RACCONTI & OPINIONIPagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti |
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Messaggi del 07/09/2012
Post n°6902 pubblicato il 07 Settembre 2012 da cile54
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Post n°6901 pubblicato il 07 Settembre 2012 da cile54
San Raffaele, effetto crac sui lavoratori: almeno 300 posti a rischio L'istituto fondato da don Verzè continua ad avere perdite e per cercare di risanarlo i nuovi vertici stanno pensando a una razionalizzazione di forniture, a un taglio ai contratti dei dirigenti, ma soprattutto a sforbiciare 25 milioni dal personale. I sindacati: "Troppa fretta, serve più tempo" Non sono finiti i giorni difficili per l’ospedale San Raffaele e i suoi lavoratori. Le perdite continuano a esserci e per cercare di risanarlo, oltre ad una razionalizzazione delle forniture e una sforbiciata sui contratti dei dirigenti, l’amministrazione sta pensando di recuperare i 25 milioni di euro che mancano all’appello dal “personale”. Il che, secondo le stime dei sindacati, vorrebbe dire un taglio di 300-400 posti di lavoro. Secondo le cifre fornite dai vertici dell’azienda ai sindacati a fine agosto, dopo una perdita complessiva nel 2011 di 65 milioni di euro e una di 21 milioni stimati nei primi cinque mesi di quest’anno, il San Raffaele rischia un ulteriore “buco” di oltre 11 milioni annui a causa della delibera regionale che recepisce la “spending review”. Per salvare l’ospedale l’amministrazione sta puntando a risparmiare circa quarante milioni dalla razionalizzazione delle forniture, le economie di scala e le uscite dei contratti dei dirigenti, soprattutto di area non medica. Ma all’obiettivo del pareggio operativo mancano almeno venticinque milioni, e quindi si comincia a quantificare la riduzione del personale. I dipendenti del San Raffaele sono circa 4mila, ma il taglio non riguarderebbe i medici e la dirigenza. “Si tratterebbe quindi di una base di 3104 posti di lavoro e, considerando il costo del lavoro – spiega Margherita Napoletano, delegata sindacale Rsu e Usb dell’ospedale milanese – si può dedurre che sono a rischio di essere tagliati 300-400 posti”. Al momento comunque non sono state avviate le procedure di mobilità: si cerca soprattutto di arrivare a prepensionamenti e uscite incentivate, ma una reale trattativa non é stata ancora avviata. Nella mattinata di domani è previsto un altro incontro tra sindacati e amministrazione, definito “decisivo” da entrambe le parti. I sindacati non hanno proposto un loro piano. “Abbiamo chiesto di nuovo di conoscere il piano industriale e di rilancio dell’ospedale – continua Napoletano – Alle condizioni che ci hanno comunicato è difficile proporre qualcosa. Anche perché con questi numeri, ciascun lavoratore dovrebbe rinunciare a 700 euro al mese. E su uno stipendio di 1500 euro circa è impensabile”. Secondo i sindacati il risanamento non deve per forza essere fatto in tre mesi. Si tratta di un tempo troppo breve, che “rischia di fare una ‘cura da cavallo’ e uccidere il malato – aggiunge la sindacalista – Servono tempi più graduali per il risanamento”. Ma sul piatto della bilancia ci sono anche altre questioni. Esiste infatti un accordo siglato nel 2010 dalla precedente amministrazione, quella di don Verzé, con i lavoratori, che prevedeva premi e incentivi. Anche per gennaio 2013, come spiegano i sindacati, porterebbe ad un passaggio di fascia per tutto il personale del comparto, oltre ad un premio di efficienza e incentivi per la produttività. Un accordo però che, secondo l’azienda, ora non é più sostenibile, vista la crisi e la situazione dell’ospedale, e che se eliminato consentirebbe di recuperare dodici milioni di euro. Ma i sindacati non sono d’accordo. Proprio il mancato versamento di parte di questo premio nel 2012 é stata infatti una delle cause, insieme alla stabilizzazione dei precari, che hanno portato i dipendenti a scioperare lo scorso giugno. Il presidente Giuseppe Rotelli, quando ha rilevato il San Raffaele, ”ha sottoscritto e accettato il pacchetto di accordi sul personale – osserva Napoletano – che quindi conosceva, e ora, dopo tre mesi, non può cambiare le carte in tavola”. La giornata di giovedì si annuncia dunque decisiva per i dipendenti dell’ospedale. I vertici dell’azienda si aspettano una proposta dai sindacati, mentre questi ultimi vogliono capire cosa vuole fare davvero l’azienda. E hanno già annunciato di voler portare la questione al di fuori dell’ospedale e in tutte le sedi possibili. Sono già state contattate le istituzioni locali e nazionali (“Governo compreso, ma per ora senza riscontri”) mentre per metà mese si sta ipotizzando di organizzare una manifestazione in piazza Duomo a Milano. Adele Lapertosa 6 settembre 2012 www.ilfattoquotidiano.it |
Post n°6900 pubblicato il 07 Settembre 2012 da cile54
