Un blog creato da lorifu il 31/12/2009

la memoria dispersa

un mondo di affetti perduto (ricordi, pensieri, riflessioni)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Messaggi di Giugno 2019

 

Ambarabaciccicoccò

Post n°638 pubblicato il 28 Giugno 2019 da lorifu
 

 

 

Ricordo acquazzoni lontani e pozzanghere dove specchiarsi.
I giochi eran più belli dopo un temporale. Annusavamo l'aria e sapeva di essenze profumate. Correvamo felici e giocavamo a chi le scavalcava meglio e a ogni schizzo pagavamo pegno.
Ambarabaciccicoccò:...mentre ridevamo di quelle improvvisate punizioni che al massimo dovevi entrare tra i rovi e uscirne senza graffi.
Ambarabaciccicoccò...ripetevamo e niente ci sfuggiva di quel fermento tra i campi. L'erba bagnata ci lambiva le gambe e apparivamo rinvigoriti da tutto quel solleticare.
Ambarabaciccicoccò...mentre tornavamo sul sentiero cinguettando come uccelli in volo. Tutto intorno si era rianimato dopo il provvidenziale temporale e il nostro vocio si mescolava ai suoni naturali della natura risvegliata.
Ambarabaciccicoccò ...ridevamo ora attirati da un tonfo nella pozza grigia.

Un rospo...un rospo...gridavamo elettrizzati e spaventati dall'improvviso saltellare mentre ci avvicinavamo a debita distanza: Mai ne avevamo visto uno così da vicino e gli occhi sporgenti facevano paura; chini sulla pozza guardavamo quel corpo rugoso e le pupille dilatate.
Si sentiva accerchiato e d'un balzo scomparve giù nel fosso.
Ambarabaciccicoccò ...cantavamo lenti ritornando verso casa.
Mi sentivo principessa ora, dopo l'incontro con il rospo. Ero sicura di aver incontrato il principe ranocchio.

 

 

 

 
 
 

Eterna presenza

Post n°637 pubblicato il 23 Giugno 2019 da lorifu
 

foto Ralph Gibson

 

 Pedro Salinas, il grande poeta spagnolo che  sapeva parlare d'amore.

Nel  suo capolavoro "La voce a te dovuta", una sorta di canzoniere amoroso, l'oggetto amoroso è l'amore stesso,  amore inteso come scia di tempo sottratta all'eterno nulla.

Anche se  i versi  delle settanta poesie che lo compongono sono dedicati al grande amore della sua vita Katherine R. Whitmore, il tessuto poetico travalica le consuete forme  di sonorità e ritmo. Acquistano una loro inconfondibile cifra in quanto,  pur attenendosi alla realtà e alla concretezza,  nel continuo  divenire e trasformazione dei percorsi esistenziali riescono a creare forti suggestioni negli animi capaci di entrare in contatto con la propria intimità.


Eterna presenza
Non importa che non ti abbia,
né importa che non ti veda.
Prima ti abbracciavo,
prima ti guardavo,
ti cercavo tutta,
ti volevo intera.
Oggi più non chiedo
agli occhi e alle mani
le ultime prove.
Di stare al mio fianco
ti chiedevo prima;
sì, accanto a me, sì,
sì, però lì fuori.
A me già bastava
sentir le tue mani
darmi le tue mani,
sentire che ai miei occhi
tu davi presenza.

 

Ma adesso ti chiedo
di più, ben di più
di un bacio o uno sguardo:
di starmi più addosso
di me stesso, dentro.
Come il vento sta
donando, invisibile,
la vita alla vela.
Come sta la luce,
ferma, fissa, immobile,
facendo da centro
che non mai vacilla
al tremulo corpo
della fiamma inquieta.
Come sta la stella,
presente e sicura,
senza voce o tatto,
sul petto disteso,
sereno, del lago.
Quello che ti chiedo
è di essere l'anima
dell'anima mia,
sangue del mio sangue
dentro le mie vene.
È che tu stia dentro
di me come il cuore
mio, che io mai
vedrò, toccherò,
ma il cui palpitare
non sarà mai stanco
di darmi la vita
finché morirò.
E come lo scheletro,
segreto profondo
di me, che soltanto
mi vedrà la terra,
intanto però,
è lui che nel mondo
sostiene il mio peso
di carne e di sogno,
di gioia e di pena
misteriosamente
senza che degli occhi
lo vedano mai.
Quel che ti chiedo
è che la corporea
passeggera assenza
per noi non sia fuga,
mancanza, oblio:
ma che per me sia
possesso totale
dell'anima lontana
eterna presenza.
Pedro Salinas
(Traduzione di Valerio Nardoni)


Unisco due delle mie ultime poesie  che trattano le diverse sfumature dell'amore.

