Creato da falco58dgl il 26/09/2005

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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Torino, 25 Aprile

Post n°267 pubblicato il 26 Aprile 2008 da falco58dgl
 

Arrivo In Piazza San Carlo verso le 15:30. La piazza è piena, più di cinquantamila persone. Giovani, genitori con i figli, ragazzi e ragazze in  bicicletta, signore di mezz'età, una bella fetta del popolo torinese. In fondo alla piazza, un gruppetto di persone vende bandiere tibetane. Dall'altra parte, verso Piazza Castello, centinaia di persone in coda per firmare i tre referendum proposti: l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, l'abolizione dei finanziamenti pubblici ai giornali e agli organi di informazione e l'abolizione della legge Gasparri che regola in modo indecente il sistema televisivo  e sancisce il dupolio Rai-Fininvest garantendo a Berlusconi l'egemonia della raccolta pubblicitaria.

Grillo parla urlando, come se fosse sull'orlo di un infarto, saluta la televisione australiana, Al Jazeera, la BBC, la CNN, gli organi dell'informazione internazionale, dice che in piazza ci sono i nipoti di coloro che hanno liberato l'Italia 60 anni fa e l'hanno resa un paese quasi libero. Quasi libero.

Esco dalla piazza, cammino a fatica per via Roma piena  di gente assiepata intorno ai banchetti per la raccolta delle firme e ad artisti di strada, arrivo in piazza Castello, vado verso la manifestazione indetta dal Comune e dalle associazioni partigiani per commemorare il giorno della liberazione. Forse duemila o tremila persone, molte delle quali passeggiano e danno un'occhiata distratta ai gruppi musicali e agli interventi degli esponenti dell'associazione dei reduci. Lo stesso popolo di piazza San Carlo, solo meno numeroso.

Ritorno verso la piazza del V-day, passando per piazza Carignano. Ovunque code di persone. per entrare  al bar, in gelateria, al museo sabaudo. Giro per via Maria Vittoria, rientro nella grande piazza gremita. Sta parlando una donna, il cui marito è stato arrestato perché coltivava piante di cannabis per il proprio consumo personale e ucciso in una cella d'isolamento di un carcere umbro. Parte il collegamento video con Bologna, un'altra piazza affollata. Si parla di Tav, di rifiuti, un professore americano si scaglia contro gli inceneritori e suscita un'ovazione quando si augura che Bush e Berlusconi se ne vadano via insieme nel mondo immaginario che descrivono.

Arriva un giornalista, chiede e ottiene dalla piazza un sonoro vaffanculo per Mazza, Riotta, Mimun. I giornalisti sono camerieri, è un sistema che manda avanti solo i servi, i giornali forniscono le notizie sulla base delle indicazioni dei partiti, si dice.

Torno verso Piazza Castello pensando che l'energia della piazza è simile a quella del movimento, quando militavo nelle formazioni extraparlamentari. L'energia, ma anche la genericità delle parole d'ordine. In Piazza Castello un gruppo di ragazzi suona un pezzo heavy metal che martella i partecipanti come una gragnuola di colpi. Scappo da lì, entro nella libreria Feltrinelli, compro un libro di un esordiente che volevo leggere da tempo.

Faccio un ultimo salto verso Piazza San Carlo, sono ormai le 18:00. Collegamento con New York, con Amsterdam, dove gruppetti di militanti cercano di raccogliere le firme per i referendum e sono ostacolati dai consolati locali. Arriva Marco Travaglio, applauditissimo, ed esordisce dicendo che nel '94 Berlusconi non aveva candidato nemmeno un inquisito e aveva come modelli (anche se strumentalmente)  Falcone e Borsellino. 15 anni dopo ha sostenuto che Mangano è un eroe e che Di Pietro gli fa orrore.  Dice che Berlusconi ha mandato via Air France per affidare Alitalia a qualche amico tangentaro. Applaudo anch'io. Applaudo anche quando Travaglio ricorda l'esistenza di tanti giornalisti bravi e non compiacenti col potere, i cui nomi si conoscono solo quando vengono messi sotto scorta o uccisi.

Va via Travaglio, sostituito da un quartetto musicale. La piazza comincia a svuotarsi. Mi dirigo anch'io verso casa, pensando che Grillo ha fatto un grave errore nel promuovere l'astensionismo alle ultime elezioni, che spesso mi pare insopportabile e manicheo quando vuole fare il capopopolo, che se avesse responsabilità di governo farebbe solo disastri,  ma che il popolo che l'appoggia ha valori e un orizzonte ideale simile ai miei e desidera un paese meno corrotto, più libero, più democratico, con un'informazione non asservita, dove il merito non sia solo una parola usata in prossimità delle elezioni, ma un criterio reale di  mobilità sociale.

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Rispondi al commento:
falco58dgl
falco58dgl il 26/04/08 alle 14:36 via WEB
Sì, Lorenzo, è un'immagine del primo V-day, quello di settembre scorso. Non ho trovato in rete foto della manifestazione di Torino. Ma la folla era quella... ciao. W.
 
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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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