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A Torino il quindicesimo Congresso Nazionale dell'associazione ex partigiani

Post n°4521 pubblicato il 28 Marzo 2011 da cile54

L'Anpi tiene dritta la barra su fascimo e revisionismo

Si sta svolgendo a Torino il quindicesimo Congresso Nazionale dell'Anpi in un clima di preoccupazione per i numerosi tentativi di ridimensionamento dell'antifascismo in Italia. Fascismo, una parola che pesantemente ricorre durante gli interventi dei numerosi delegati, trecentocinquantacinque in tutto di cui centosette donne.

In questo contesto piomba la notizia che ieri pomeriggio a Viterbo, durante la presentazione della mostra "Testa per dente, crimini fascisti in Jugoslavia" di Paolo Consolaro, organizzata dal Prc in collaborazione con Anpi e Arci, circa venti fascisti di casa Pound hanno fatto irruzione, gridando slogan e lanciando volantini contro i partigiani tra saluti romani e insulti di ogni tipo.

I partigiani dell'Anpi a Torino nei loro tre giorni di Congresso hanno affrontato i nodi posti dal documento politico programmatico. Un congresso particolarmente importante dopo la decisione del 2006 di accettare all'interno dei gruppi dirigenti antifascisti di ogni generazione, anche non combattenti. Un'associazione in forte sviluppo sia in termini di iscrizioni che come presenza sul territorio. Un luogo di attrazione a fronte della crisi dei partiti, anche se l'Anpi rifiuta un ruolo sostitutivo di essi. Un passaggio affrontato con forza anche dal comandante delle Garibaldi piemontesi, Massimo Rendina, che ha invece ricordato il ruolo fondamentale che i partiti politici e la sinistra hanno nella vita democratica del paese.

Convitata di pietra la guerra libica. Il caso ha voluto che il primo intervento fosse tenuto da Sergio Dalmasso, dirigente Prc e delegato Anpi di Cuneo, che ha incentrato le sue parole sul conflitto in corso. Questo il suo passaggio: «La guerra significa una ripresa del controllo sul mondo arabo, messo in discussione dalle rivolte popolari, da parte delle potenze mondiali. I movimenti del Maghreb sono nati contro i regimi autoritari corrotti e situazioni economico sociali insostenibili. Come per Saddam Hussein però è necessario uscire dalla trappola "o Gheddafi o bombe". L'Anpi ha nel suo Dna la lotta a qualsiasi forma di guerra». Un passaggio delicato che si è manifestato nella contraddizione tra la sensibilità istintiva della platea, che si è lasciata andare ad un applauso scrosciante, e il quadro politico istituzionale che rema in direzione diversa.

Il dibattito ha chiarito alcuni passaggi della bozza di documento congressuale. Le criticità erano centrate sulla valutazione politica delle nuove destre e l'idea che possa esistere una destra democratica nel nostro paese, l'accettazione della sfida al ribasso del federalismo e il non pieno coinvolgimento dei nuovi antifascismi, espressi da centri sociali e collettivi studenteschi attraverso la loro modalità di pratica del conflitto.

Giorgio Lindi, presidente Anpi Carrara commenta: «Io credo sia stato un congresso eccezionale che ha raggiunto vette altissime con gli interventi di Zagrebesky e di Umberto Carpi che ha chiarito cosa significhi antifascismo oggi: sul piano storiografico, la lotta al revisionismo che parte dalla liquidazione del patrimonio culturale della rivoluzione francese». Lidia Menapace: «Congresso bello, molto vitale che forse deve ancora imparare a gestire le proprie interne differenze in una forma di pacifica gestione nonviolenta dei conflitti, non nel senso di negazione di esso. Mi soffermo un secondo sulla questione libica, affinché ogni nuova crisi internazionale non ci impedisca di prendere una decisione giuridicamente probabile, è necessario che l'Anpi si impegni a ottenere l'attuazione dell'ordinamento Onu, là dove dà la più recente definizione di guerra esistente oggi in diritto internazionale: la guerra è un crimine. Una cultura di pace, una polizia internazionale, codici e tribunali ad hoc sono gli strumenti».

Maurizio Pagliassotti 

 

27/03/2011

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