Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

« Un poeta del novecentoWashington, 20 Gennaio »

Voci e immagini dall'inferno

In questo post scriverò poche parole. Lascerò parlare alcuni video che raccontano Gaza "da  dentro", al di fuori delle versioni ufficiali di comodo che ormai mi hanno stomacato.

In questo breve video, Vittorio Arrigoni, militante pacifista del movimento Free Gaza, racconta qual è la situazione reale di Gaza, dopo 20 giorni di bombardamenti da terra, aria e mare.

Ieri i piloti dell'esercito israeliano hanno bombardato la sede centrale dell'Onu (video) per i rifugiati, argomentando che qualche cecchino di Hamas sparava verso di loro dal tetto. Di fronte alle smentite dei funzionari dell'Onu, il ministro della Difesa  si è scusato con il segretario dell'Onu Ki-Moon  per le  bombe sulla sede Unrwa.

E' stato bombardato anche il palazzo da cui trasmettevano alcuni giornalisti di Al Jazeera e i pochi corrispondenti che sono riusciti ad entrare a Gaza prima dell'inizio dell'aggressione istaeliana (video) 

I morti sono arrivati a 1.060 (di cui 322 bambini) e i feriti a 4.500, molti dei quali gravissimi e destinati a morire per mancanza di ausilii medici adeguati.

Ieri è andato a fuoco il secondo piano di un ospedale di Gaza City, centrato da proiettili israeliani. Le ambulanze spesso vengono ostacolate nei soccorsi ai feriti e costrette a intervenire ore e ore dopo le segnalazioni o mantenersi a distanza per evitare di essere bombardate. In ogni caso, più di dieci autisti o medici e paramedici  in servizio sulle ambulanze sono stati colpiti mentre svolgevano azione di soccorso. Anche in questo caso, Israele ha pensato (almeno questa è la giustificazione ufficiale) che le autoambulanze servissero a dare ospitalità a militanti di Hamas.

Mi sembra ormai chiaro che non è Hamas il bersaglio del massacro, ma l'intera popolazione residente nella striscia, a cui occorre "istillare il senso della sconfitta permanente", come ha detto un generale israeliano di cui non voglio neanche cercare il nome.

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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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