Emozioni

Colsi nei tuoi occhi
gli umori del mondo
e mi specchiai in quelle scintille accese.
Scivolai su labbra increspate e molli
dolce indugiare che sapeva d'infinito.
Nell'intimo abbraccio
di mani impazienti
ci spogliavamo l'anima
per suggere l'intensità
di un piacere non solo carnale.
Le parole morivano sulle labbra.
Non c'era bisogno di spiegare
ciò che stavamo vivendo.

@lorettafusco


Eppure ti amo

Eppure ti amo,
ti amo nel tanto,
nel vago, nel nulla.
Ti amo al mattino

quando la nebbia sale
e non ti sfuma,
nell'abbaglio del sole
che ti staglia nitido,
nel fragore della pioggia.
Ti amo sempre,
mentre addento una mela,
spezzo il pane,
mentre bevo,
rido,
cammino,
piango.
Ti amo in tutti i modi
in cui si può amare.
Con incredulità,
stupore, gratitudine,
ti amo.
Ti amo quando mi baci
in mezzo alla folla,
sotto la doccia,
a teatro,
quando mi parli,
mi scrivi,
sei assorto.
Ti amo prima, dopo,
nel presente, nel futuro.
Ti amo sempre
anche ora che il vento ti ha disperso.

@lorettafusco



 

 

 

 

 
 
 

a proposito di... maturità

Post n°636 pubblicato il 19 Giugno 2019 da lorifu
 

Non nego che mi capita ancora di sognare l'esame di maturità e di svegliarmi terrorizzata al pensiero di non essere ammessa.
Erano anni in cui la scuola era vissuta come un luogo sacro, dove si formavano curricoli e coscienze e dove il corpo insegnante aveva un ruolo e lo esercitava con la massima severità. Di quegli anni ricordo soprattutto le levatacce mattutine per ripassare o consolidare un concetto ostico o indigeribile e non c'era spazio per l'improvvisazione o l'approssimazione. Quando ti eri giocato l'esiguo numero di giustificazioni concesse erano dolori e dovevi votarti a qualche santo in paradiso per riuscire a schivare l'interrogazione suicidio. Anche "marinare" non è che fosse la soluzione perché significava avere a che fare con i compagni imbufaliti dalla fregatura di rischiare di essere interrogati al tuo posto e attendere poi le forche caudine dei professori che ti aspettavano al varco con sadica soddisfazione dipinta sul viso.
Non era mia abitudine presentarmi impreparata ma succedeva di essere interrogata a tradimento e di rimediare qualche brutta figuraccia. Io poi ero negata per la matematica e meno riuscivo più la odiavo ma ero negata anche a copiare e una volta su due i miei compiti erano negativi. Eccellevo però in Italiano e le mie soddisfazioni le ritagliavo passeggiando tra poeti e correnti letterarie tanto che l'interrogazione mi sembrava sempre troppo breve per le infinite cose che avrei voluto dire. Ricordo la solarità dell'insegnante di Lettere che ascoltavo incantata. Riusciva a rendere leggera la lezione più noiosa perché aveva il dono di trasmettere. Ad ogni intervento gettava semi che noi dovevamo saper raccogliere. Le sue lezioni non finivano mai allo squillo del campanello. Aveva mille cose da dire, da chiedere, d'aggiungere e il suo viso tradiva la passione che metteva. Ricordo anche il niente che mi ha lasciato la professoressa di Diritto , viso affilato e occhi liquidi. Ci dava del lei per stabilire la giusta distanza, e la cattedra dove si ergeva come un'arpia rappresentava il mezzo dal quale orchestrava la sua indiscussa superiorità. Faceva scivolare il dito in su e in giù lungo l'elenco dei nostri nomi con studiata cattiveria, in un silenzio innaturale godendo dei nostri trasalimenti e vampate di rossore nel sentire pronunciare il nostro nome. Nessuno era mai tanto preparato da soddisfare i suoi parametri valutativi e durante l'interrogazione bastava un impappinamento, una pausa eccessiva o un riordino delle idee per essere spediti al posto con un quattro quando andava bene. 
Non nego che quella  sia stata anche una scuola di vita. Mi ha insegnato a scoprire la vocazione per l'insegnamento, a farmi le ossa nella vita e a capire soprattutto non quello che sarei stata ma quello che non sarei mai stata.

