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I farmaci generici oggi alle tasche dei cittadini costano di più (tra differenze e ticket) rispetto alle medicine brevettate

Post n°4638 pubblicato il 28 Aprile 2011 da cile54
Foto di cile54

Vietato curarsi in Abruzzo per chi ha redditi bassi  

 

«Il ticket è di 25 euro. Se lei è esente ne paga 23». «Venticinque? Ma se era gratis…No, non la posso prendere».

 

A malincuore la donna lascia la scatoletta della medicina sul bancone della farmacia. Ma prima di allontanarsi definitivamente, tenta un’altra soluzione: «Non c’è un altro farmaco che costa meno, una medicina generica?», «Vediamo», replica un po’ imbarazzato il farmacista: conosce questa pensionata e sa che ha una malattia curata con quella medicina. La ricerca sul computer non da esito positivo: «No. Un farmaco generico non c’è, possiamo però sostituire questa medicina con un’altra che ha la stessa composizione e costa qualcosa in meno. Il ticket viene 19,85 euro». «Grazie,rinuncio«.

 

Sono scampoli di una conversazione tra un farmacista ed un cittadino malato. E sono parole che traducono in vita vissuta i proclami sul risanamento della sanità che quasi quotidianamente ci vogliono convincere che va tutto bene, anzi meglio.

 

In realtà nessuno dice che i provvedimenti calati così dall’alto sono tutti a spese dell’ignaro cittadino, costretto a pagare il suo diritto alla salute senza l’aiuto dello Stato sociale, smantellato a colpi di circolari o di provvedimenti commissariali dalla dubbia legittimità politica. E’ già capitato con la chiusura dei piccoli ospedali, che è stata bacchettata dalla giustizia amministrativa: il rimprovero all’ufficio commissariale non è stato la chiusura in sé di questi ospedali, ma la mancanza di istruttoria.

 

Cioè: “vuoi chiudere, devi chiudere? Puoi farlo, ma prima devi offrire servizi alternativi.” Che non ci sono.

 

E’ capitato per i farmaci generici, che prima sono stati imposti perché costano di meno e fanno risparmiare le casse della Regione, e che oggi alle tasche dei cittadini costano di più (tra differenze e ticket) rispetto alle medicine brevettate. Il tutto senza un dibattito e senza una decisione politica, ma affidando ad un funzionario del servizio farmaceutico la decisione di non applicare la norma di salvaguardia che negli anni scorsi era stata approvata dal Consiglio regionale. In pratica questa norma diceva che nel caso in cui non ci fosse stata la possibilità di sostituire un farmaco costoso con uno generico più economico, il farmacista consegnava la medicina richiesta senza ticket. Non era colpa infatti del cittadino se il Sistema sanitario nazionale non era in grado di assicurare il farmaco che costava di meno.

 

Adesso no, questa clausola – a differenza di altre regioni – la Regione Abruzzo non la riconosce più e non si sa nemmeno se quel funzionario che lo ha deciso ne avesse il titolo e la responsabilità.

 

RICETTE PIÙ DIFFICILI PER ALCUNI FARMACI IMPORTANTI

 

Sono particolari importanti che sfuggono all’opinione pubblica (quella con sana e robusta costituzione) e che sono però la spia di una Regione a basso indice di partecipazione politica. Il criterio che adesso viene utilizzato è quello di risparmiare sulla spesa sanitaria, ed in questo caso quella farmaceutica, tagliando l’assistenza a chi ne ha più bisogno. Tradotto significa che si cura solo chi può pagare, gli altri… Chi sono gli altri? Esistono gli altri, i malati veri?

 

Sembra di no. Perché dal primo maggio, cioè tra due o tre giorni, c’è un’altra novità: alcuni farmaci (ad esempio per i malati di Parkinson o di Alzheimer, gli Schizofrenici o tutti quelli che finora andavano avanti con il piano terapeutico, proposto dallo specialista e valido per sei mesi) oggi vanno assunti sotto il controllo diretto dello specialista. Prima infatti il medico di famiglia prescriveva le medicine di quel piano, adesso per alcune medicine ogni volta il paziente deve tornare dallo specialista. La burocrazia efficientistica ignora i costi ed i disagi: vi immaginate un malato di Francavilla al mare, di Barisciano, di Notaresco o di Cugnoli costretto ad andare dallo specialista ogni volta che ha bisogno di un farmaco? Questi studi medici di solito non sono in paese e spesso sono in ospedale, dove le file e le liste di attesa aumenteranno.

 

Senza dire che spesso il malato di Alzheimer, o di altre malattie importanti, ha un coniuge anziano o figli impegnati con il lavoro. Quale sarà il risultato? Che le cure verranno sospese e finalmente la Regione risparmierà.

 

Un capolavoro ragionieristico che parte da un presupposto indimostrato: che la spesa farmaceutica è fuori controllo e bisogna intervenire. Mancano infatti i dati ufficiali sulla spesa dei farmaci o se ci sono non vengono pubblicizzati. Ammesso che questo sforamento della spesa farmaceutica sia vero, ancora una volta siamo di fronte all’improvvisazione dell’ufficio commissariale che decide da solo senza confronto con i medici e con i malati. Quello stesso ufficio che prima chiude gli ospedali e poi si ricorda che non ci sono servizi sul territorio. Oppure quello che modifica il sistema del ticket incurante del fatto che per i pensionati pagare 25 euro per una medicina significa o rinunciare alla medicina o rinunciare a mangiare.

 

Sebastiano Calella

27/04/2011

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