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Liberazione considera il lavoro un valore fondamentale. Anche per questo deve continuare a vivere
Post n°3598 pubblicato il 17 Luglio 2010 da cile54
Una manovra lucida del governo per stroncare le voci più critiche
L'editoria italiana sta attraversando la crisi più grave della sua storia ma lui si permette di lanciare sconci appelli allo sciopero dei lettori, perché disertino le edicole e soprattutto puniscano i pochi giornali rei di non allinearsi alla propaganda governativa. Il titolare di una spaventosa concentrazione mediatico-politica ha messo la firma in pochi mesi sotto tre provvedimenti pericolosi per tutta l'informazione ma letali in particolare per l'area non omologata alle logiche distorte del "mercato" italiano: la cancellazione del cosiddetto diritto soggettivo al contributo pubblico; i tagli all'emittenza radio e tv locale e nazionale (ovviamente tranne quella cara al premier, che nello stesso periodo ha incredibilmente ricevuto in regalo norme più favorevoli nella raccolta pubblicitaria); l'annullamento da un giorno all'altro delle tariffe postali agevolate, preziose soprattutto per le voci dell'associazionismo e del volontariato. Una manovra drammaticamente lucida per la sistematicità con la quale si propone di stroncare il rumore di fondo delle voci critiche. Una strategia che si lega perfettamente - con la perfezione di certi delitti - al silenzio che sull'informazione italiana si cerca di far calare con il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, o per meglio dire sul divieto di cronaca giudiziaria. No, non si può proprio accettare, nell'Italia di oggi schiacciata da un conflitto d'interessi sempre più debordante e spudoratamente esibito, che Liberazione e tanti altri giornali debbano ansimare sull'orlo del baratro. Non si può accettare di essere per di più presi in giro dal ministro Tremonti con la favola del "rigore" richiesto dalla crisi dei conti pubblici. Sono anni che chiediamo - come sindacato dei giornalisti, insieme ai giornali cooperativi, ai quotidiani di partito (quotidiani veri, con giornalisti veri, di partiti veri) - che si faccia pulizia nei criteri di erogazione del finanziamento statale. Lo abbiamo denunciato noi che troppi furbi si erano insinuati tra le pieghe di leggi e regolamenti per mungere denaro. Un governo incapace di varare regole certe e trasparenti, che da quasi due anni ripete l'annuncio vuoto degli "stati generali", taglia invece indiscriminatamente le risorse a tutti, ai truffatori e alle esperienze editoriali autentiche. E' questione di regole, ma è anche questione di contenuti. Non si può accettare che si riduca ancor di più la pattuglia esigua di chi si ostina a tenere aperti gli occhi sulla vita reale, sui problemi quotidiani di milioni di persone. Nel Paese in cui alcuni cassintegrati sardi si sono dovuti inventare la parodia di un reality di successo per bucare il muro del silenzio mediatico (e ci sono persino riusciti, con un esito che imbarazza per la conferma che dà dei meccanismi di spettacolarizzazione in atto), è ricchezza civile ogni voce che si ostini a considerare il lavoro come valore costituzionale fondamentale, ogni voce che continui a parlarci delle tante Pomigliano d'Italia (comprese quelle che da tempo sono nate dentro il sistema dell'informazione: nelle redazioni e ai loro margini lo scambio tra lavoro e diritti è esperienza duramente quotidiana per migliaia di giornalisti precari). Anche per questo siamo con voi di Liberazione, nel reclamare non certo il mantenimento di uno status quo che rassomiglierebbe troppo ad un'agonia accelerata, ma una riforma radicale, che garantisca almeno le condizioni di base per partecipare all'impari competizione dell'editoria italiana. Il sindacato dei giornalisti non accetterà nessuna discussione che debba svolgersi dopo aver celebrato la chiusura forzata delle testate a rischio. Dobbiamo costringere il governo a tornare indietro, forti del consenso che la nostra comune battaglia di trasparenza ha saputo conquistare anche nelle file del centro-destra. Forti di una consapevolezza mai così acuta, nell'opinione pubblica, del fatto che sul diritto ad informare e ad essere informati si gioca un passaggio decisivo della nostra democrazia. E si gioca ora.
Roberto Natale Presidente Federazione Nazionale della Stampa
16/07/2010 |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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