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I crimini politici dei fascisti coperti dal sistema, ieri come oggi. Eravamo in 100.000 a Milano per salutare Fausto e Iaio

Post n°8713 pubblicato il 19 Marzo 2014 da cile54

Fausto e Iaio, che idea morire di marzo

Qualche anno fa scrissi questo lungo articolo per L’Europeo. Da allora, non è cambiato ancora nulla, come proprio da quel giorno e per tutti gli altri giorni da lì a venire. Mi sembra giusto per la loro memoria riproporlo oggi, ennesimo anniversario di quel truce assassinio. Per loro, per quei due splendidi ragazzi che erano Fausto Tinelli e Lorenzo Iaio Iannucci; e per noi, che qualunque cosa accada, non dimenticheremo mai. Buona lettura.

Uno dei misteri più grandi che mi è capitato di “vivere” in prima persona è stato quello dell’omicidio di Fausto e Iaio, trent’anni fa a Milano. Allora avevo da poco cominciato a fare il giornalista, e seguii il caso da vicino. Il mistero è ancora rimasto tale fino ad oggi, e chissà – io lo spero con tutte le mie forze! – se si risolverà mai. Qualche tempo fa ho scritto la storia di questi due ragazzi per L’Europeo. Ho pensato, per tener viva la memoria di quel terribile mistero e per far sentire alla mia amica Maria – sorella di Iaio – che la mia vicinanza non verrà mai meno, di ripubblicarlo qui perché tutti lo possano leggere. E magari indignarsi, e chiedersi perché mai due ragazzi debbano morire così. Che idea, eh?, morire di marzo…

Oggi, non è cambiata molto da allora. Via Mancinelli, al quartiere Casoretto di Milano, è praticamente rimasta quella che era quella sera, la sera di sabato 18 marzo del 1978. Certo, tutta la città adesso è diversa, e parecchio. Rispetto al contesto di allora non ci sono più i venti gelidi che la spazzavano tristemente in quegli anni. Venti soprattutto di disagio e di contrapposizione fra giovani di schieramento politico opposto. Venti anche pesantemente contaminati dal terrorismo più feroce ben radicato in città, e che solo meno di due giorni prima – a Roma, ma anche con protagonisti assolutamente milanesi – aveva portato a termine l’impresa più criminosa ed efferata della storia del nostro Paese: il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.

Rispetto a quella sera, in più, c’è la lapide che ricorda l’episodio: “Ai compagni Iaio Iannucci e Fausto Tinelli, qui uccisi dai fascisti”, con la data di quel giorno tragico. Poi, è rimasto uguale il muro grigio che la cinge da una parte e dell’altra; uguale il colpo d’occhio che da lì portava al Centro Sociale Leoncavallo (quello non c’è più, trasferito dopo tanti altri conflitti in una zona, se possibile, ancor più periferica); stessa la postazione dell’edicola all’angolo dove i due giovani si fermarono a guardare e commentare i titoli dei giornali che parlavano di Moro prima di imboccare la strada che li avrebbe portati incontro al loro incredibile destino; è rimasto al suo posto anche il campetto dell’oratorio in terra battuta sul retro della abbazia dedicata a Santa Maria della Misericordia (bellissimo anche il chiostro, il tutto risalente al XV secolo) di piazza San Materno, che nemmeno quattro giorni dopo li avrebbe accolti per l’ultimo saluto.

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19/3/2014

 
 
 
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