Fornero «Ora abbassiamo gli stipendi degli anziani». Tutto sempre in nome dei giovani, per carità. Invocando il bene di figli e nipoti, si dispongono i cittadini a sacrificarsi ancora L'ultima del ministro Fornero (<-- fonte Sole24Ore-Radiocor), di cui collezioniamo le "perle", è la seguente: una proposta vòlta a settorializzare gli emolumenti per età. Una specie di gabbie salariali legate alla data di nascita anziché alla latitudine, insomma. Secondo la Fornero, gli over 50 guadagnano troppo e quindi con qualche tagliuzzino in busta paga i giovani se ne avvantaggerebbero. Come, non è chiaro. Soprattutto non è chiaro visto che i giovani guadagnano ancora stipendi da terzo mondo con contratti precari, e come al solito si procede a far stare peggio qualcuno con la vaga promessa di far stare meglio qualcun altro in un non precisato futuro. Se consideriamo che molti stipendi di cinquantenni servono ad integrare le paghe cinesi di ventenni e trentenni, invece, si capisce subito dove si andrà a parare: che tagliando lo stipendio dei genitori, i figli moriranno di fame ancora più facilmente. I sacrifici nel nome dei figli: un'altra presa per i fondelli collettiva a cui bisogna dire basta. Debora Billi 6/9/2012 www.crisis.blogsfere.it |
Post n°6899 pubblicato il 07 Settembre 2012 da cile54
I bamboccioni salveranno l’Italia Siamo quelli con meno di 40 anni, cresciuti tra Happy Days e Dawson’s Creek, che hanno nel fallimento il comune denominatore. La prima generazione dal dopoguerra a stare peggio dei propri genitori. I più formati che questo Paese abbia mai avuto, ma anche le risorse che meno ha utilizzato. Per non parlare dei debiti che gentilmente ci sono stati messi sulle spalle e che, nel caso riuscissimo a venire fuori dalle sabbie mobili, ci toccherà estinguere. Tanto per saldare il conto del benessere dei nostri carnefici. Noi che non andremo in pensione e che le parole “mettere su famiglia” o “avere un progetto di vita” ci paiono fantascientifiche. Siamo la Generazione Perduta, tanto per usare le parole del premier Mario Monti che qualche settimana fa, in barba ai proclami d’inizio mandato, ha ammesso di non poter far nulla per noi. Il vaso di Pandora è stato scoperchiato. Quando la più grande crisi della storia del capitalismo ha bussato alle porte del nostro vecchio Paese, i nostri mandarini (la classe dirigente più vecchia e meno mobile d’Europa) hanno subito scaricato altrove le responsabilità sul fenomeno inatteso. Spesso costruendo una retorica in cui noi saremmo i carnefici del nostro stesso disagio. Retorica, per esempio, è quella che ci definisce “bamboccioni”, giovani non competitivi, perché “troppo viziati”. L’ex ministro Brunetta si eccitava nel definirci “l’Italia peggiore” invitandoci a “raccogliere le cassette della frutta”. Il vice ministro Martone, più recentemente, ottiene il suo momento di visibilità affermando che se un giovane a trent’anni non è riuscito “è uno sfigato”. Certo che siamo sfigati: non solo non siamo figli di suo padre, ma abbiamo anche lui come vice ministro con delega ai giovani. Anche il ministro Cancellieri c’è cascata: “I giovani sono mammoni, perché non si allontanano da casa”, ha detto. Le sarebbe bastato leggere i dati Svimez sull’emigrazione giovanile dal Mezzogiorno per accorgersi che altro che mammoni: 700 mila sono i giovani andati via da casa verso il Nord d’Italia e d’Europa tra il 2001 e il 2010. Un esodo biblico di cui il Viminale non si è accorto. Siamo proprio in buone mani! Oggi tutti fanno a gara in analisi e programmi per i giovani, forse consapevoli della bomba sociale – come lo scenario da guerra civile dei nuovi concorsi nella scuola – o forse solo per cercare nuovi consensi. Generazione che dovrà trovare da sola la strada, senza aspettare la mano caritatevole del carnefice pentito. Percorrendo questa strada – con i suoi talenti e le sue energie – avrà la responsabilità di essere l’ultima chance per il nostro Paese, sempre più vecchio e più triste. Come Ugo Parodi trentenne che da Palermo guida Mosaicoon, specializzata nel viral marketing - 2012 miglior start up italiana – con un portfolio di grandi brand come Microsoft, McDonald, Wind, Vodafone, Nissan, Renault,Ford, Fox. Sempre da Palermo è partito Gabriele Trapani - classe 1986 – portando il suo digital media label, Wecrosstheline, in giro per l’Europa. Sono solo due fotogrammi dell’album di una generazione che non ci sta, che è in marcia per autodeterminare la propria vita. Ragazzi che non hanno atteso cooptazioni, o posti pubblici, e che non hanno perso tempo nel piangersi addosso. Ragazzi che parlano altri linguaggi, che interpretano il tempo nuovo, senza paura e diffidenza. Stanno credendo in loro stessi, nei loro saperi, inventandosi imprenditori. Sono loro i bamboccioni che daranno un futuro al nostro Paese, lanciando la sfida dell’innovazione e del coraggio. Ma anche rinnovare la classe dirigente, cacciando aspiranti stregoni e mandarini. Massimiliano Lombardo 6/9/2012 www.ilfattoquotidiano.it |
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(Gianni Rodari)
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G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI
Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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