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LA NAVIGAZIONE NEI SECOLI PASSATI
Post n°79 pubblicato il 13 Ottobre 2012 da cielostellepianeti
Stabilire la posizione in mare, senza punti di riferimento, fino al secolo XVII era un compito molto arduo. Il problema era la longitudine, strettamente connessa con quella dell’ora, difficile da determinare senza orologi precisi che ne consentissero la misurazione. Grandi navigatori avevano viaggiato senza saperla calcolare con esattezza, utilizzando mezzi empirici per conoscere la posizione della nave. Per determinare quanto percorso era stato fatto ogni giorno si misurava la velocità della nave facendo scorrere tra le dita una cordicella legata a una tavoletta triangolare gettata in mare, contando i nodi intervallati che passavano tra le mani durante 28 secondi segnati da una clessidra a sabbia. Da qui deriva il termine “nodo” usato ancora oggi per indicare la velocità di un miglio l’ora, dalle navi e aerei. Nei viaggi molti lunghi le correnti e i venti potevano comunque portare fuori rotta la nave, anche per centinaia di miglia, talvolta con conseguenze disastrose. Fu in seguito a un evento molto tragico per la Marina inglese che il Parlamento istituì un Comitato per le longitudini. Il fatale evento che fece maturare tale decisione avvenne il 22 ottobre 1707, a poche miglia dalle coste inglesi. Una flotta del Regno Unito, composta di 21 navi da guerra, di ritorno dopo un attacco fallito a Tolone, per l’errata interpretazione del comandante, dovuta al forte vento che sospingeva le navi a forte velocità, andò a sbattere contro le scogliere delle isole Scilly. Era convinto di dover entrare nel canale della Manica, mentre in realtà lo aveva già attraversato. Quando avvistarono sottovento le rocce delle scogliere, non poterono fare nulla. Quattro navi e più di 2000 uomini finirono in pochi minuti sommersi dall’acqua. Tornando al Comitato istituito per le longitudini, nel 1714, di cui facevano parte astronomi ed esperti di navigazione, si offriva un’ingente ricompensa a chiunque fosse stato in grado di trovare il metodo per calcolare la longitudine con un sistema il più preciso possibile. In molti tentarono di aggiudicarsi il premio, pari a 20.000 sterline, all’epoca un valore considerevole, tra i quali a prevalere fu un artigiano di nome John Harrison, che comprese che per determinare una posizione esatta in mare era necessario conoscere con precisione l’ora del porto di partenza. L’errore di un solo minuto, cioè di un quarto di grado, avrebbe portato la nave fuori rotta di circa 15 miglia. La costruzione del primo orologio marino di Harrison, denominato H1, ottenne l’approvazione del Comitato, che inviò orologio e costruttore a bordo del Veliero Centurion diretto a Lisbona. Al ritorno fu rilevato che l’orologio registrava un errore da cinque a dieci secondi, un ottimo risultato per l’epoca, ma non per Harrison, che convinse il Comitato a finanziare la costruzione di un nuovo orologio. Aveva avuto l’intuizione che risolveva ogni problema. Ispirandosi a un cronometro da tasca, di sua invenzione, si concentrò su un piccolo orologio, molto meno influenzabile dai movimenti della nave. Il risultato fu un orologio di soli 12 centimetri di diametro, del peso di in chilogrammo e 33 etti, che terminò nel 1759, rappresentante un eccezionale esempio di fisica applicata. Il collaudo richiese due viaggi alle Barbados nel 1761, alla fine dei quali, aprendo la scatola dell’orologio, Harrison rilevò lo straordinario risultato con uno scarto minimo di miglia rispetto alla longitudine oggi conosciuta. Il problema della longitudine in mare poteva così dirsi risolto, ma a causa di ostacoli, dovuti alle ripicche di astronomi, che giunsero a truccare addirittura le prove cui erano sottoposti i suoi orologi, ad Harrison l’Ammiragliato rifiutò di pagare per intero l’ammontare del premio. Per niente rassegnato a ricevere la metà del premio pattuito, il geniale inventore si rivolse direttamente al re Giorgio III, chiedendo che l’orologio fosse portato a Richmond, nell’osservatorio privato reale. Il sovrano riconobbe il torto fatto e sollecitò il Parlamento ad assegnare all’ormai ottantenne John Harrison, il resto del premio che gli era dovuto quale inventore del cronometro da marina.
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