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« I lavoratori stranieri c...La crisi mentre ingrassa... »

Il razzismo dei benpensanti italici modifica anche i significati. Accoglienza, parola sbagliata. Il problema è farli restare

Post n°8445 pubblicato il 05 Gennaio 2014 da cile54

La vera storia (contestualizzata) di Khalid, autore del video di Lampedusa

Nonostante i consueti allarmismi sull`invasione, da mesi i profughi transitano dall`Italia ma non vogliono fermarsi. Sono costretti dalle leggi europee e dai centri di “accoglienza” che lucrano sul loro trattenimento. Il caso di Khalid è emblematico. Un avvocato di Aleppo che ha usato con intelligenza il sistema dei media per denunciare la sua situazione. Avrebbe arricchito l`Italia. Ma ovviamente ha deciso di andare via

Khalid non è scappato, non è stato rapito e neppure è scomparso. Sta semplicemente proseguendo il suo viaggio. Un percorso che non voluto iniziare ma che porterà a termine. L`avvio lo ha dato la guerra che ha sconvolto la sua città, Aleppo, patrimonio Unesco, uno dei più antichi centri abitati del pianeta.

A noi non importa nulla di quella guerra. E dunque abbiamo superficialmente confuso Khalid con «un clandestino che viene a bussare alla porta del nostro benessere». Abbiamo forse il diritto di essere indifferenti, pure quello di essere egoisti, ma non quello di dire bestialità. Dalla guerra siriana stanno fuggendo in tanti, contro la loro volontà. Non tutti sono poveri. Molti sono classe media, intellettuali. Gente che potrebbe permettersi un biglietto di nave o aereo ma per una questione di pura discriminazione razziale non può farlo. L`Europa non lo permette, le ambasciate non concedono visti. Neppure i terribili naufragi di ottobre (più visibili dello stillicidio di morti quotidiane) sono serviti ad aprire corridoi umanitari.

La prima selezione

Chi ha contatti in Europa tenta l`avventura via mare. Qualcuno muore, qualcun altro arriva. La prima selezione la fa il Mediterraneo. Una delle cose più sconvolgenti del naufragio del 13 ottobre erano le foto delle vittime. Famiglie normali, ragazzi grassottelli, persone che potevano arrivare tranquillamente in traghetto e invece sono morte tra le onde.

I superstiti sono assaltati dalla burocrazia della fortezza. Quella assurda, lenta, feroce macchina che per capire che sei un profugo di una guerra che tutti conoscono deve prima rinchiuderti, prenderti le impronte con la forza, spogliarti in un cortile, disinfestarti con gli spruzzatori. Urlarti ordini, trasferirti, interrogarti. Infine comunicarti che «sì, in effetti sei scappato dal conflitto». Magari proprio quando la guerra è finita, come è successo ai rifugiati della Libia, incastrati nella beffa dell`’emergenza Nord Africa`.

Alle porte del benessere italiano non bussa più nessuno perché quel benessere non c`è più. La notizia si è sparsa, non è un nostro segreto. È finita l`era delle parabole, è iniziata da tempo quella di Facebook. La crisi italiana è stata ‘taggata`. In particolare i siriani scelgono altre mete per il loro esilio forzato.Un regolamento frutto di equilibri delicati tra paesi della sponda sud e quelli del Nord Europa dice che chi chiede asilo in un paese rimane incastrato da un foglio di carta col timbro.

Sono loro che non ci vogliono

Per evitarlo, alcuni si sono tagliati i polpastrelli, altri hanno tentato fughe da batticuore. Treni, autobus, sbarre, transenne, lampeggianti, palette, controllori, divise, automobili. Nella speranza di non essere fermati, col cuore in gola per quelle parole maledette: «Documenti, prego». Tutto per evitare di restare in Italia. Mentre i cittadini al bar, i commenti su Internet, i politici decerebrati dicono: «Non li vogliamo». Sono loro che non ci vogliono, hanno bocciato l`Italia con la freddezza di un`agenzia di rating. E i migranti economici sono sempre meno, ormai transita dalle nostre coste solo chi fugge alle guerre.

Khalid si è trovato incastrato in questo meccanismo infernale. Ha vissuto la situazione kafkiana di una notte di Natale nel centro di cui aveva denunciato il degrado, accanto agli uomini a cui aveva fatto perdere il lavoro. Il resto della famiglia ancora bloccato in Libia, il traguardo nel freddo nord del Continente. Bloccato a contrada Imbriacola, una vallata priva di senso dentro uno scoglio più vicino alla Tunisia che all`Europa. Dove era trattenuto dall`arrivo in qualità di testimone. Doveva rivelare alla Procura di Agrigento dettagli sugli scafisti.

I tempi del viaggiatore globale che attraversa i continenti non sono quelli dei paciosi burocrati che vivono di faldoni, giorni festivi e prefestivi, rimandi semestrali. Sono i clic veloci che portano notizie, denaro, culture da un punto all`altro del pianeta. Anche in questo siamo irrimediabile periferia.

Per sbloccare la situazione sono bastati un cellulare e un cervello fuori dal comune. Pochi minuti di riprese, uno dei tanti giornalisti che passano da Lampedusa. Per proseguire un viaggio a noi serve cambiare gate o attendere la coincidenza del regionale, un profugo siriano deve come minimo sconvolgere un Paese. L`avvocato di Aleppo lo ha fatto. Ha messo in crisi un intero sistema di accoglienza, ha costretto il ministro dell`Interno a riferire in Parlamento, è stato indirettamente al centro del discorso papale.

Agrumi e biberon

Niente male, per un ‘clandestino`. Anche se non ce ne siamo accorti, da mesi i profughi siriani ed eritrei rifiutano di farsi prendere le impronte perché non vogliono restare qui. Diverse le soluzioni (all`italiana: scappa, non ti ho visto; all`americana, ti rompo il braccio così ti calmi), nessuna delle quali prevede la messa in discussione del regolamento Dublino.

Perché ormai le soluzioni sono due: o l`Italia abbandona l`idea dello ‘spremiagrumi`, per cui il migrante deve essere sequestrato in centri malgestiti da soggetti legati alla politica; e inventa un modello Riace nazionale, cioè un sistema che punta a inserire i profughi per rivitalizzare il suo tessuto in avanzata decomposizione; e dunque cresce complessivamente come Paese, e convince i tanti Khalid a restare, con evidenti vantaggi più per noi che per loro. Oppure si ridiscute il regolamento perché non ha molto senso vedere un senegalese che ha la famiglia a Parigi bloccato a Messina in una assurda tendopoli nel fango di dicembre (uno dei tanti casi assurdi di questi mesi).

Ecco perché accoglienza è sempre più una parola sbagliata. Uno, perché suggerisce la «cultura del biberon», contrappone disoccupati italiani e antirazzisti, diffonde l`idea che dobbiamo solo assistere, quando abbiamo di fronte persone molto diverse tra loro, alcune delle quali tanto dinamiche da voler subito scappare da un paese lugubre come l`Italia a cui potrebbero dare tanto. Due, perché ci piaccia o no, sempre meno vogliono essere accolti.

4/2/2013 www.terrelibere.org

Foto: Estate 2013. Mondo salvaci dall`Italia, la protesta degli eritrei a Lampedusa

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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