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Fadil e sua moglie sono arrivati in Italia 5 anni fa. La miseria accomuna migranti e italiani vittime dei miserabili al potere

Post n°4085 pubblicato il 03 Dicembre 2010 da cile54

CHIAMIAMOLA POVERTA'

"Ho cambiato vita nel giro di un paio di giorni". Sono le parole di Abdel, marocchino, in Italia da 8 anni. Fino ad una settimana fa abitava a Vignola, una cittadina in provincia di Modena. Da una settimana si è trasferito con sua moglie, suo figlio e altre due famiglie, nella periferia di Modena, in una ex scuola del quartiere Marzaglia.

Abdel, Fadil e Mostapha, insieme allo sportello PrendoCasa di Modena, sono entrati nello stabile e hanno dichiarato "ufficialmente l'occupazione della palazzina". Le ragioni che hanno portato a questo gesto sono "inscritte nel concetto di dignità" e dettate dalle necessità: "sono tutti lavoratori che hanno perso il lavoro prima, la casa poi" si legge nel comunicato del collettivo.

Sulle gradinate d'ingresso dello stabile lo striscione dell'agenzia immobiliare "PrendoCasa" e alcuni ragazzi del collettivo che aiutano gli inquilini nei lavori necessari per rendere accoglienti gli appartamenti. "E' insensato che ci siano strutture pubbliche come queste inutilizzate, pronte per essere alienate" ci dice Andrea, dello sportello. L'ex scuola di Marzaglia infatti, fino a qualche mese fa utilizzato come alloggi per i rifiugiati politici kurdi, è stato messo all'asta dal comune di Modena.

Intanto però, ci sono persone che si trovano in mezzo alla strada "non per mancanza di volontà", dicono gli occupanti alla città con una lettera aperta, ma perché ci si è trovati nelle condizioni di "non poter più pagare l'affitto". Così le tre famiglie hanno preso la decisione di occupare non senza difficoltà: "non abbiamo fatto questa scelta a cuor leggero. Abbiamo bussato a tutte le porte per chiedere una sistemazione adeguata, un aiuto temporaneo fino a che non potremo di nuovo gestirci la vita senza dover chiedere nulla". Così come hanno sempre fatto.

Fadil e sua moglie sono arrivati in Italia cinque anni fa. Qui sono nati i loro due figli. Hanno sempre lavorato, "prima un anno a Verona - spiega - poi sono venuto a Modena dove ho fatto il metalmeccanico, mentre mia moglie ha lavorato in un ristorante". Poi è arrivata la crisi, e Fadil e la moglie sono tra le circa 10 mila persone che nel triennio 2008-2010 nella provincia emiliana hanno perso il posto di lavoro, così da gennaio di due anni fa nessuno dei due lavora più. "Siamo riusciti ad andare avanti per un po' di mesi, perché avevo diritto al sussidio di disoccupazione". Con i soldi della disoccupazione e un po' di soldi che sono riusciti a mettere da parte in questi anni Fadil e famiglia hanno potuto mangiare e pagare l'affitto. "Finiti i soldi però non sapevamo più come fare, così il 9 novembre ho trovato l'Ufficiale Giudiziario e la polizia davanti casa che mi sfrattavano". La prima notte "ho dormito in macchina insieme a mia moglie e i miei figli di 3 anni uno e 6 mesi l'altro" racconta Fadil. Qui la notte il gelo si fa sentire, quindi "il giorno dopo siamo andati tutti al centro commerciale per riscaldarci".

Stessa sorte per Abdel, partito dal Marocco insieme alla moglie una decina di anni fa. "Ho lavorato in una ceramica e prendevo poco meno di mille euro al mese. Riuscivo con questi a fare la spesa, pagare l'affitto". Un anno e mezzo fa la crisi dell'azienda e il licenziamento. Nessun ammortizzatore sociale, perché "io lavoravo come socio-lavoratore di una cooperativa - spiega Abdel - e per i soci non è prevista la disoccupazione". Da 18 mesi quindi non riesce più a pagare l'affitto e anche per Abdel, per sua moglie e il figlio di sette mesi, arriva lo sfratto. "Eravamo andati dal medico, per una visita - racconta - e quando siamo tornati abbiamo trovato la serratura cambiata". Non hanno avuto neanche il tempo di recuperare i propri oggetti personali, i vestiti e i giocattoli del figlio. La prima notte Abdel ha dormito in stazione, mentre la moglie con il figlio sono riusciti a trovare sistemazione a casa di un'amica.

Mostapha ha vissuto quasi la metà della sua vita in Italia. Ha poco più di quaranta anni di cui venti vissuti nella provincia di Modena. Metalmeccanico, operaio, addetto delle pulizie sono alcuni dei lavori che ha svolto in questo periodo. Otto anni fa il primo figlio, poi altri due. Uno tre anni dopo il primo, l'altro sei. Mostapha non lavora più da circa due anni e sono cinque mesi "che dormo in macchina o nel garage di un mio amico insieme alla mia famiglia - racconta - perché a giugno sono stato sfrattato". Lui in questi mesi è riuscito a trovare qualche lavoretto e "ora fino a gennaio monto impianti di riscaldamento", ma non riesce a trovare casa, "perché con un contratto così breve nessuno mi affitta un appartamento".

Le reazioni delle istituzioni al gesto delle 13 persone non si è fatta attendere e ha deciso immediatamente di denunciare gli organizzatori. "La querela - precisa Giorgio Pighi, sindaco della città emiliana - è il presupposto necessario per consentire alla Procura della Repubblica e alla Questura, responsabili per le incriminazioni e il mantenimento dell'ordine pubblico, di agire in autonomia anche rispetto allo sgombero". Alle dichiarazioni del sindaco seguono quelle dell'assessore alle politiche giovanili, Fabio Poggi, secondo cui "occupare edifici pubblici e compiere azioni illegali non risolve i problemi, li aggrava e li complica enormemente".

Mentre tre famiglie chiedono diritti, quindi, chi dovrebbe garantire il diritto costituzionale alla casa risponde ordine pubblico. Ma ci hanno pensato gli abitanti del quartiere a far sentire la loro voce alle istituzioni. Il parroco locale, infatti, è già andato a trovare i nuovi vicini e ha permesso loro di attaccarsi alla rete idrica della chiesa, perché nella ex scuola manca l'acqua, mentre gas ed elettricità ci sono; amici e persone solidali con gli abitanti dello stabile si sono presentati con cibo e materiale per le necessità primarie. La questione fondamentale, però, resta la ricerca di un lavoro e di una casa, perché, continua la lettera, "avere pochi vestiti, pochi giocattoli, poco da mangiare non è facile: ma essere senza casa è intollerabile".

Testimonianze raccolta da Antonio Tomeo per LOTTE inserto quindicinale di Liberazione

02/12/2010

 
 
 
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Roma, 12 maggio 1977

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