Creato da DONNADISTRADA il 10/09/2008

Silena DalFinestrino

visioni e immagini del mondo.. Quasi sempre la fotografia parla più delle parole.Un buon viaggiatore è colui che non sa dove sta andando. Lin Yu-t'ang

 

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Ritornare

Post n°421 pubblicato il 12 Maggio 2014 da DONNADISTRADA
 

Quella volta non ero riuscita ad arrivare in Cornovaglia in autostop. Penzance, nonostante il cartone con la direzione, mi aveva portato fino a Okeampton, ore e ore ad aspettare un passaggio camminando sotto il sole e poi il vento e poi la grandine. Bisognava rinunciare. Allora si ritorna indietro ancora tra sole poi grandine e poi vento fino a trovare un bed and breakfast dove la signora mi aveva offerto il tè con dei dolcini. Sono passati almeno trent'anni da quella volta. Ora sì che posso tornare in Cornovaglia finalmente. E' ancora la vecchia Inghilterra dove sembra che il tempo si sia fermato. Non ci sono le solite catene di fast food ma i vecchi fish and chips e i vecchi negozi con le porte di legno dipinte a mano. Il tempo è sempre uguale: sole che si alterna alla pioggia. Ottima strada per allontanarsi da tutto quello di cui non mi importa più. La strada è sempre dura per chi la percorre ma non ha compromessi e non mi tradisce. Non più di una settimana fa a Milano mi hanno rubato il cellulare. Adesso non c'è più. Restano le cose importanti e i miei pensieri di andarmene via per sempre da sola e senza nessuno. Ho bevuto il sidro stasera, che nonostante si leggero come gradazione alcolica dà alla testa. Lascio che i pensieri spazzino via tutto l'inutile che mi porto addosso. Quanta zavorra di cui liberarsi. Si può vivere senza molte cose tranne i pensieri.
Forse non ha molto senso quel che ho scritto. Ma non ho voglia di preoccuparmi neanche del senso. Ringrazio questo cielo sempre in movimento e ringrazio il sidro appena bevuto. Forse domani sarò più lucida e più razionale ma non ha importanza neanche questo. 

 
Rispondi al commento:
swala_simba
swala_simba il 13/05/14 alle 12:26 via WEB
per la tua festa celebrata nel vento vorrei donarti dei versi di Serghej Evtushenko

Vorrei nascere in tutti i paesi perchè la terra stessa, come anguria, compartisse per me il suo segreto e essere tutti i pesci in tutti gli oceani e tutti i cani nelle strade del mondo.
Non voglio inchinarmi davanti a nessun dio, la parte non voglio recitare di un hippy ortodosso ma vorrei tuffarmi in profondità nel Bajkal e sbuffando riemergere nel Mississipi.
Vorrei nel mio mondo adorato e maledetto, essere un misero cardo non un curato giacinto, essere una qualsiasi creatura di dio sia pure l'ultima jena rognosa ma in nessun caso un tiranno e di un tiranno, nemmeno il gatto; in nessun caso.
Vorrei essere uomo in qualsiasi personificazione: anche torturato in un carcere del Guatemala, o randagio nei tuguri di Hong-Kong, o scheletro vivente nel Bangladesh o misero jurodivyj a Lhasa, o negro a Capetown, ma non personificazione della feccia.
Vorrei giacere sotto il bisturi di tutti i chirurghi del mondo, essere gobbo, cieco, provare ogni malattia, ferita, deformità essere mutilato dalla guerra raccogliere luride cicche purché in me non si insinui il microbo ignobile della superiorità...
Non vorrei fare parte dell'élite ma di certo neppure del gregge dei vigliacchi né dei cani del gregge né dei pastori che al gregge si conformano,
vorrei essere felicità ma non a spese degli infelici
vorrei essere libertà, ma non a spese di chi è asservito.
Vorrei amare tutte le donne del mondo e vorrei essere donna anch'io magari una volta soltanto... madre-natura, l'uomo é stato da te defraudato. Perché non dargli la maternità?
Se in lui, sotto il cuore, un figlio si facesse sentire così senza un perché, certo l'uomo non sarebbe tanto crudele.
Vorrei essere essenziale - magari una tazza di riso nelle mani di una vietnamita segnata dal pianto, o una cipolla nella brodaglia di un carcere di Haiti, o un vino economico in una trattoria di terz'ordine napoletana e un tubetto, anche minuscolo, di formaggio in orbita lunare; che mi mangino pure e mi bevano purché nella mia morte ci sia una utilità.
Vorrei appartenere a tutte le epoche, far trasecolare la storia tanto da stordirla con la mia impudenza: della gabbia di Pugacev segherei le sbarre quale Gavroche introdottosi in Russia condurrei Nefertiti a Michajlovskol, sulla trojka di Psi^n
Vorrei cento volte prolungare la durata di un attimo per potere nello stesso istante bere alcool con i pescatori nella Lena baciare a Beirut, danzare in Guinea, al suono del tam-tam, scioperare alla "Renault", correre dietro a un pallone con i ragazzi di Copacabana
vorrei essere onnilingue, come le acque segrete del sottosuolo fare di colpo tutte le professioni e ottenere così che un Evtusenko sia semplicemente poeta, un altro, militante clandestino spagnolo, un terzo, uno studente di Berkeley e un quarto, un cesellatore di Tbilisi. Un quinto - un maestro elementare in Alaska, un sesto - un giovane presidente in qualche dove, anche in Sierra Leone, diciamo, un settimo - scuoterebbe soltanto il sonaglio di una carrozza e il decimo... il centesimo... il milionesimo...
Poco per me essere me stesso tutti, fatemi essere! E ciascun essere, in coppia, come si usa.
Ma dio, lesinando la carta carbone mi ha prodotto in un solo esemplare nel suo bogizdat.
Ma a dio confonderò le carte. Lo raggirerò!
Avrò mille facce fino all'ultimo giorno affinchè la terra rimbombi per causa mia e i computers impazziscano per il mio universale censimento.
Vorrei umanità lottare su tutte le tue barricate stringermi ai Pirenei, coprirmi di sabbia attraverso il Sahara e accettare la fede della grande fratellanza umana, e fare proprio il volto di tutta l'umanità.
E quando morirò sensazionale Villon siberiano non deponetemi in terra inglese o italiana - ma nella nostra terra russa, su quella verde, serena collina, dover per la prima volta io mi sono sentito tutti.

un abbraccio forte forte e... AUGURIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
 
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