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« L'ultima caricatura di ...La Lega è arrivata a inf... »

La Lega è arrivata a infettare le istituzioni, a diffondere il razzismo perchè stata legittimata a destra e a manca

Post n°4400 pubblicato il 26 Febbraio 2011 da cile54

continua nel post 4401

LA SVASTICA VERDE

 

Al secessionismo, proclamato in nome della Padania e dei padani, cioè di una nazione e di una "razza" inesistenti, si accompagna un conclamato razzismo contro chi non è padano, dai romani, ai meridionali agli immigrati ai "diversi", disabili o gay. Tutti "fuori dalla Padania". O meglio dentro quando e per quanto servano come mano d'opera da sfruttare in nero; poi espunti dalle graduatorie se insegnanti o magistrati meridionali, come la Lega sogna; ancora peggio se rom o migranti: espulsi, "sgomberati", esclusi dal diritto alla scuola, alla casa o alla salute, oppure respinti in mare, negando loro diritto all'asilo e mandandoli a sicura morte in un Paese come la Libia, che non rispetta i diritti umani (negati del resto anche in Italia ai migranti rinchiusi in zone di non diritto come i CIE).

 

Si tratta di un razzismo su base etnica, come il nazismo della razza "ariana", accompagnato da un sessismo analogo a quello del loro amico Berlusconi, che si serve delle battute o delle immagini più logore e dei più biechi luoghi comuni per ribadire l'assoluta supremazia del maschio bianco.

Tale razzismo si riflette in un'idea proprietaria del territorio ("Padroni a casa nostra") e del potere, in base a cui chi ha la maggioranza dispone delle istituzioni come di cosa propria marchiando, ad esempio, la scuola pubblica, le strade e i ponti, con i simboli di partito sul modello dei regimi totalitari. Svastica verde, appunto, da Adro a Buguggiate, da San Martino di Lupari a Castronno...

 

Che l'unico obiettivo del ceto politico leghista sia il potere, tanto odiato quanto invidiato, conteso a Roma ladrona solo per rimpiazzarla, è documentato anche dall'opportunismo senza princìpi che portò la Lega prima ad agitare in Parlamento il cappio chiedendo l'intervento della magistratura contro i corrotti o a invocare i rigori della legge contro "il mafioso di Arcore"; poi a solidarizzare con lui e a votare tutte le leggi ad personam necessarie per tenerlo fuori dalla galera insieme ai suoi parlamentari e sodali, indagati per mafia.

 

E' la stessa disinvoltura di cui la Lega dà prova servendosi strumentalmente della religione a fini di potere, passando dai matrimoni celtici o dal culto pagano del Dio Po alla campagna in favore del crocifisso e del presepio; dall'intesa con monsignor Fisichella e le solitamente compiacenti gerarchie vaticane in "difesa della vita" e contro la pillola RU486, agli insulti contro l'imam Tettamanzi troppo "accogliente" verso i musulmani. Doppia morale, in uno stile a metà strada tra le furbizie ingenue di una maschera popolare (quella bergamasca di Gioppino nata in funzione antinapoleonica, come ricorda la saggista francese Lynda Dematteo) e il più puro berlusconismo (di chi si sente sopra la Legge e intoccabile perché investito di alte missioni); e doppio linguaggio, giustizialista all'opposizione, autogiustificativo al potere: lampante il caso delle campagne a suo tempo condotte dalla Lega contro l'uso delle auto blu o per la soppressione delle provincie, oggi utilizzate e difese, le une e le altre, dai politici leghisti.

 

Naturalmente non sono mancati nel corso dei decenni manifestazioni di dissenso, con l'espulsione o l'uscita dal movimento di esponenti anche significativi, ora contrari alle svolte "moderate" (come i primi e più radicali dirigenti "autonomisti"), ora alle accelerazioni secessioniste (l'ex-presidente della Camera Irene Pivetti o l'ex-sindaco di Milano Mario Formentini), ora contrari, come l'exparlamentare ed ex-assessore alla sanità della Regione Lombardia Alessandro Cè, alla deriva affaristica e "poltronista". Un dissenso sulla linea del partito è stato espresso l'ottobre scorso anche dal vice-sindaco di Abbiategrasso Flavio Lovati, che ha criticato una politica sull'immigrazione ridotta a parlare "alla pancia", ha definito "fascista" la marchiatura della scuola di Adro e ha denunciato una Lega appiattita sul berlusconismo e sempre più "romana". Ma né fuoriuscite né manifestazioni di dissenso (duramente represse come quelle di Lovati, subito rimosso dal suo incarico) sono valse finora a cambiare un partito secessionista, anticostituzionale, razzista, affamato di potere e di poltrone, illegale ed eversivo, sotto processo da 14 anni per banda armata, che si è autoassolto cancellando tale reato mentre inventava quello di immigrazione clandestina.

 

La Lega, tuttavia, non sarebbe arrivata a tanto, a prendere col 10% dei voti il 90% delle decisioni di governo, a infettare le istituzioni, a diffondere il razzismo dal nord al sud del Paese trasformandolo in senso comune, se non fosse stata legittimata e coccolata a turno da destra e da sinistra perché, come dice Bossi, "porta voti"; e se non avesse avuto spropositato spazio in talk-show "democratici" perché, usando la cifra linguistica e argomentativa del rutto, alza l'audience. E' anche responsabilità di politici, conduttori televisivi, giornalisti, intellettuali democratici o di sinistra se, intollerabilmente, siedono nel Parlamento e nel governo gli esponenti di un partito che viola i principi della nostra Costituzione minacciando la secessione e incitando all'odio razziale.

L'augurio è che anche queste pagine aiutino a far comprendere meglio cos'è la Lega e perché rappresenta, al pari degli altri partiti di estrema destra in ascesa in Europa, razzisti e violenti, una minaccia mortale per la convivenza civile.

 

 

 

 

Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci

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Roma, 12 maggio 1977

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