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Quando il pedaggio diventa un’imposta

Post n°3655 pubblicato il 07 Febbraio 2016 da ninograg1
 

02.02.16 Giorgio Ragazzi   da lavoce.info

I pedaggi dovrebbero servire a coprire i costi degli investimenti e della gestione delle autostrade. Se rimangono invariati anche quando l’arteria è pienamente ammortizzata, siamo di fronte a una imposta sul transito. Che dovrebbe essere votata dal parlamento e non semplicemente decisa dal governo.

 

L’imposta dietro il pedaggio

Quando i pedaggi cessano di essere tali e diventano imposte, il governo può ancora disporne in via amministrativa come meglio crede o la competenza dovrebbe passare al parlamento? Non è una domanda astrusa perché pone il problema, mai affrontato o chiarito, di cosa fare dopo che giunge a scadenza una concessione autostradale. E nel nostro sistema ve ne sono molte.
I pedaggi sono stati istituiti per coprire i costi dell’investimento e gestione delle autostrade (più un “congruo” profitto per il concessionario) e, sia pure con regole diverse, è sempre questo il criterio col quale vengono fissati e rivisti ogni anno. L’ammortamento dell’investimento è l’onere più elevato e viene in principio rateizzato in modo tale che l’autostrada risulti interamente ammortizzata a fine concessione, quando dev’essere devoluta gratuitamente allo Stato (per la parte eventualmente non ancora ammortizzata è previsto un indennizzo).
A quel punto, secondo le regole vigenti, i pedaggi dovrebbero essere eliminati o ridotti a quanto serve per coprire i soli (modesti) costi di gestione. Se il governo decide invece di mantenere i pedaggi allo stesso livello, sia che gestisca l’autostrada in proprio o la riassegni in gara, viene evidentemente invalidata la normativa del “price cap” e viene introdotta – nella sostanza, anche se non nel nome – un’imposta sul transito, che come tale dovrebbe essere deliberata dal parlamento e non lasciata all’arbitrio del governo. Occorrerebbe una legge che dichiari superata la normativa del “price cap” e stabilisca quanto meno i criteri a cui il governo deve attenersi nel fissare il livello dei pedaggi quando l’infrastruttura sia interamente ammortizzata.

Il caso dell’Autobrennero

Un buon esempio è quello dell’Autobrennero, concessione scaduta da oltre un anno per un’autostrada già ammortizzata e che non richiede nuovi investimenti di rilievo. Perché non viene “devoluta gratuitamente” allo Stato come previsto nel contratto di concessione? Sembra che ormai il ministro Delrio abbia deciso di assegnarla in concessione, per i prossimi trenta anni, a una società interamente posseduta da enti pubblici del Trentino Alto Adige. L’autostrada produce ricavi in eccesso dei costi operativi per oltre 150 milioni l’anno e non deve fare ammortamenti: si può dire dunque che la somma è il gettito dell’imposta sul transito imposta nella sostanza mantenendo invariati i pedaggi. È corretto che il governo possa imporla senza una legge che lo autorizzi?
Il rischio di abuso del potere di tassare da parte del governo, nella sostanza se non nella forma, ricorda quanto avvenuto per i sussidi alle energie rinnovabili che per effetto di vari decreti ministeriali hanno poi raggiunto l’enorme onere di circa 14 miliardi l’anno, gestiti “fuori bilancio” in quanto addebitati sulle bollette come “oneri generali di sistema”. Se per la copertura di quei sussidi si fosse introdotta una “imposta ecologica” assoggettata all’approvazione parlamentare, probabilmente l’onere complessivo sarebbe stato diverso e sarebbe stato ripartito in altro modo. In ogni caso, l’opinione pubblica avrebbe dovuto essere informata in anticipo sul costo effettivo di quei sussidi.
È proprio l’assenza di trasparenza nel settore autostradale che costituisce un potente incentivo a offrire “banchetti gratuiti”.
Nel caso dell’Autobrennero, il rinnovo del diritto di riscuotere pedaggi significa ottenere un “regalo” di 150 milioni l’anno (meno la parte che andrà allo Stato, che non conosciamo ancora). Ma l’utente che continua a pagare il pedaggio di prima non percepisce in alcun modo di venire “spennato” a sua insaputa né che qualcuno si stia arricchendo alle sue spalle. L’offerta del “banchetto” mediante proroga o rinnovo gratuito della concessione non comporta dunque alcun costo politico, non occorre aumentare né le tasse né i pedaggi, ed è pertanto difficile che un ministro trovi la forza di resistere alle fortissime pressioni dei concessionari, in questo come negli altri casi di proroghe senza gara che si stanno preparando. È per questo che sarebbe auspicabile imporre che le proroghe di concessioni debbano essere approvate tutte e singolarmente per legge.
Il caso dell’Autobrennero solleva poi anche un’altra questione: può il governo, senza una legge che lo autorizzi, decidere di assegnare gratuitamente (o quasi) un’infrastruttura dello Stato (o il potere di sfruttarla per trenta anni) a una società di enti pubblici di una specifica regione? Perché quella e non altre? Il fatto che attraversi quel territorio non pare motivo sufficiente né accettabile perché la sua generalizzazione minerebbe l’unità economica del paese.
Con 150 milioni l’anno lo Stato potrebbe finanziare un decimo di tutte le spese dell’Anas, perché rinunciarvi? Per di più a favore di una regione che gode di privilegi fiscali invidiati al di là dei suoi confini e che ha appena un milione di abitanti: il ricavo dell’autostrada corrisponde a circa 150 euro a testa all’anno.

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