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La testimonianza di lavoro e solidarietà di una donna, un medico volontario per Medici Senza Frontiere
Post n°4239 pubblicato il 15 Gennaio 2011 da cile54
Silvia racconta la sua esperienza di chirurgo in Pakistan
Quando mi hanno proposto il Pakistan, e più precisamente la NWFP (North Western Frontier), mi trovavo alla mia prima missione e non sapevo davvero cosa aspettarmi. La mia idea su questo paese era quella più diffusa nei paesi occidentali e già mi aspettavo di incontrare numerose difficoltà in quanto giovane donna e chirurgo. Pensando infatti al ruolo della donna nella società pakistana mi chiedevo se sarei riuscita a ottenere il rispetto dello staff e, nello stesso tempo, se avrei saputo capire e accettare la nuova cultura con cui sarei venuta a contatto. Appena arrivata, mi sono subito resa conto che in realtà non avrei avuto problemi. La popolazione e lo staff del dipartimento chirurgico sono stati fin dall'inizio davvero accoglienti. Il fatto di sapere fare il proprio lavoro e di farlo con coscienza è la sola cosa che conta al di là di essere una donna. Il fatto di accettare le regole culturali, vestire in abiti tradizionali e portare il velo è solo il mezzo per guadagnare l'accettazione e la possibilità di condividere le proprie esperienze di vita e la propria cultura. Il lavoro è stato tanto, ma ricco di soddisfazioni e il fatto di avere lavorato in due progetti (Dargai, nel distretto di Malakand e Timurgara, nel distretto di Lower Dir), mi ha permesso di capire più a fondo questa regione. I due progetti sono vicini geograficamente, distanti solo 2 ore di macchina, ma profondamente diversi per quanto riguarda il tipo di lavoro e l'atmosfera. A Timurgara, dove MSF supporta il pronto soccorso e la sala operatoria per le emergenze in un grande ospedale, ogni giorno si lavora con l'emergenza e la prima volta che sono andata ad aiutare nel progetto è stato durante uno degli attentati. Abbiamo lavorato tutto il giorno e la notte per soccorrere i pazienti coinvolti nello scoppio. È stato difficile accettare che alcuni di loro non siano sopravvissuti, è stata la prima volta che mi sono davvero resa conto dell'impotenza che si può avvertire nel mio lavoro di chirurgo, ma anche della profonda soddisfazione di sentirsi utili. A Dargai, l'accettazione della popolazione nei confronti di MSF è davvero diffusa e MSF supporta tutti i dipartimenti del piccolo ospedale. Il lavoro chirurgico è caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di interventi in elezione e ovviamente delle emergenze. È stato davvero un lavoro ricco di soddisfazioni: occuparsi dell'organizzazione del dipartimento chirurgico, poter dare assistenza a pazienti abituati a ricevere solo cure a pagamento e, soprattutto, sapere che la presenza di un chirurgo donna aiutava le donne a venire in ospedale per ricevere trattamenti adeguati. Ciò che più mi ha stupito in entrambi i progetti è l'accoglienza e la disponibilità della popolazione, che è molto più aperta di quello che pensiamo e stretta in una comunità in cui la solidarietà e i legami familiari sono la cosa più importante. I pazienti provengono per lo più da aeree rurali, ma sono assolutamente consapevoli dei diritti concernenti la loro salute e la qualità dei trattamenti. Dargai, Pakistan - 11 giugno 2010 - Uno dei bambini che Silvia ha fatto nascere. Certo, le difficoltà e le frustrazioni ci sono state: non è facile aspettare di operare una paziente perché questa deve chiedere il consenso al proprio marito o ai propri parenti maschi, non è facile vedere arrivare pazienti in urgenza con gravi ferite, non trattati dai medici pakistani solo perché poveri o arrivati durante la notte. Questo soprattutto quando si tratta di donne che necessitano di trattamenti ginecologici urgenti come un parto cesareo o un'isterectomia. Mi sono posta tante volte la domanda: qual è il limite tra il rispetto delle regole culturali e l'etica medica? Perché a volte è davvero difficile da definire e da accettare. Ma alla fine imparare a essere diplomatici e comprendere più profondamente le dinamiche culturali è fondamentale per guadagnarsi la fiducia dei pazienti e della comunità, senza ovviamente perdere di vista i principi etici che ci guidano nel nostro lavoro. Ho imparato molto in questa prima missione e sono estremamente grata dei mesi passati in Pakistan, dove ho potuto mettermi in discussione come chirurgo, come donna e come persona. Grazie, quindi, al Pakistan e ovviamente grazie a MSF. Spero sia stata la prima di molte altre missioni! Silvia, chirurgo 11/01/2011 |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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