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Mi sono venuti i brividi guardando i poliziotti che levavano cinture e lacci delle scarpe di migranti trasformati in detenuti
Post n°4541 pubblicato il 02 Aprile 2011 da cile54
Indignarsi è necessario. Ma non basta più
Lampedusa è diventata una metafora anche del nostro vissuto pubblico e privato. Sono giorni in cui si sovrappongono, nella nostra mente e nei nostri cuori, immagini che parlano più di tante analisi; l’indignazione, la ribellione non sono solo politiche; attengono all’etica e ad una concezione universale del contratto sociale, del patto costituzionale. Ribellione e, insieme, tanta tristezza per un razzismo di Stato vomitevole, feroce, che diseduca il Paese e lo rende, in parte, impaurito, rancoroso, xenofobo, in perenne attesa di “invasioni barbariche” da respingere, negando l’essere stesso delle persone migranti. Stiamo raschiando il fondo del barile della disumanità; ma non solo, anche della miopia di fronte ad una società cosmopolita e “meticcia” sul piano sociale che, comunque, si affermerà nei prossimi decenni. E’ ipocrita fingere di plaudire al Risorgimento arabo, alla rivoluzione democratica e sociale e fare, poi, la guerra “umanitaria” bombardando per il petrolio la Libia e, insieme, fare la guerra ai migranti, ai giovani, alle ragazze del nord Africa evocando ed attuando blocchi navali, respingimenti di massa, caccia al cosiddetto “clandestino”. Io penso, con la Gordimer, che la clandestinità non esista: è lo Stato imperialista che proclama la clandestinità delle persone per creare un mercato del lavoro duale in cui la clandestinità renda debole ed indifesa la forza lavoro migrante, i nuovi “meteci”, i nuovi schiavi. Siamo tanto più indignati perché era tutto annunciato: è da anni che combattiamo la Bossi-Fini (e, prima, la madre di tutte le impostazioni leghiste, la Turco-Napolitano); è dal primo istante che ci battiamo per la chiusura delle galere etniche, dei Cpt prima e, oggi, dei Cie. L’iniziale sonno della ragione del centrosinistra ha generato i mostri dei ministri para-nazisti di oggi, di ministri come Bossi che osano dire «fuori dalle palle», di ministri dell’Interno come Maroni che organizzano la guerra navale contro i migranti. L’avevamo già visto, purtroppo. Niente ci è stato in questi anni risparmiato. Forse il presidente Napolitano ricorderà che, in una “malapasqua” di alcuni anni fa, una nave della marina militare italiana speronò ed affondò un barcone carico di donne, bambini, uomini migranti che annegarono nell’Adriatico. Se non si parte da quella tragedia, che è il simbolo di una democrazia che si ammala, che perde se stessa nella ferocia statalistica, non si potrà comprendere cosa fare oggi. I lutti sociali non vanno rimossi; vanno sempre collettivamente elaborati. E invece osserviamo le immagini di oggi, che ci interpellano con urgenza. Mi sono venuti i brividi guardando i poliziotti che levavano cinture e lacci delle scarpe di migranti trasformati in detenuti, i quali venivano imbarcati con forza su navi che solcheranno i mari del Mediterraneo, come le navi degli ebrei (e, poi, dei curdi, dei palestinesi). Viene una grande tristezza guardando i fili spinati che Maroni ha ordinato attorno ai campi di Manduria e di Pisa (anche perché noi dovremmo avere la forza, che altre volte abbiamo avuto, di tagliare quei fili spinati, in nome della libertà). Come piccolo gesto istituzionale, forse i presidenti delle regioni di centrosinistra potrebbero pretendere dal ministro dell’Interno che perlomeno il filo spinato, contro donne e uomini, sul proprio territorio, sia eliminato. Federalismo o la vetta del centralismo in nome della emergenza e dello stato di eccezione, come all’Aquila? Ma la vergogna, la tristezza, la ribellione arrivano allo schifo di fronte al comportamento di Berlusconi. In molti editoriali di Liberazione abbiamo scritto, nei mesi scorsi, che le uscite disperate, grottesche, pericolosissime di Berlusconi somigliano alle scene finali del film di Moretti, Il caimano, dove il populismo tirannico arma le mani di un popolo che, smarrita ogni coscienza democratica, si rivolge contro i poteri costituzionali, contro la Costituzione stessa. Ma ora la realtà sta superando le previsioni di Liberazione: quando, di fronte a persone, a bambini, che, in quelle stesse ore, sono disperse in mare, piomba a Lampedusa il “caimano” (con la sua camicia scura) e impasta la prosa violenta contro i migranti da cacciare con le volgarità ignoranti sul casinò, sul golf, sulla zona franca, sul colore delle case «stile Portofino»; quando la politica si trasforma in dominio del denaro di un miliardario che tenta di comprare e mercificare anche le popolazioni spaurite di un pezzo di sud abbandonato, siamo al sovversivismo dei ceti dominanti. Brecht avrebbe potuto immaginare un presidente del consiglio borghese che, di fronte alla tragedia umana ed alle “fabbriche della paura” che la voluta inefficienza di Maroni ha messo in piedi, esclamasse «ho comprato su internet una villa a Lampedusa per due milioni»? E Albanese avrebbe potuto immaginare che il suo Cetto Laqualunque fosse poca cosa rispetto al cavalier Berlusconi? E Kennedy avrebbe potuto sospettare che il suo «io sono berlinese» si sarebbe trasformato nel berlusconiano «io sono lampedusano»? Vale la pena, a partire dalla mobilitazione di sabato prossimo, di incazzarsi, di indignarsi sempre più, di non arrendersi, di organizzare una controffensiva morale che ricominci a parlare di un altro modello di vita, di un’altra visione del mondo, di un’altra concezione di società. Qui è di noi che si parla. Non è tempo di piangersi addosso. E’ tempo di rivendicare e affermare nelle pratiche sociali che cosa significhi, di fronte alle grandi contraddizioni epocali, essere di sinistra, essere socialisti, essere comunisti oggi.
Giovanni Russo Spena 1/04/2011 |
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