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Intervista ad Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale

Post n°4808 pubblicato il 11 Giugno 2011 da cile54

«Ospedali giudiziari, risorse stanziate ma dieci regioni non le vogliono»

 

Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono strutture di cura o di pena? Come può e deve essere rispettato il diritto alla salute e alla dignità delle persone? A queste domande ieri ha tentato di dare risposta il convegno “Se questo è un ospedale”, organizzato a Roma dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, presieduta dal senatore del Pd Ignazio Marino. Lo scorso marzo il chirurgo genovese ha condotto una straordinaria inchiesta sulle condizioni di queste strutture più simili a dei campi di concentramento che a dei luoghi dove le persone dovrebbero essere curate.

 

Senatore Marino, dopo quelle denunce che cosa è successo?

Ci sono delle cose positive ed altre negative. Partiamo da questo ultimo aspetto. Dei fondi che erano stati inseriti nella finanziaria del 2008 di fatto non sono stati utilizzati fino ad oggi. E parliamo di risorse stanziate dal ministero della Salute per consentire che persone che non sono socialmente pericolose, e che di fatto vengono - contro la legge - internate in luoghi come gli ospedali psichiatrici giudiziari, potessero essere seguite da psichiatri e psicologi nei territori di provenienza. Tutto questo non è avvenuto e quei pazienti sono rimasti chiusi in quei luoghi. Devo però dire che quando, utilizzando i poteri della Commissione d’inchiesta grazie ai quali abbiamo effettuato dei sopralluoghi a sorpresa, siamo riusciti a produrre un documentario che abbiamo fatto visionare ai ministri della Salute e della Giustizia, dove erano evidenti le condizioni di straordinario disagio dei pazienti, immediatamente c’è stata una risposta e il ministro Fazio ha disposto l’erogazione dei fondi necessari.

 

Una disponibilità economica della quale non tutti però hanno approfittato, vero dottor Marino?

E infatti a quella reazione positiva dobbiamo far seguire inevitabilmente un commento negativo. Da un lato il ministro ha erogato con un atto pubblicato in Gazzetta ufficiale 5 milioni di euro. Dieci regioni - Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto - hanno fatto richiesta di questo finanziamento, e questo è un dato positivo. Dall’altro però altre dieci - Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Molise, Provincia autonoma di Bolzano, Sicilia e Valle d’Aosta - sono rimaste ferme. Tra queste c’è appunto la Sicilia e il suo governatore Lombardo, che quando abbiamo chiamato in audizione ci ha detto, ed è riportato nei verbali della Commissione, che non aveva le possibilità di assistere i pazienti al di fuori degli ospedali giudiziari di Barcellona Pozzo di Gotto perché non aveva le risorse economiche. Ora il governo le ha messe a disposizione e la Sicilia però è una di quelle regioni che non ne ha fatto richiesta.

 

Solo un’indifferenza allarmante può portare un’istituzione ad ignorare un finanziamento finalizzato a migliorare le condizioni di vita dei propri pazienti psichiatrici. Che cosa ne pensa?

Che si tratta di un vero e proprio paradosso. Delle risorse economiche sono disponibili e dieci regioni non hanno neanche firmato una lettera con cui richiedono di accedere a quei finanziamenti! Devo inoltre aggiungere che noi abbiamo certamente reso note delle situazioni che però non potevano non essere a conoscenza di chi aveva ed ha delle responsabilità di governo di quei territori.

 

Ora quale sarà il prossimo passo per sanare questo problema drammatico?

Chiederemo con la forza e i poteri speciali della Commissione d’inchiesta che queste dieci regioni inizino quel percorso virtuoso che le altre hanno iniziato. Non è accettabile che ci siano differenze tra internati e internati, che già vivono in condizioni difficilissime, perché c’è una mancata azione da parte di alcune amministrazioni regionali che anche di fronte alla disponibilità economica non agiscono. Poi abbiamo intenzione, e con questo convegno di oggi (ieri per chi legge ndr) lo stiamo ribadendo, di costruire una specie di rete tra tutti gli attori: magistratura di sorveglianza, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ministero della salute, regioni, assessorati alla salute, in modo tale che quelle persone che non sono socialmente pericolose siano seguite sul territorio in strutture accreditate in comunità. Quelle che invece rappresentano un pericolo sociale e che per questo motivo devono essere internate, lo siano in luoghi che rispettino la dignità della persona e che offrano loro

un’assistenza adeguata e la riabilitazione.

 

Vittorio Bonanni

10/06/2011

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