Creato da DONNADISTRADA il 10/09/2008

Silena DalFinestrino

visioni e immagini del mondo.. Quasi sempre la fotografia parla più delle parole.Un buon viaggiatore è colui che non sa dove sta andando. Lin Yu-t'ang

 

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aspettando sertão

Post n°89 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da DONNADISTRADA
 


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Segnalo un libro da poco letto, un racconto che si legge tutto d'un fiato e in poco più di mezzora:
La doppia morte di Quincas l'acquaiolo...
Quincas ad un certo punto della sua vita abbandona il lavoro, la famiglia e la figlia e si trasferisce in una stanza lurida, circondato dall'affetto di una prostituta e di uomini del porto.
La sua morte mette subbuglio nella sua famiglia che vorrebbe fargli un funerale come si conviene. Ma lui si diverte a prenderli in giro, a perpetrare la sua vendetta nei confronti della società borghete da cui si era allontanato, deridendoli e alla fine decidendo lui la sua morte.

Racconto surreale dove la libertà delle scelte, le proprie scelte su quelle degli altri...

Joachim Soares da Cunha, timido sposo e padre affettuoso, mai visto in un bordello o in una bettola, decide un bel giorno di lasciare i moralismi pettegoli e gli interessi meschini della sua famiglia e di diventare un vagabondo. Si trasforma allora in Quincas l'Acquaiolo, il più grande bevitore di Salvador de Bahia, il filosofo straccione della vita del mercato, il principe delle balere, il patriarca del meretricio. Quincas diventa così il simbolo della libertà ritrovata - quella libertà spesso raccontata da Amado simbolo di quel desiderio anarchico e libertario di vivere fino in fondo e nel modo migliore la vita che si ha da vivere.

 
Rispondi al commento:
otello2007
otello2007 il 20/01/09 alle 10:47 via WEB
Scusami...sorellina bella! Ma non ho potuto fare a meno di scriverti "Il signore delle Tempeste"...lo hai già letto...ma mi sembra che risponda appieno al racconto da te citato. Te lo dedico col cuore. Un bacio Passeggiavo lungo la battigia, solo per il piacere di sentire i miei piedi solleticati dalla sabbia bagnata. Le spalle insanguinate dal tramonto…la pelle arsa dal sole che salutava bianchi gabbiani…in volo radente su teste imbiancate dalla salsedine. Il vociare dei bambini si spegneva lentamente…inchinandosi alla melodia della risacca. Solo un gruppo di giovani…nello splendore della loro età…si stagliava…giocoso…sull’orizzonte infuocato…nascondendo una bianca vela che rientrava sospinta da un delicato zefiro. Mi stesi e socchiusi gli occhi…per godere quei brevi istanti che preannunciano…con nostalgico interagire di suoni e penombre…la sera amica. Brevi istanti di pace…riaprii gli occhi…mosso dalla curiosità di un insolito silenzio e da un vento che non carezzava più…sferzava sempre più forte. La melodia della risacca…aveva ceduto il posto a suoni più densi e lo specchio del mare s’era infranto…incupendosi di un cielo rotto da nuvole oscure…sfrangiandosi di bianca spuma d’oriente. Ero solo ed il volo dei gabbiani si era fatto più vorticoso…sul piccolo promontorio roccioso che spezzava l’orizzonte ad est e penetrava nel preludio della burrasca. Il loro stridio ed il bianco turbinio d’ali aveva qualcosa di irreale…sembrava annunciare qualcosa o qualcuno…mentre definiva i contorni di un quadro a tinte fosche. Fu allora che vidi comparire…da dietro quel promontorio…un’immagine indistinta ma che si fece sempre più chiara…mentre raggiungeva il bagnasciuga seguita…scortata…da quei gabbiani. Un uomo lacero nelle vesti…forte nella membra…sporco di sabbia bagnata…dai capelli arruffati e dalla barba incolta. Ero solo…come in un sogno…all’interno di un quadro forse dipinto dalla mia mente. Rimasi disteso ad osservarlo…mentre sembrava dire qualcosa ai suoi bianchi amici. Roteò il braccio destro…abbassò il sinistro. I gabbiani planarono delicatamente sulla spiaggia spazzata dal vento sempre più impetuoso. Un fulmine imbiancò l’orizzonte e mi mostrò il suo volto stanco ma fiero. Una goccia cadde mescolandosi ai suoi ricordi…che scendevano copiosi lungo le guance scarne e sudicie…perdendosi dentro quella barba che sapeva di antico. Ed una…cadde tra i miei! Sollevò lo sguardo e le braccia al cielo…chiuse gli occhi ed emise un lungo…penoso lamento. Ed cielo gli rispose con un tuono… un crepitio ed un violento scroscio di pioggia mentre il mare si incuneava tra le sue gambe…bagnando quei piedi stanchi che avevano camminato tanto a lungo…in cerca di una verità ancora sconosciuta…alla ricerca di un passato sfuggito…fino a quella meta. Lo vidi muovere freneticamente le braccia…i suoi occhi chiusi seguivano note che non riuscivo a percepire…se non nelle sue ritmiche movenze da direttore d’orchestra. E ad ogni suo cenno…un fulmine…un tuono…garriti che fluivano armoniosi in quella melodia…che era sua…soltanto sua…e che nessuno avrebbe mai potuto negargli. Fradicio di pioggia…stanco…felice…finalmente felice nel suo teatro…al cospetto delle maree ed attorniato dai suoi orchestranti…con me…unico spettatore, onorato per esser stato l’unico invitato a quel sublime concerto…per essere stato l’unico ad aver sentito..ad aver visto…ad aver pianto per lui…con lui! Le sue braccia scesero dolcemente lungo i suoi fianchi…le sue gambe ripresero il cammino ed i suoi bianchi amici rimasero lì…insieme a me…ad osservare la sua uscita di scena…il suo ultimo sguardo verso quell’orizzonte e quel pubblico silenzioso che non tributò lui nessuna ovazione ch’io potessi udire. La sua immagine tornò a farsi indistinta…per poi sparire oltre il palcoscenico. Ancora oggi mi chiedo dove sia quell’uomo e se mai avrà trovato ciò che cerca…ciò che ha perduto. So soltanto che ogni estate ritorno in quella piccola baia e…quando il sole è prossimo all’orizzonte ed il vociare dei bambini si spegne lentamente…inchinandosi alla melodia della risacca…allora socchiudo gli occhi ed attendo che il vento si alzi…che i gabbiani garriscano e che da dietro quel promontorio faccia nuovamente il suo ingresso…per una replica che avrei voluto ma che so…non avverrà mai.
 
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