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La Chiesa vuole decidere anche se permettere al governo italiano di imporgli delle tasse. Italia, Stato confessionale?

Post n°5664 pubblicato il 11 Dicembre 2011 da cile54

Le tasse di Sua Eminenza

 

Sua Eminenza è davvero gentile e disponibile. Si sa, la grazia divina produce questi effetti. Come considerare la dichiarazione del cardinale Angelo Bagnasco sull’ICI? Un attestato di stima verso il governo Monti oppure una concessione che la Santa Sede fa alla Repubblica Italiana? Da qualunque lato si veda la cosa, che un altissimo prelato della Chiesa Cattolica dica di non mettere “pregiudiziali” su un eventuale modifica delle norme in finanziaria sul pagamento dell’ICI (che diventerà a breve IMU) è la cifra esplicita del condizionamento che il Vaticano esercita sulla politica nazionale anche, e soprattutto, quando si parla di denaro.

 Il potere clericale viene esplicitamente allo scoperto, gettando la maschera della sola funzione spirituale, e torna ad essere Stato contro Stato, o meglio Stato che pretende di essere considerato con un metro differente da altri soggetti interessati egualmente dalle leggi e dalle normative che di volta in volta vengono approvato e che valgono su tutto il territorio della nostra Repubblica.

 C’è qualcuno, quindi, che va oltre il Concordato, che va oltre tutto, che va oltre il rispetto della decenza e di un’etica della medesima: la pietas e la misericordia cristiana sono il paravento dietro al quale gli affari del Vaticano vengono esercitati e amministrati proprio dentro al tempio senza che ci sia un Gesù Cristo ad entrarvi e a scaravantare in aria i tavoli dei mercanti con le rispettive bolle pontificie e le benedizioni simoniache che vengono elargite ora a questo ora a quel fedelissimo alleato di fede e di governo.

 La delicatezza con cui Angelo Bagnasco pronuncia le sue parole su ICI, su manovra economica e sullo stato miserevole del Paese descrivono i contorni di un dettame che la Chiesa non vuole perdere e che intende esercitare al di là dell’imposta stessa. Vale di più questo potere di contrattazione che il quantitativo di denaro che eventualmente dovrebbe sborsare con l’imposizione dell’ICI sulle migliaia di strutture che possiede in tutta Italia.

 Quello dell’ICI è, naturalmente, un discorso che vale per tutte le confessioni religiose. Si dice: bisogna avere un particolare riguardo perché sovente svolgono opere di solidarietà sociale, di cultura e di apertura alla soddisfazione dei bisogni dei più deboli. Nessuno più di me è convinto che lo Stato dovrebbe rafforzarsi ed impedire che vi siano dei “buchi” di esercizio in questi settori, visto che la nostra Costituzione recita che la Repubblica tutela il lavoro, la dignità della persona in tutte le sue forme, tutela la salute e l’istruzione, tutela le scienze, tutela senza alcun se e senza alcun ma tutto ciò che dovrebbe determinare il pieno sviluppo dell’individuo in una armonia sociale.

 Si sa che così non è: si sa che mancano molti asili, per esempio, e che laddove appunto dove non arriva lo Stato repubblicano sopperiscono sovente le strutture private cattoliche. L’annoso problema del finanziamento pubblico alle scuole cattoliche è appunto tema che rientra in questo ambito: se è giusto aiutare quelle strutture che suppliscono ai doveri mancanti e mancati dello Stato, è altrettanto ingiusto che la Chiesa abbia in questi anni giovato di sovvenzioni e aiuti con denaro pubblico aggirando le più elementari norme costituzionali.

 Questo è potuto accadere perché un vero laicismo in Italia è ancora tutto da costruire e il sincretismo tra cultura cattolica di massa e fideismo ha fatto il resto: la fede degli italiani è per larga parte superstizione (cos’è se non questo il fenomeno delle “Madonne” lacrimanti sangue e la vicenda di Padre Pio venerato con cupole dorate in quel di Puglia), come è anche in grande parte del pianeta per molte altre fedi e culti.

 Questa osservazione personale, questo giudizio non deve sviarci dalla netta stigmatizzazione del comportamento della Chiesa Cattolica nei confronti del governo italiano. Condizionabile quanto si vuole, Mario Monti avrebbe dovuto subito rispondere a stretto giro di posta a Sua Eminenza che lo Stato sà decidere da solo le misure da prendere e a chi farle pagare. Se non altro per ribadire una dignità statale che viene calpestata con il pugno di ferro dentro il guanto di velluto.

 La Chiesa ci giudica nei corpi, nelle anime, stabilisce un’etica sulla base del suo magistero e poi decide pure se permettere al governo italiano di imporgli delle tasse. Se fossimo, appunto, un paese laicamente forte come la Francia (che dalla sua ha il retaggio benefico della Rivoluzione del 1789), anche i partiti più conservatori dovrebbero esigere rispetto per le istituzioni della Repubblica da parte del Vaticano.

 Ma viviamo un eterno rapporto schizofrenico tra laicismo e cesaropapismo al contrario. Lo Stato della Chiesa non mai veramente morto: vive in queste azioni e in queste parole di Bagnasco e nella mancata diffusione dell’educazione civica di un popolo che segue il cristianesimo come seconda patria, come un’etichetta indelebile, dettata dalla storia e, per questo, con grande forza del tradizionalismo suprema lex di un diritto divino incontestabile.

 Chissà quando il potere contrattuale esibito dal cardinale Bagnasco lo avranno anche le lavoratrici e i lavoratori, gli studenti, i precari, i pensionati? Non serve pregare per averlo. Bisogna unirsi e lottare. “E’ la cosa semplice che è difficile fare”.

 

Marco Sferini

10 dicembre, 2011

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