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Presentato il dossier “Le mafie nel pallone – Storie di criminalità e corruzione nel gioco più truccato al mondo”
Post n°3601 pubblicato il 18 Luglio 2010 da cile54
Un’anticipazione del libro del giornalista Daniele Poto "Le mafie nel pallone" - Libera denuncia il calcio malavitoso ROMA – L’associazione Libera denuncia il calcio malavitoso. Più di 30 clan direttamente coinvolti nelle inchieste giudiziarie riguardanti le infiltrazioni mafiose nelle squadre di football nostrane e i casi di corruzione di giocatori, arbitri o dirigenti sportivi. Dalla Lombardia alla Sicilia, passando per l’Abruzzo, la Basilicata, la Campania, la Calabria e la Puglia, oggi i clan e le cosche della criminalità organizzata controllano le scommesse, condizionano il risultato delle partite, riciclano denaro mediante il sistema delle sponsorizzazioni, allungano le mani sulle scuole di calcio e si avvalgono di presidenti prestanome per i loro giri di affari. Sono i risultati del dossier “Le mafie nel pallone – Storie di criminalità e corruzione nel gioco più truccato al mondo”, un’anticipazione del libro scritto dal giornalista Daniele Poto, con un focus sul caso limite del Potenza Calcio, edito dal Gruppo Abele e presentato questa mattina in conferenza stampa. Il volume sarà in libreria a partire da ottobre. “Sfogliando i rapporti della direzione Antimafia degli ultimi 3 anni mi sono accorto che il calcio giocava un qualche ruolo, seppur minore e spesso legato a club locali, all’interno delle pagine scritte dalla magistratura – spiega Poto –. E’ da qui che sono partito per la mia indagine, che tocca anche gli scandali degli anni ’80 e spazia anche oltre confine”. Il libro si focalizza poi sul caso limite del Potenza Calcio. “Oggi il Consiglio federale della Figc deciderà l’esclusione della società dal campionato di Lega Pro, e probabilmente non riuscirà a iscriversi nemmeno in una delle serie minori per via della vicenda giudiziaria che ha interessato il suo presidente, Giuseppe Postiglione”, coinvolto in un giro di scommesse su diverse partite truccate in una triade con la camorra e il clan dei Basilischi. “Questo dossier dimostra che la criminalità organizzata nel calcio c’è, è sedimentata sul territorio e serve a dare prestigio ai boss e ad arruolare il loro piccolo esercito – commenta don Luigi Ciotti, presidente di Libera –. Lo dicono anche le dichiarazioni di alcuni pentiti, che raccontano di ‘posti di lavoro’ offerti dal colluso presidente della squadra di calcio locale in cui giocavano da giovani questi collaboratori di giustizia. Poi c’è il caso del boss siciliano Piazza, diventato presidente di un piccolo football club in provincia di Siena, e anche a Rosarno, tra gli arrestati, c’è il dirigente di una società calcistica. Ma lascia perplessi – continua don Ciotti – anche la decisione della serie B di far sponsorizzare il prossimo campionato dalla società di scommessi Bwin”. Secondo l’indagine “Le mafie nel pallone”, nella spartizione della torta tutti fanno affari: dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola. ‘Ndrangheta, camorra, cosa nostra, sacra corona unita: non manca proprio nessuno. “Emblematico il caso del giocatore D’Agostino, classe 1982, cresciuto nell’alea di una segnalazione da parte di Marcello Dell’Utri al Milan – si legge nella prefazione del libro –. Ma è nel club calcistico Bacigalupo che si registrano i primi rapporti certi tra esponenti della malavita e Dell’Utri”. Ma il volume parla anche di falsificazione di tesserini, di acquisto di giocatori stranieri come “ombrello” di copertura per operazioni offshore e di infiltrazioni mafiose tra i gruppi di ultrà. (mt) 16/07/2010 Fonte: www.redattoresociale.it ----------------------------------------------- 'Bentornato boemo…' Sedici anni dopo quel Foggia-Napoli 0-1, ultima partita del campionato 1993-94, torna Zemanlandia. Torna quel trio terribile, Pasquale Casillo presidente, Giuseppe Pavone direttore generale, Zdenek Zeman allenatore, che nella prima metà degli anni novanta fece sognare Foggia e tutto il sud Italia. Quel Foggia fu il primo miracolo del calcio “moderno”. O forse l’ultimo di un calcio “all’antica”. Padre del Chievo di oggi, partito da un quartiere di Verona e arrivato fino alla Champions League, o figlio del Verona di Bagnoli che nell’85 riuscì a portare il tricolore 15 anni dopo il Cagliari di Gigi Riva fuori da una città che non fosse Milano, Torino, Roma o Napoli? Forse lo scopriremo solo a fine stagione, quando sapremo se il boemo riuscirà a riportare il Foggia in serie B. In quel caso, e solo in quel caso, potremo capire se, nel calcio delle Pay Tv e della Tessera del Tifoso, di curve desolatamente sempre più vuote e divani comodamente sempre più pieni, c’è ancora posto per la difesa a zona altissima, i terzini che spingono come ali, un centrocampo fatto di un regista e due incursori e di un tridente velocissimo. Insomma, del 4-3-3 zemaniano. Allora sapremo se i calciatori di oggi hanno ancora la voglia di salire e scendere i gradoni delle tribune sotto il sole di agosto. Ma, soprattutto, capiremo se il boemo, in campo, è ancora il boemo. Perché fuori dal terreno di gioco, di questo, non c’è dubbio. «Il calcio deve uscire dagli uffici finanziari e dalle farmacie». Calciopoli era ancora lontana quando il boemo fece tremare le pareti dei vertici calcistici, politici e finanziari del nostro paese. Da allora, Zeman fu messo ai margini del calcio, troppo pericoloso avere in panchina, ogni domenica, una simile persona, più che un simile tecnico. Ma lui non se n’è mai fatto un problema. Ha allenato la Roma e la Lazio e, con la stessa umiltà, il Lecce o l’Avellino. Non sempre portando a casa grandi risultati, ma lasciando ovunque, tra la gente, una immagine pulita di sé stesso. Parlare di un allenatore che torna laddove, sedici anni fa, è riuscito a far sognare potrebbe sembrare fuori luogo in un simile momento, dove ci sono problemi molto più seri di quanto accade su un campo di pallone. Ma parlare di Zeman oggi, nel giorno in cui Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha denunciato che «la mafia controlla il mondo del calcio» ha un forte valore. «Da sempre le mafie hanno controllato sul territorio le squadre di calcio» ha spiegato Don Ciotti «e oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi». Ecco, quindi, che poter salutare il ritorno di una persona come Zeman in questo calcio, non può che far bene a tutto un sistema sempre più lontano dalla gente. Bentornato boemo. Abbiamo ancora negli occhi quel Lecce-Parma 3-3 del 2007 quando, infastidito dal fatto che i tuoi giocatori avevano smesso di attaccare, accontentati di quel risultato che andava bene a entrambe le squadre, ti sei alzato dalla panchina e hai voltato le spalle al campo. 16/07/2010 Daniele Nalbone leggi www.controlacrisi.org |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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