Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Hunger

Post n°459 pubblicato il 03 Maggio 2012 da falco58dgl
 

Ho visto un grande film, l'esordio del regista Steve McQueen, autore  di "Shame". Un film ambientato in un carcere dell'Ulster, dove i prigionieri della provisional IRA, frazione dell'esercito repubblicano irlandese, mettono in atto una protesta estrema. Andatelo a vedere, è un'opera così intensa da stordire.

hunger

 


"Verrà il giorno in cui tutta la gente d'Irlanda potrà mostrare il desiderio di libertà. Sarà allora che vedremo sorgere la luna »
(The diary of Bobby Sands
)

Carcere di Maze, NordIrlanda, 1981. Il corpo di Bobby Sands scheletrito, pieno di ulcere, gli organi che cedono uno per uno, la vista che si annebbia,la coscienza tenuta vigile solo da una determinazione immensa, 66 giorni di digiuno totale fino alla morte. La morte come strategia di pressione per ottenere lo status di "prigioniero politico" ed estremo tentativo di riprendersi la propria libertà, il proprio diritto di scegliere.

Ogni due settimane, un prigioniero nordirlandese inizia questo calvario, una staffetta verso un esito previsto, un passaggio di testimone da corpo a corpo, da persona  a persona, da  una vita segnata dal carcere e dalle sevizie dei secondini all'ultima protesta e affermazione di dignità.

Le mani di una guardia carceraria sanguinanti, piene di ecchimosi, screpolate dalle troppe percosse inflitte. Un reparto di poliziotti in assetto da guerra che prende posizione su due fila parallele battendo i bastoni sugli scudi e abbattendoli sui prigionieri che devono passare in mezzo a loro. I corridoi del carcere di Maze invasi  dall'urina, le mura delle celle imbrattate di escrementi. Lunghi piani-sequenza che paiono disegnati da un occhio geometrico, che scarnifica le immagini, le riduce all'essenziale, così come priva i corpi dalle protezioni della pelle, del muscoli, del grasso.

Bobby Sands e un sacerdote  che si confrontano sulla strategia dello sciopero della fame. 20 minuti di dialogo con la telecamera fissa; una guardia freddata con un colpo alla testa mentre visita la madre in una casa di riposo, la testa inondata di sangue sul suo grembo.

I parenti dei detenuti, le loro visite, la compostezza dei genitori di Sands nell'accettare il suo sacrificio. La voce della Thatcher che si oppone alle richieste dei prigionieri, che parla di pietà senza conoscere il significato della parola. Un lenzuolo bianco per avvolgere i 9 cadaveri che seguiranno Sands nel suo percorso.

Un film straordinario, dirompente, tagliente come un bisturi. Un grande esordio.

W.

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Commenti al Post:
Heazel.
Heazel. il 04/05/12 alle 01:41 via WEB
questo film devo dire che non l'ho visto, se distribuito a Taranto sicuramente lo andrò a vedere!! grazie Claudio
 
 
falco58dgl
falco58dgl il 04/05/12 alle 12:08 via WEB
E' un film molto duro, Chiara. Potente, ma molto crudo. W.
 
 
Heazel.
Heazel. il 04/05/12 alle 14:58 via WEB
scusami ma questi numeri presenti sul messaggio cosa significano? che il messaggio è il n....? non li ho di certo messi io.
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Writer il 04/05/12 alle 18:54 via WEB
Non ho idea, Chiara. Probabilmente qualche piccolo problema con il linguaggio HTML. Nulla di cui preoccuparsi... :) W.
 
Heazel.
Heazel. il 04/05/12 alle 23:53 via WEB
ciao Claudio, grazie per il chiarimento! :)
 
ildonodisale
ildonodisale il 10/05/12 alle 14:30 via WEB
A Roma è programmato in poche sale e neanche le più importanti. L'ho visto poco dopo l'uscita, colpisce la parte politica e storica, colpisce come un pugno nello stomaco, e Steve McQueen come regista mi è piaciuto molo più in questo film che in shame che a mio gusto è stato un po' sopravvalutato. :)
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Writer il 15/05/12 alle 14:28 via WEB
"Hunger" arriva nelle sale italiane con 4 anni di ritardo. Il film è uscito nel 2008 e lo hanno proposto adesso solo perché "Shame" è stato un successo. Le logiche del mercato cinematografico tendono a emarginare tutto ciò che non da' garanzie di successo commerciale ed è un peccato perché questo film è uno dei migliori degli ultimi anni. ciao. W.
 
bimbadepoca
bimbadepoca il 14/05/12 alle 17:22 via WEB
Il tipo di film poco commerciale che qui dove vivo non uscirà mai, nemmeno in DVD. E mi dispiace perché dalla tua descrizione mi sembra un grande film. Rivoglio le sale cinematografiche di una volta, quelle piccole e malandate che odoravano di fumo e giorni passati, ma che trasmettevano tutto. Ora invece siamo invasi da confortevoli e bellissime multisale ma passano solo i film che fanno guadagnare.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Writer il 15/05/12 alle 14:37 via WEB
Ciao, Bimba, benritrovata. Anche a Torino il film è presente solo in una sala. Eppure qui in città esiste un circuito di cinema d'essai che proietta proposte interessanti e non commerciali. Altrove l'omologazione è totale e taglia fuori le opere innovatrici o poco rassicuranti. ciao. W.
 
pa.oletta
pa.oletta il 14/05/12 alle 21:19 via WEB
soo l'immagine è devastante...grazie di questo post....fa riflettere...Paola
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Writer il 15/05/12 alle 14:40 via WEB
l'immagine non è neanche tra le più crude tra quelle proposte, Paoletta. Hunger è un film che scuote lo spettatore, che sconvolge le nostre sicurezze abituali. Grazie dell'apprezzamento, il film lo merita sicuramente. W.
 
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LA RECENSIONE

usumacinta

DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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                             Sagrada familiaimmagineimmagine

 

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