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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.
SOLIDARIETÀ CON RED LADY E CON LOCANDA ALMAYER!
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(Autoritratto all'inferno, Munch)
Terzo movimento
Da quel momento, mi sento preso dentro un meccanismo che insieme mi stritola e mi esalta. Giordie32 mi conduce su terreni impervi, scoscesi, con una leggera noncuranza che mi sgomenta.
Mi spiega che abbiamo solo scherzato, che una vera flame non è uno scambio di insulti o di volgarità, ma un esercizio sottile di intelligenza, simile all’arte della guerra. Occorre rispettare l’avversario per poterlo vincere, bisogna saper assecondare i suoi movimenti, fingere false ritirate, preparare i contrattacchi.
Monica si concede e si nega, seguendo gli esiti dei miei combattimenti.
Lavoro male, con difficoltà. La mia ragazza mi guarda stupita, poi infastidita. Smette di telefonarmi al secondo appuntamento saltato.
Ascendo lentamente, incomincio a conoscere le persone con cui mi scontro. Bisogna amarsi nella vita reale, per potersi odiare in quella virtuale, sostiene Giordie. O viceversa.
Sento che i margini della mia realtà diventano sfumati ed incerti, frastagliati come il profilo di una costa rocciosa.
Poi conosco meglio il mio maestro.
Quarto movimento
Provo per Giordie32 un’attrazione che cresce e s’impone senza che possa fare nulla per frenarla. In sogno lo incontro in luoghi indecifrabili, mi sorride e m’accarezza con affetto.
E’ lui a presentarmi i miei nemici. Sono sorpreso dalla distanza che separa la loro vita dai personaggi che interpretano. Sono professionisti, artisti, commercianti, studenti. Sembrano, sono persone normali, persino ovvie nella loro quotidianità (quella che m’appare essere la loro vita quotidiana) Solo la mia vita s’ingarbuglia sempre di più, una sovrapposizione caotica di piani e di significati.
Su 20 scontri, ne vinco 11. Quando perdo, devo dare -queste sono le regole- qualcosa di me. Giordie32 amministra i premi e le punizioni con saggezza. Il premio è Monica e devo confessare che il suo corpo, la sua bocca, il suo viso e la sua vagina esercitano un richiamo potente che mettono i miei sensi in allerta.
Le punizioni consistono nell’assenza dal gioco per alcuni giorni o anche per una settimana intera. E fanno male. Anche se il castigo peggiore è quello della confusione, della perdita di riferimenti, come quando ti svegli la mattina con un ronzio sordo nelle orecchie e fai fatica a riconoscere anche gli oggetti più consueti.
Un giorno Giordie32 mi stringe a sé con forza. Poi si discosta e dice “Caro amico, è venuto il momento. Ci vogliamo bene. Possiamo combattere tra di noi. Il premio saremo noi stessi”.
Quinto movimento
Entro in un incubo lucido e tagliente. Ci misureremo su un terreno nuovo, senza limiti di tempo. Giordie32 riesce a scovare un forum “invisibile”, dalla sigla ermetica, e mi spiega le regole del gioco. Un messaggio al giorno a testa, non superiore alle 100 righe, in cui è d’obbligo riprendere gli argomenti del messaggio precedente. Nessuna replica ad altri interlocutori che si dovessero inserire. Ogni tipo di attacco è permesso, ma non si può rivelare l’identità reale dell’avversario. Perde chi non manda il messaggio di risposta nei tempi dovuti o chi si dichiara sconfitto.
Il gioco ormai dura da 88 giorni e non ho alcuna speranza di vincerlo. Giordie32 ha scelto un tono lievemente ironico e tenero, proprio di un fratello maggiore e smonta i miei attacchi con implacabile leggerezza.
Dimostra una sapienza tale che mi sorprendo a sorridere e a ripetere, tra me e me, i suoi argomenti. Sembra conoscermi meglio di chiunque altro.
Ma non posso smettere. Ho capito cosa comporta la fine del gioco e non posso accettare di perderlo. Se vinco, io voglio lui, la sua differenza. Se perdo, lui vuole continuare il gioco con un altro. Non lo posso sopportare.
Sesto movimento
Nel centododicesimo giorno succede un fatto straordinario. Giordie32 non risponde. Temo sia successo qualcosa, aspetto una giornata intera, apro il forum almeno una decina di volte. Nulla, nemmeno una parola. Ho vinto? Non riesco a crederlo.
Gli telefono. Risponde Monica. “Vieni qui- mi dice- fai in fretta”. Mi precipito verso il quartiere Monti, vi arrivo in 20 minuti.
Monica - l’ho vista poco negli ultimi 4 mesi e non abbiamo più fatto l’amore dall’inizio del gioco- mi fa entrare. Piange silenziosamente
“Giordie è andato via”, articola a stento. “Ti ha lasciato una lettera”.
So già di cosa si tratta. Non poteva accettare di vincere distruggendomi e condannandomi, ma nemmeno di perdere, consegnandosi così al mio amore. Gli avrei impedito di continuare a scontrarsi con altri avversari, lo avrei rinchiuso come un pesce in un acquario, questo temeva. Ha scelto per sé la pena peggiore. Interrompere il gioco, non giocare mai più.
Saluto Monica in fretta, torno a casa mia a passi rapidi, imponendomi di non correre
Mi sorprendo, mentre varco la porta del mio appartamento, a odiare Giordie con tutte le mie forze.
IL MIO ROMANZO
CLAUDIO MARTINI
"DIECIMILA E CENTO GIORNI"
BESA EDITRICE
INCIPIT
COME ERAVAMO
Gioco Letterario
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LA RECENSIONE
DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO
Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.
E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.
Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.
Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.
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