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« Ritorniamo sull'orrore ...Il menefreghismo delle i... »

A colloquio con Antonio Di Luca operaio della Fiat di Pomigliano, direttivo Fiom di Napoli

Post n°3954 pubblicato il 27 Ottobre 2010 da cile54

" Ci tolgono la salute "

 

«Quando ti trovi alla catena di montaggio, dieci minuti di pausa in più o in meno significano tantissimo: la possibilità di sedersi per un attimo, di sgranchire le gambe e le braccia, di distrarsi con la testa. In una parola, significano salute». Ad Antonio Di Luca, operaio della Fiat di Pomigliano d'Arco, non sono andate giù le affermazioni televisive di Sergio Marchionne sulla scarsa efficienza del lavoro in Italia.

Anche perché Antonio, a differenza dell'amministratore delegato della Fiat, sa bene quanto sia duro lavorare in fabbrica, quel continuo imbullonare e martellare per ore e ore, senza avere neanche il tempo per pisciare. «Abbiamo a disposizione tre pause di dieci minuti nell'ambito del turno di lavoro, che è di otto ore. Nelle grandi fabbriche, i bagni non sono sempre vicini a dove ti trovi e quindi capita che per raggiungerli a piedi a volte ci metti anche sei-sette minuti», spiega l'operaio, il quale, oltre a far parte del direttivo della Fiom di Napoli, a Pomigliano è anche membro del circolo Fiat del Prc.

L'aspetto più alienante del famigerato sistema ergonomico Ergo-Uas, il nuovo metodo di produzione che Marchionne vorrebbe imporre non solo a Pomigliano ma anche a Melfi, è però la saturazione al 100% del tempo a disposizione di ciascun lavoratore per eseguire l'operazione relativa alla postazione in cui si trova. «Prima non era così. Con l'accordistica del 1971 - spiega Antonio - il tempo con una cadenza inferiore al minuto non poteva essere saturato oltre l'86%, perché il 14% rimanente era destinato al riposo». Al fine di tagliare i tempi morti, il nuovo metodo prevede che la produzione si avvalga dell'ausilio di carrellini, contenenti tutti i componenti necessari, che accompagnano la vettura durante il montaggio. In questo modo il lavoratore non è più costretto ad allontanarsi dalla postazione per andare a prendere il pezzo che gli serve. Il tempo così risparmiato non si traduce però in secondi di riposo aggiuntivi per l'essere umano ma in una accelerazione dei ritmi di produzione.

Insomma, si rischia concretamente di rivedere in fabbrica scene di sfruttamento intensivo paragonabili a quelle illustrate 75 anni fa nel famoso film "Tempi moderni" di Charlie Chaplin. «Arrivi al punto - conferma Antonio - che non ti puoi permettere di mollare la postazione nemmeno per raggiungere la fontanella dell'acqua a un metro e mezzo di distanza».

Tutto questo non può non avere conseguenze per la salute. «Stai parlando con una persona - risponde l'operaio - che, dopo 18 anni fissi di catena passati maneggiando avvitatori pneumatici da trenta newton a ritmi tra le 250 e le 330 vetture a turno, si ritrova con sette discopatie gravi, tra la cervicale, la lombare e la dorsale. E ciò pur avendo lavorato in condizioni migliori rispetto a quelle che Marchionne oggi ci propone».

Per chiarire meglio il concetto, Antonio fa un esempio: «Immagina l'officina di un meccanico o di un elettrauto. Durante la giornata il negozio è aperto dieci ore, ma se vai a misurare il tempo effettivo di lavoro, probabilmente - ipotizza l'operaio - questo non supera le cinque-sei ore nette. Quello che Marchionne vuole da noi è otto ore nette di lavoro continuo». Altro esempio: «Per il montaggio di una guarnizione di un'Alfa 147 con un martello di gomma da duecento grammi occorrono - calcola Antonio - dalle cinquanta alle sessanta martellate. Moltiplicato per trecento vetture, una operazione del genere richiede 18mila colpi di martello al giorno. Ecco perché dieci minuti di riposo, in un contesto del genere, significano tantissimo».

La Fiat però sostiene che è questa la cura di cui le fabbriche italiane hanno bisogno per diventare competitive. Antonio scuote la testa: «Noi già adesso - ribatte l'operaio - siamo in grado di produrre le 1045 vetture al giorno che vuole Marchionne, basti ricordare che nel 2003 e nel 2004 ne facevamo anche 1200 al giorno. Vetture di qualità, capaci di vincere premi come l'"auto dell'anno" o il "volante d'oro", prodotti eccellenti che sono stati sul mercato per decenni. La verità è che Marchionne vuole altro, il nodo è politico».

Roberto Farneti

26/10/2010

 
 
 
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