito: nessuna morte naturale, qualcuno quell'infartoglielo ha fatto venire a suon di calci e pugni".

La Procura di Livorno ha però archiviato due volte le indagini sulla mortedi suo figlio...

"Ho passato gli ultimi dieci anni a combattere, ho letto gli atti, hoparlato con chi era in carcere con mio figlio. Troppe lacune, troppe stranezze:sì il caso è stato archiviato due volte, ma sempre dallo stesso Gip. Per averela riesumazione del corpo di Marcello e far eseguire un'autopsia da un medicodi parte ho dovuto denunciare il pm di Livorno alla Procura di Genova, che hadisposto un supplemento di indagine. Ma più che un supplemento di indagine eraun inizio: è venuto fuori che non era stato mai interrogato nessuno".

Cosa ha scoperto con i nuovi esami che ha fatto eseguire?

"Mio figlio aveva le costole rotte e non quelle che si rompono quandosi fa il massaggio cardiaco per la rianimazione. Altre. Aveva un'impronta diuno scarpone sulla trachea. Aveva il polso rotto. Le foto mostrano chiaramentei segni di un pestaggio".

Perché pensa che le indagini siano state insabbiate?

"Ci sono troppe cose che non tornano e testimonianze contrastanti.Innanzitutto l'orario della morte. Stando agli atti, Marcello è morto alle20.14. A parte che non torna con l'orario delle chiamate al 118, ho parlato conil ragazzo che era volontario sull'ambulanza. Ed è stato anche interrogato: luiè intervenuto di giorno non di sera. Lo dice e lo ripete. Ma i carabinieri, presentidurante la deposizione, volevano chiaramente che rispondesse altro. "Non èche era stanco per il lungo turno in ambulanza e non ricorda bene?" glichiedevano".

A che ora sarebbe morto suo figlio secondo lei? Non ci sono stati testimonidel malore?

"Mio figlio credo sia morto nel primo pomeriggio. Tornerebbe conquelli che sono i risultati dell'autopsia e torna con molte testimonianze cheho raccolto. Ma spesso queste dichiarazioni sono completamente cambiate difronte ai pm. Come quella del suo compagno di cella..."

Cosa ha sostenuto il compagno di cella di Marcello?

"Agli atti c'è questa dichiarazione: "Ho sentito un colpo, misono svegliato e Marcello era morto". Ma a me ha detto altro, haraccontato che non era in cella, perché stava facendo la doccia, dopo averlavorato tutto il giorno nella falegnameria del carcere. Però davanti ai pm hacambiato versione perché aveva paura. Questo me lo ha ripetuto più volte: luiera dentro accusato di violenza sessuale, una di quelle accuse che in carceregli altri detenuti ti fanno "pagare". Non lo aveva detto a nessuno eraccontava di essere dentro per un furto. Per quello ha cambiato versione,perché aveva paura, o è stato minacciato, che fosse svelata la verità".

E gli altri detenuti, non hanno visto o sentito niente?

"Mi è stato raccontato da un detenuto che il giorno in cui è morto,Marcello si era preso con un secondino la mattina, ma sembrava finita lì. Poiaveva mangiato. Subito dopo pranzo lo ha visto che lo portavano via. A voltecapita che qualcuno sia chiamato in qualche sezione o reparto. Ma non è piùtornato in cella. Alle 15.30, cosa molto insolita, hanno chiuso tutti idetenuti nelle celle e non le hanno più riaperte. Quando le celle erano chiuse,questa persona mi ha raccontato di aver sentito correre e urlare".

Cosa sarebbe successo secondo lei?

"Mio figlio è stato portato in isolamento. E lì è stato barbaramentepicchiato. Tanto da fargli venire un infarto. Poi quando si sono resi conto diaver esagerato, hanno cercato di coprire tutto. Per quello hanno chiuso tuttiin cella, per poterlo riportare nella sua, probabilmente già morto, senza chegli altri lo vedessero".

Ha avuto altre conferme in questo senso, altre testimonianze?

"Una donna, una ex detenuta in carcere a Livorno quando c'era anche Marcello,mi ha raccontato di essere stata avvertita nel pomeriggio, e non la sera, cheera morto. Pensavano che fosse la sua compagna... E poi un altro fattoinquietante: una guardia sarebbe arrivato di corsa da un'infermiera che lavoraa "Le sughere" e le avrebbe detto: "Corri corri mi è morto frale mani". Naturalmente di questa testimonianza non c'è traccia negli atti.L'infermiera ha deposto in Procura, poi il giorno dopo è tornata al carcere eha tentato il suicidio. Successivamente ha cambiato la sua deposizione".

E gli amici che Marcello aveva in carcere, si sono fatti un'idea di cosasia successo?

"C'è poco da dire, mi hanno detto: "Maria è così, va così dasempre. A turno tocca a tutti, anch'io ho preso le botte. A me è andata bene. Alui no". Non hanno dubbi insomma che sia stato picchiato a morte".

Cosa farà adesso?

"Avevo fiducia nello Stato, credevo che ci proteggesse. Dopo tuttoquesto non crederò più nella giustizia. È troppo evidente che qualcuno havoluto insabbiare tutto questo caso. Mi scrivono spesso tanti ragazzi che midicono che hanno paura. Paura della polizia, paura di poter entrare in uncarcere e non uscirne più. Ma mi scrivono anche dei secondini e degli agentiper chiedermi scusa, perché non tutti sono come quelli che io e mio figlioabbiamo incontrato sulla nostra strada".

"Adesso spero che l'appello alla Corte di Strasburgo porti a qualcosa.Io voglio solo giustizia, voglio andare a processo. La mia vita da dopo lamorte di Marcello, non è stata più la stessa. Prima era la vita, dopo è statosolo il buio. L'ho promesso a mio figlio, chi gli ha fatto questo la pagherà.Costi quel che costi. Sono disposta anche ad andare in galera, ma qualcuno la pagherà".

Intervista di Cecilia Pierami dawww.tgcom.it, 29 agosto 2013

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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