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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Desaparecidos

Post n°215 pubblicato il 11 Dicembre 2007 da falco58dgl
 

                                       (morti a Mogadiscio)

Si avvicina il Natale. Un’orgia di luoghi comuni ripetuti, di pubblicità gonfie di stelline e Babbi Natale che portano sacchi colmi di telefonini, panettoni, ipod, coca-cola e navigatori satellitari,  sta prendendo faticosamente forma.

 Anche se i camionisti  se ne fregano del paese e bloccano i rifornimenti  di alimentari, benzina e merci, fermando la Fiat. Anche se le forze politiche continuano il balletto grottesco intorno alla legge elettorale  in una logica del “tutti contro tutti”, fottendosene anche loro dei problemi concreti del paese. Anche se i media ci deliziano con le anticipazioni sull’ultimo film di Pieraccioni,  le stragi kamikaze colpiscono con puntualità svizzera i paesi del bacino del mediterraneo e  il Medio Oriente,  le morti “bianche” (chissà perché si chiamano bianche, come se il sangue degli operai fosse annacquato dall’indifferenza) hanno l’onore della prima pagina, dopo essere state relegate in due righe di circostanza nella cronaca locale,  la precarietà del lavoro obbliga un’intera generazione a  rimanere nella casa paterna e materna e a rimandare sine die i propri progetti di vita. Ma sì, chissenefrega, sta arrivando il Natale,  siamo tutti più buoni,  l’anno muore tra eccessi di cibo, riunioni familiari, week end in montagna, film da buttare, angosce nascoste sotto il tappeto come cumuli di polvere che è poco elegante mostrare agli invitati, regali fatti e ricevuti.

In questo quadretto mefitico alcuni eventi risultano invisibili, sono scomparsi come quegli oppositori ai regimi dittatoriali dell’America Latina che venivano buttati in mare da elicotteri o interrati in fosse comuni.

 Della Birmania non parla più nessuno, se non qualche blog per lamentarsi del fatto che nessuno ne parla, anche se laggiù si continua morire, si continua a essere incarcerati, torturati, sequestrati, un intero paese è tenuto in gabbia da una giunta di assassini e trafficanti di droga.  Della tragedia del Corno d’Africa, ne parlano solo alcune riviste specializzate  (otto articoli di otto blog  nell’ultima settimana) anche se la guerra tra l’esercito Etiope e i militanti delle corti islamiche a Mogadiscio e nelle altre città della Somalia ha  causato un numero di sfollati enorme  e più di 4.000 morti  tra i civili solo quest’anno.

Mogadiscio è una città fantasma.
La città è un misterioso, imprevedibile, deserto campo di battaglia. Tra le macerie, squarci e spazi aperti dai bombardamenti sono vuoti. Negozi, mercati, scuole, uffici, università e porto sono chiusi. Ciò che resta della popolazione passa il giorno barricato nelle buche scavate sotto il pavimento delle case. Sono quasi tutti maschi, rimasti a difendere le proprietà. Chi deve uscire in cerca di acqua e di cibo, corre ricurvo tra auto bruciate e muri crollati. Cadaveri e feriti vengono lasciati dove cadono. Un'aria spessa, bollente e polverosa, stende su tutto una nebbia affumicata. Negli ultimi giorni non si spara più solo di notte".

Del Darfur si occupa ormai solo qualche decina di organismi non governativi nell’indifferenza generale. Del continente sudamericano si sa unicamente (e lo sanno in pochi) che il re di Spagna ha zittito Chavez nell’incontro di Santiago del Cile e che in Venezuela  un referendum ha bocciato l’ipotesi di riformare la costituzione  per favorire la rielezione dello stesso Chavez. Un intero continente  grande tre volte l’Europa e abitato da decine di milioni di figli e nipoti di italiani è invisibile, non esiste, è fuori dai nostri occhi e dalle nostre menti.

Ma anche in Italia, la mafia sembra essere desaparecida,  la perdita di potere d’acquisto dei salari è oggetto di qualche litigio televisivo tra membri del governo e dell’opposizione, la sofferenza degli psicotici e degli eronoimani  è un tema fuori moda, poco spettacolare, poco interessante, non fa audience. Possiamo solo sperare che non ci tocchi personalmente. 

 Ma sì, avanti così, tra due settimane è Natale, Santa Klaus è in arrivo.

Blog che parlano della Birmania e del Corno d'Africa:

Ecoblog

liberaci
Analisi sui movimenti islamici radicali
Passi nel deserto
Secondo protocollo.org
Franca Rame
Roby, walk this way
La torre di Babele
Mazzetta
ZonaLais
Roberto e Stella
Libera Associazione Barbarica
Liberali per Israele
The best of black
Daily Stefs
Utopie irlandesi

 
Rispondi al commento:
falco58dgl
falco58dgl il 17/12/07 alle 12:06 via WEB
Più che altro, la Somalia è periferica e non strategica. Adesso sta acquisendo un po' di importanza proprio gtrazie al radicamento delle corti islamiche, come paese a rischio di terrorismo. In realtà, il terrore in Somalia esiste già da un pezzo ed è provocato dalla guerra che incombe sul paese da più di 20 anni. Ciao. W.
 
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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