 

 
 
 

Ad un grande amico

Post n°635 pubblicato il 18 Giugno 2019 da lorifu
 

 

"La gratitudine è un fiore che non appassisce mai"

dissi guardandoti negli occhi ma vidi soltanto un lampo nei tuoi e sviasti immediatamente il discorso prendendomi sottobraccio e

guidandomi verso il solito bar,   al quale arrivavamo sempre dopo mille soste per l'incontenibile bisogno di parlare  e di interromperci a vicenda.

Un calice e un caffè.

La cameriera sapeva che eri un caffettaro   e non c'era pericolo si confondesse.

Se era bello, ci sedevamo fuori.

Allungavi le gambe sui ciottoli di pietra ed estraevi dalla tasca il pacchetto di Dunhill, sempre quelle, dai tempi dell'Università.

Ero frastornata  dal tuo profluvio di parole.  Temevi  il tempo ti inseguisse e ci incalzavamo a vicenda parlando di classici, Conrad, Melville ma anche Huysmans, Boris Vian...

Cosa non ho appreso!

Intrecciavi  letteratura e musica come dovessero fondersi in un tutt'uno armonico

attingendo a quell'enorme retroterra  culturale mai ostentato e vissuto con leggerezza. 

Parlavamo di jazz, o meglio tu mi parlavi di jazz,dei tuoi libri,  della copertina del mio, dei

tuoi progetti e dei miei lasciando sempre qualcosa in sospeso, in attesa della  prossima

volta.

Non ci sarà una prossima volta e quel sospeso pesa come un macigno.

 

 

 
 
 

INCUBI

Post n°634 pubblicato il 14 Giugno 2019 da lorifu
 

INCUBI

Dove troverò il coraggio per non cedere
a forze sconosciute
che vorrebbero trascinarmi
al di là del comprensibile
in orridi inesplorati.
Negli incubi notturni sghignazzano,
hanno facile presa sulla mia inermità
e docile natura.
Di giorno vagano nascoste
sirene impazzite
perfide attentatrici
in attesa di aggredirmi.
Irrompono gravi
tra la mente e il cuore
fratturando il respiro,
aggrovigliando i pensieri,
iniettando il veleno
che le divora,
entità interrotte
che mai hanno visto il sole.
@lorettafusco

 

Quando penso a un incubo, il quadro di Johann Heinrich Füssli è quello che riesce ad esprimere meglio l'inquietudine e l'angoscia che derivano dall'abbandono della nostra mente a forze sconosciute e misteriose.
L'incubo è il contrario del sogno e il risveglio è spesso accompagnato da un sospiro di sollievo davanti alla scoperta di non essere in balia di forze distruttrici.
Il quadro è conservato al Detroit Institute of Arts, a Detroit, e mi ha sempre affascinato per la potenza degli elementi simbolici capaci di creare forti turbamenti.
La simbologia é chiara. Füssli rappresenta la donna, in atteggiamento scomposto, abbandonata in posizione precaria sul letto, consegnandola ai due esseri che compaiono nel quadro; il cavallo affonda nella tradizione popolare del popolo germanico e attiene alla sfera sessuale e come il demone rispecchia perfettamente la definizione dell'incubo. Füssli ha creato più versioni del quadro, la seconda si trova a Francoforte e mantiene la stessa forza espressiva della prima.


1° L'incubo (The Nightmare) dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli (1781) -Detroit Institute of Arts (Detroit-USA) 2° Francoforte - Goethe Museum (1790)

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

BURANO 2020

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 

 


Tu credi di incontrare l’amore,

in realtà è l’amore che incontra te

nei modi più strani,

inaspettati, involontari, casuali.

A volte lo confondiamo col bene

e lo surroghiamo.

Spesso siamo convinti sia amore,

fingiamo sia amore,

e leghiamo noi stessi

a una indistruttibile catena

frutto dei nostri desideri mancati

dei nostri sogni sopiti

delle nostre abitudini

delle nostre paure

delle nostre comodità

delle nostre viltà

dei nostri calcoli

della nostra apatia

dei nostri falsi moralismi.

Ma quando arriva, se arriva,

lo riconosci,

come  “il sole all’improvviso”

sconvolgente, coinvolgente,

totalizzante, esclusivo,

fusione di corpo e anima

osmosi perfetta.

Se finisce,

un dolore muto, senza fine.

loretta

 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 

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