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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Intervista a Bus Stop

Post n°122 pubblicato il 04 Aprile 2007 da falco58dgl
 

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La prima volta che ho visto il blog "Mongolia" sono rimasto sorpreso dall'atmosfera britannica che lo caratterizzava. L'autobus a due piani mi è sembrato da subito un emblema appropriato per un blog  che, già nel nome, allude a luoghi di sosta e di transito.
 
Abbiamo con noi questa sera Ric, in arte "Bus Stop", a cui ho intenzione di rivolgere qualche domanda:

1. Chi è "Bus stop"? Hai voglia di presentarti brevemente?

Bus stop è un povero diavolo in cerca d'affetto. Affetto che vada al di là dell'amare. E' uno che cerca il "senso", la serenità. l'onestà con se stesso.

2. Perchè hai creato il tuo blog?

 Mongolia nasce dalle ceneri di diversi blog. Il primo fu Moulin Rouge, poi venne Linea 13 e poi finalmente Mongolia.
 
3. Perché lo hai chiamato "Mongolia. Viaggio ai confini del nulla"?

A causa del mio aspetto fisico. Fin da piccolo mi hanno sempre chiamato Gengis Khan per via del taglio degli occhi. Mi sono interessato a lui e alla sua storia di guerriero e imperatore di un regno immenso. Talmente immenso da avere come confine il nulla. E il mio blog è un po’ senza confini. E' un po’ come la Mongolia. Abitata sì, ma poche persone su una terra immensa. Vasti spazi, pianure verdi, montagne impervie e deserto. E' il riassunto di tutto quello che c'è sulla terra.

4. Vivi veramente in Inghilterra o ci hai vissuto in passato? Se sì, come ti trovi/trovavi? Quali sono le cose che preferisci e quelle che detesti del Regno Unito?

 No, non vivo in Inghilterra, sono spesso là, però. Lì c'è una parte di cuore, tempo fa era la metà, poi me ne sono ripreso un pezzettino. Vado avanti indietro, faccio il pendolare sentimentale, finché dura...

5. Qual è, nella "real life" il tuo rapporto con l'autobus? E' un luogo di lavoro, è un luogo di trasporto, è una metafora?

L'autobus è il mio luogo di lavoro. L'ho amato molto, poi improvvisamente l'ho odiato molto. Ora cerco un equilibrio. E' 12 anni che sono autista e, visto che ne devo fare altri 28 prima di poter dedicarmi a quello che davvero mi piace, ho cercato di veder il bus sotto un altro aspetto. Sì! è anche una grandissima metafora della vita. Si parte da un punto per giungere a un altro. Lungo la via ci sono delle fermate dove sale gente. Con alcuni ci parli, con altri no. Si riempie andando verso il centro per poi svuotarsi man mano in periferia. Il viaggio comporta sempre il pagamento di un ticket. Proprio come la vita.

6. La rete per te è essenzialmente il blog o frequenti anche altre realtà del web (chat, forum, newsgroup)?

Sì! Solo ed essenzialmente blog

7. Ho letto che hai partecipato ad alcuni "blograduni" e che hai affermato che sono simili a una puntata di Quark :-). Quali sono le tue sensazioni quando incontri altri bloggers e il rapporto diventa reale?

Più che partecipato insieme ad altri siamo organizzatori di blog-raduni. Beh è nato tutto dalla conoscenza di alcuni blogger della mia città. Ci siamo incontrati, ci si è trovati simpatici e da lì si è partiti estendendo man mano anche ad altri le nostre cene e gite. E' davvero una bella esperienza. Dopo che incontri dal vero le persone, anche i blog acquisiscono un’ altra valenza. Si riesce a definire meglio il carattere del blog e dare la giusta valenza alle parole scritte. Conosco una cinquantina di blogger. O meglio ho conosciuto, perchè poi con alcuni ho perso il contatto, c'è una vita che preme fuori da qui...correnti che ti portano verso altre direzioni. Ma con altri è nata proprio una bella amicizia, direi un bel gruppo.

8. Leggendo il tuo blog, emerge l'immagine di una persona giovane che vive la modernità senza eccessivi entusiasmi, ma anche senza eccessive paranoie. Ti riconosci in questa definizione?

Mah vivere la modernità…mi piacerebbe ma sono tecnoinabile. Ho impiegato più di un anno a scaricare messenger e quando ci sono delle modifiche nella piattaforma di Libero ci metto mezzo secolo per capire come usare le funzioni.
Mi sono reso conto che il blog, almeno per come lo vivo io è un ""navigare"" dentro se stessi. Traduco me a me stesso. Una sorta di terapia analitica che spesso mi crea dipendenza. Prossimo obiettivo è proprio quello di cercare di diventare indipendente dal mio blog. Difficile, perchè è come se sentissi anche di staccarmi da un gruppo. Un gruppo di persone con cui sto bene e con cui mi piace fare delle cose...non so, vedremo...fermata dopo fermata...

Grazie, Ric.

Writer

http://www.writer-racconti.org/

 
Rispondi al commento:
DONNADISTRADA
DONNADISTRADA il 06/04/07 alle 18:19 via WEB
Simpaticissima intervista. Avevo a suo tempo letto anch'io quella di EVA KANT a cui fai riferimento! E' bello prendere spunto così professionalmente da bravi maestri. Ciao writer, prendiamo l'autobus?
 
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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